• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > Democrazia, giustizia e informazione

Democrazia, giustizia e informazione

Piccolo (e modesto) discorso sulle forme di governo e sulle caratteristiche della democrazia.

Poiché è molto probabile che tra qualche giorno, durante la prova orale degli Esami di Stato, mi verrà chiesto quale sia secondo me la migliore forma di governo, dopo che io avrò esposto le varie teorie nei secoli, scrivo qui quello che penso. Consideriamo le tre classiche forme di governo: la monarchia, l’aristocrazia, la democrazia. La prima è il governo di uno solo, la seconda il governo dei migliori, la terza il governo del popolo. Partiamo da un presupposto: la politica è l’arte di governare la società realizzando il bene comune. I governanti, dunque, hanno essenzialmente un compito: realizzare il bene comune. Se gli uomini tendessero naturalmente al bene comune, non ci sarebbe neanche bisogno della politica e non ci sarebbe discussione sulla migliore forma di governo, poiché qualsiasi andrebbe benissimo. Il problema è che gli uomini non tendono al bene comune, bensì sempre al bene proprio. Gli uomini agiscono sempre per un interesse personale, privato. Qualsiasi azione dell’uomo, per quanto ci possa apparire altruista, in realtà è frutto dell’egoismo insito nell’uomo. Questa affermazioni sono facilmente riscontrabili nella realtà e non le dimostreremo qui. Per ora ci interessa capire cosa comporta l’egoismo umano nella scelta della forma di governo.

Fare politica, cioè realizzare il bene comune, è contrario alla natura umana, poiché nessuno agisce spontaneamente e assolutamente (cioè senza alcun legame con l’interesse privato) per il bene comune. Con ciò non si vuole dire che nessuno agisca mai per il bene comune, che sarebbe evidentemente falso e assurdo. Solo, da ciò che si è detto risulta chiaro che chi agisce per il bene comune lo può fare solo se il bene comune coincide con il bene proprio, cioè con l’interesse privato. Questo è il motivo principale per cui l’aristocrazia e la monarchia non sono buone forme di governo.

La monarchia ha il vantaggio, messo in luce nei secoli soprattutto dai filosofi cristiani, di non trovare alcuna opposizione alla volontà del monarca, che può così realizzare senza ostacoli il bene comune. Dio è il monarca per eccellenza. La sua monarchia permette di realizzare la giustizia divina senza che si debba discutere sulle sue decisioni.

L’aristocrazia è potenzialmente anche migliore della monarchia perché implica il governo dei migliori, che sarebbe proprio l’ideale.

Ma entrambe presuppongono qualcosa che è contrario alla natura umana, cioè che il monarca e gli aristocratici, comportandosi come Dio e non come uomini, realizzino il bene comune, mentre, in quanto uomini, essi tendono necessariamente al bene proprio. Il monarca avrà pure la possibilità di realizzare senza ostacoli il bene comune; ma chi ci assicura che lo faccia? Anzi, considerato che tutti agiamo spinti da un interesse personale, perché mai il monarca dovrebbe smettere di essere uomo e dunque dovrebbe essere realizzare il bene comune? Nell’aristocrazia i migliori saranno pure al governo, ma chi sceglie chi sono i migliori? E come si può pensare che questi migliori si allontanino tanto dalla natura umana da non prendere in considerazione il proprio interesse personale? E ancora, ammesso pure che i migliori o il monarca realizzino per un certo periodo il bene comune, cosa assicura che essi lo realizzeranno sempre? Cosa ci assicura che essi, inimicandosi qualcuno, non siano tentati dall’utilizzare il proprio potere per i propri interessi e per colpire i propri nemici? L’uomo è talmente volubile e imperfetto, che affidare alla sua volubilità e imperfezione il bene comune è pressapoco un suicidio. In realtà la monarchia e l’aristocrazia sono costituzioni innaturali, cioè contrarie alla natura umana, poiché presuppongono che l’uomo agisca per il bene comune, cosa che egli non fa mai spontaneamente e assolutamente.

