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Emanuela Orlandi tra miti e suggestioni

La scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta a Roma nel 1983, è stato un classico esempio di come un caso di cronaca nera venga trasformato in un affare di Stato con un’impronta di stampo internazionale. Un po’ troppo per una ragazza dalle semplici origini, finita al centro di un intrigo a metà tra una spy story e un romanzo noir. 

La colpa di Emanuela Orlandi fu una sola: essere cittadina vaticana. Se fosse stata cittadina americana nessuno ne avrebbe parlato. Sarebbe stata considerata una delle tante adolescenti sparite nel nulla senza che riempissero le prime pagine dei giornali e i talk show televisivi solo perché non abitavano in Vaticano. Se nel caso di Elisa Claps, la ragazza di 17 anni scomparsa a Potenza nel 1993 e ritrovata morta nella soffita di una chiesa nel 2010, stiamo ancora parlando di presunte colpe del parroco, nonostante che il colpevole, Danilo Restivo, sia stato arrestato, processato e condannato dopo essere andata a Londra a fare a pezzi un'altra donna, figuriamoci cosa poteva succedere per una cittadina della Città del Vaticano, figlia di un commesso pontificio, nata e cresciuta tra eccellenze e porporati.

Fin dalla sua fondazione, il Vaticano è sempre stato sinonimo di complotti e di misteri. Lo scrittore Dan Brown ha riscosso un enorme successo pubblicando due romanzi ambientati proprio tra le mura leonine: Il Codice Da Vinci e Angeli e Demoni. Prendete il Vaticano, aggiungete una sua cittadina che sparisce nel nulla ed ecco servito il mix perfetto per dare spazio all'ennesimo romanzone dalla infinite puntate. Emanuela Orlandi non è stata certo l'unica adolescente a sparire in Italia, ma la sua residenza in quel piccolo Stato ha contribuito ad alimentare una narrazione mendace della vicenda, con ipotesi da fiction che hanno avuto l’effetto di confondere le acque e depistare le indagini.

Il dramma che questa ragazza di quasi sedici anni, diventata suo malgrado simbolo di tutte le giovani inghiottite nel nulla, ha tenuto banco per anni, dando la stura a una serie di ipotesi traballanti che hanno chiamato in causa terroristi stranieri, servizi segreti, malavitosi romani, prelati pedofili. Un giallo la cui soluzione poteva essere a portata di mano se non fosse stato intossicato da personaggi affamati di protagonismo e da giornalisti in cerca di notorietà che hanno messo in piedi un circo mediatico buono solo per il profitto editoriale e il ricavo televisivo.

Il fatto che la ragazza abitasse aldilà delle mura leonine ha alimentato racconti ricchi di suggestioni, prendendo il sopravvento nelle indagini giudiziarie e nel racconto mediatico, attirando una legione di mistificatori che si sono accreditati come detentori di una verità che non possedevano. Una schiera di impostori che hanno strumentalizzato il dramma di una ragazza per questione di denaro, di ospitare televisive, di visibilità mediatica, di sconti sui processi giudiziari. Con accuse che tirano in ballo quasi sempre la Santa Sede, tanto che è convinzione diffusa la tesi secondo cui il Vaticano debba per forza di cose avere qualche responsabilità nella scomparsa di Emanuela.

Questa “certezza” popolare, alimentata ad arte da forze anticlericali, sta ostacolando la ricerca della verità, portando a sottovalutare filoni investigativi più comuni, come quello di un delitto sessuale maturato in ambienti familiari e amicali della ragazza. La speranza, adesso, è che le nuove indagini aperte dalla Procura di Roma possano risolvere il mistero. Ma perché questo succeda, la base di partenza non può essere il campionario di piste fantasiose che vengono puntualmente rilanciate dai media come clamorose verità per poi riverlarsi dei clamorosi "bidoni". 

Commenti all'articolo

  • Di Osservatore Cattolico (---.---.---.178) 22 luglio 20:30

    Sono d’accordo su quanto pubblicato in questo articolo. Eppure Pietro Orlandi e e compagnia bella continuano a dire che Emanuela è stata rapita per ricattare il Vaticano o qualcuno del Vaticano, senza che nessuno gli ponga una delle domande più banali: perché rapire proprio Emanuela? Se volevano ricattare il Vaticano potevano anche rapire Natalina, Federica, Cristina o lo stesso Pietro Orlandi che ha lavorato allo Ior. Le verità che Emanuela non è stata rapita per ricattare proprio nessuno, ma quasi certamente quella sera ha seguito qualcuno che conosceva e di cui di fidava. Qualcuno senza abito talare. 

    • Di Mario Barbato (---.---.---.114) 22 luglio 21:10
      Mario Barbato

      Emanuela Orlandi non fu rapita da nessuno, ma morì la sera stessa della sua scomparsa dopo un incontro con "un adulto molto vicino alla ragazza", come disse il pm Domenico Sica. Il caso Orlandi è stato l’unico caso al mondo in cui i presunti rapitori non fornirono mai una prova che la ragazza fosse viva e si trovasse nelle loro mani, per il semplice motivo che nessuno di loro aveva sequestrato la ragazza. La pm Margherita Gerunda rimase per tutta la vita convinta che Emanuela morì dopo uno stupro o un tentativo di stupro dopo essere attirata in una trappola da qualcuno che conosceva, tanto da seguirlo fiduciosa. Non fu creduta perché faceva comodo far pensare a un rapimento per motivi politici. Ma la cosa più scandalosa è che nel 1985 due pubblici ufficiali tracciarono il profilo di un uomo visto a colloquio con Emanuela all’uscita della scuola di musica. Incredibilmente quell’identikit è rimasto nascosto nei cassetti a prendere polvere per tutti questi anni, senza che nessuno di preoccupasse di confrontare quel profilo con gli adulti che ruotavano intorno all’ambiente di Emanuela. Però quello che ha detto lei è illuminante: se si fosse trattato di un rapimento a scopo di ricatto, perché sequestrare proprio Emanuela e non un altro componente della sua famiglia? Ma i media questa domanda mica se la pongono?

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