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La tragedia del Mottarone. Un caso di ordinaria illegalità

Non è solo un fatto di profitto, la disgrazia nasconde invece una metastasi ben più profonda e difficile da estirpare

Il disastro della teleferica del Mottarone non è stato un incidente ma un evento causato dall’uomo. Anzi, scientemente causato poiché il freno di sicurezza, appositamente costruito per evitare quell’incidente, è stato manomesso proprio da coloro che avrebbero invece dovuto assicurarne il funzionamento. Quattordici persone sono morte, famiglie decimate. Il pensiero comune veicolato da tutti i media, come pure confessato dagli stessi responsabili di quanto accaduto, è quello che l’impianto “doveva funzionare a tutti i costi” perché i turisti non possono aspettare e neppure il profitto, specialmente dopo il periodo duro della pandemia. In altre parole il vile denaro e il bieco capitalismo hanno avuto la meglio perfino sulla vita.

Ma questa è una tesi a cui io non credo e lo dico per esperienza personale poiché chiunque abbia bazzicato le aziende e quelle posizioni, conosce bene anche quelle situazioni come pare, del resto, le conoscessero in molti nella stessa azienda che gestisce la teleferica tanto che la manomissione del freno pare non fosse nuova e che venisse praticata con una certa frequenza per evitare continue fermate che avrebbero disturbato, o forse precluso, l’utilizzo degli impianti. Ma quale interesse avrebbero avuto i tecnici a manomettere le sicurezze quando in caso di incidente è evidente che la responsabilità sarebbe ricaduta su di loro? E poiché quei tecnici conoscevano perfettamente le conseguenze di quella condotta, secondo voi sono sufficienti le pressioni verbali, ammesso che ce ne siano state, per convincere una persona di normale intelligenza a correre un rischio di tale portata con in aggiunta il peso di decine di morti sulla coscienza?

Una persona di normale intelligenza non può accettare nulla del genere per nessuna ragione al mondo. E invece è accaduto e accade ogni giorno in molte altre situazioni. Quando vengono esclude le sicurezze di una macchina in lavorazione, come è accaduto qualche settimana fa al Luana, la ragazza di 22 anni “risucchiata” da una rotativa, quando non si allacciano le cinture di sicurezza o non si porta la mascherina, quando non si controllano gli estintori o non si portano i dispositivi di protezione individuale, quando si ritardano le manutenzioni, quando si sversano veleni nell’ambiente. Potrei continuare ad libitum ma in tutto questo l’unica certezza è che il profitto c’entra poco, è solo un paravento. La causa è ben peggiore.

E’ la superficialità, l’incuria, la mancanza di cultura, è quella assenza di rispetto delle regole che pare sia congenita nel nostro paese, è la scarsa serietà professionale, la voglia di trovare scorciatoie, espedienti, artifici invece di impegnarsi con serietà nelle soluzioni, è l’assuefazione al peggio insomma. E’ questo il denominatore comune che spinge ad agire più persone come fossero una associazione a delinquere. Perché di questo di tratta. Scollegare un freno o la sicurezza di una macchina è come interrare una mina antiuomo in Piazza della Scala aspettando che qualcuno prima o poi la calpesti. E questo è omicidio volontario. Ma la cosa incredibile è che nessuno del gruppo neppure pensi che si possa invece tenere la schiena dritta e che anzi, tenere la schiena dritta non solo è un sacrosanto dovere ma è pure conveniente per tutti. Per questo esistono le regole che invece, la connivenza nei confronti di una illegalità, che in definitiva non sembra poi così illegale, ha raggirato. Una normale illegalità insomma. E c’è pure qualcuno che vuole farci credere che il problema è la mancanza di controlli da parte delle autorità. Come a dire che il ladro non è il responsabile del furto, ma piuttosto i carabinieri che non hanno controllato e questo, perdonatemi, ma è segno inequivocabile che il marcio è ormai parte così radicata nella cultura del paese che non ne sentiamo neppure più la puzza e che il concetto di “sorvegliare e punire” sembra il solo efficace. Come per i cani insomma.

Possiamo esserne certi, senza un forte e profondo cambio culturale non può esserci alcun Recovery fund che potrà cambiare le sorti del nostro paese e, conseguentemente, dei cittadini tutti. E il nostro futuro passa solo da li.

Claudio Donini

Foto di Elsemargriet da Pixabay 

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