“Assolutamente”, come abbiamo detto, vuol dire (ab-solutus= slegato) senza alcun legame con l’interesse privato. Allora la migliore forma di governo è quella che fa coincidere l’interesse privato dei governanti con il bene comune del popolo. Questa forma di governo è la democrazia. Il valore della democrazia non consiste nel fatto che il popolo nella sua totalità è in grado di individuare il bene comune meglio delle singole persone. Anzi, ciò si verifica raramente e, in linea di principio, sarebbe meglio che governassero i migliori, o al limite il migliore, piuttosto che la massa. Tuttavia, la democrazia permette di liberarsi dalla ingenua e infantile idea, che non è altro che una vana speranza, che i governanti realizzino spontaneamente e assolutamente il bene comune. Piuttosto che sperare, essa preferisce imporre, costringere e usare, per così dire, violenza. La democrazia infatti costringe i governanti ad agire per il bene comune. In che modo? Attraverso quello che possiamo chiamare “il ricatto del voto”, cioè: io ti voto se tu fai certe cose; se non le fai, non ti voto più. In questo modo l’interesse del politico è quello di realizzare il bene comune, o almeno il bene di chi egli rappresenta, non per una sua “santità” o superiorità personale, non in maniera spontanea né in maniera assoluta, ma solo ed esclusivamente perché egli vuole il voto. L’interesse privato viene “incanalato” nel bene comune, l’interesse privato diventa bene comune.

Quindi la democrazia è la migliore forma di governo perché guarda in faccia la natura umana e si conforma pienamente ad essa, comprendendo il suo egoismo intrinseco.

Il discorso fin qui fatto vale per una democrazia ideale. Ciò non vuol dire che si tratti di una utopia, poiché essa non si allontana di molto dalle più importanti democrazie occidentali. Tuttavia essa presuppone che all’interno dello Stato funzionino il sistema della giustizia e il sistema dell’informazione, il che non si verifica sempre e ciò spiega come mai certe democrazie siano “malate”. E’ necessario che funzioni il sistema giudiziario perché se i politici non rispettano la giustizia e rimangono impuniti si crea una situazione in cui il voto cessa di essere un ricatto e diventa un favore, che è la cosa più pericolosa per una democrazia, la quale in questo modo diventa clientelare e mafiosa. In altre parole, i politici, non rispettando la legge, possono utilizzare il proprio potere per favorire qualcuno; quando ciò avviene, i cittadini piuttosto che contare nella legge, decidono di appoggiarsi al politico per ottenere quei favori che la legge non consentirebbe; il politico concede favori a patto di ricevere qualcosa in cambio e cioè il voto. Ecco il sistema clientelare. In questa situazione non vale più il ricatto del voto, ovvero: io ti voto, se tu fai certe cose (legali). Il coltello dalla parte del manico passa al politico, che dice: io ti faccio un certo favore, se tu mi voti. Chi non vota, non riceve favori, e chi non riceve favori, se la giustizia non funziona (prima causa dello sfascio della democrazia, non può contare nella legge ed è destinato al fallimento. Ciò vale in molti ambiti e in particolare in quello imprenditoriale.

La situazione degenera allo stesso modo, anche se per cause diverse, se non funziona il sistema dell’informazione, che rappresenta il cosiddetto “quarto potere”. In democrazia è necessario “conoscere per deliberare”, come diceva Luigi Einaudi. Ciò vuol dire che per esprimere il voto (deliberare, dal punto di vista dell’elettore) è necessario conoscere i politici e, soprattutto, conoscere ciò che hanno fatto i politici. Perché ciò avvenga è essenziale che i giornalisti siano nelle condizioni di poter raccontare quello che vogliano, cioè siano liberi e indipendenti, dediti esclusivamente a raccontare la verità.. E’ dunque fondamentale per una democrazia che i mezzi di informazione, di qualsiasi tipo, non siano controllati dai politici. Nel momento in cui ciò avvenisse, l’informazione sarebbe controllata e il cittadino non potrebbe conoscere più per deliberare, poiché la sua conoscenza sarebbe sostanzialmente falsa. In un caso limite potrebbe accadere che il politico agisca sempre per i propri interessi e i cittadini, a causa dell’informazione controllata, credano che egli abbia sempre agito per il bene comune. Per fortuna si tratta di un caso limite che non ha niente a che vedere con la nostra realtà.

Dunque, se non funziona la giustizia e non funziona l’informazione la democrazia è malata ed è chiaro che in tali condizioni essa cessa di essere un’ottima forma di governo. Anzi, si potrebbe pensare che le altre forme di governo siano migliori. Perciò una democrazia “malata” è anche una democrazia fragile che corre sempre il rischio di trasformarsi in un’altra forma di governo e in particolare in senso autoritario.

Accetto ben volentieri commenti ed eventuali critiche.

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares