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Dell’alternanza scuola lavoro

Un commento all'articolo del Corirere della Sera sulle recenti manifestazioni degli studenti contro l'alternanza scuola lavoro. 

Caro Dario di Vico le scrivo non per distrarmi un po’ bensì per esprimere la mia opinione a proposito delle recenti manifestazioni studentesche volte a contestare la norma recentemente introdotta sull’alternanza scuola lavoro e sull’articolo da lei pubblicato lo scorso 14 ottobre sul “Corriere”.

Devo ammettere che ho seguito la vicenda principalmente dai media ma devo anche confessarle che ne ho ricavato l’impressione che gli studenti non avessero a cuore tanto la qualità dell’alternanza quanto piuttosto il concetto stesso di lavoro. Lo dico perché lo slogan che ha caratterizzato la protesta “siamo studenti non lavoratori” ha un certo retrogusto discriminatorio, marca cioè la differenza fra chi studia e chi lavora. La stessa impressione che ha riportato anche Marco Bentivogli in un tweet, definendo i manifestanti come “piccoli snob” ed intimando loro di chiedere scusa agli operai.

Per me, a cui hanno insegnato che siamo tutti lavoratori, che anzi abbiamo il dovere di lavorare per noi e per la collettività, fatti del genere suonano del tutto inaccettabili e chi bolla una qualunque esperienza di lavoro come umiliante pecca, a mio parere, di una certa miopia. Dico questo perché, per esperienza personale, molto spesso per le aziende l’alternanza rappresenta piuttosto una perdita di tempo. Chi ne trae un vero vantaggio è lo studente e benchè sia del tutto legittimo chiedere che l’attività sia quanto più coerente con gli studi intrapresi, dobbiamo anche ammettere che il valore aggiunto per lo studente non è certo nell’apprendimento tecnico quanto piuttosto nell’esperienza sociale, il prendere cioè contatto con la realtà che non è quella degli ipad o di Facebook ma anche e soprattutto quella della relazione umana, magari anche con coetanei che, meno fortunati, i bagni li devono pulire non per loro scelta. Vedere tutto ciò come uno sfruttamento è una distorsione.

E non oso pensare quali sarebbero le reazioni se si procedesse come in alcuni paesi del nord dove gli studenti puliscono giornalmente le loro aule ed i bagni. Lei crede forse che i nostri giovani potrebbero accettare la cosa di buon grado? E le assicuro, avremo pure la levata di scudi di un esercito di genitori ottusi pronti a gridare alla speculazione nel vedere i loro poveri pargoli sporcarsi le loro delicate manine. Meglio rimbambirsi sul divano con l’ultima versione della playstation. Non è forse questa la via per produrre il perfetto “bamboccione” come è stato definito da qualcuno? Ora è pur vero che il nostro è un paese fondato sul lavoro solo nella costituzione perché di fatto abbiamo il record mondiale di pensionati e la più bassa percentuale di lavoratori attivi ma, alla luce di quanto accaduto, non è ora più chiaro anche a lei che procedendo in questo modo i nostri giovani rimarranno ad libitum i più “asini” e “nerd” della intera comunità europea?

Claudio Donini

 

 

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