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Darfur/Bashir: un pericoloso processo per il presidente del Sudan


L’ICC, il Tribunale Penale Internazionale, ha emesso un mandato d’arresto per il presidente sudanese al Bashir (el Bechir) per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. L’attesa decisione non consiste in una condanna, ma nel perentorio invito a presentarsi agli arresti ad un giudizio per quei capi d’accusa.

Bashir però non è stato accusato di genocidio, la corte dice che non ci sono proprio gli estremi, l’accusa che qualora dimostrata impegnerebbe la comunità internazionale all’intervento contro il leader sudanese. Le accuse sono riferite al periodo 2003/2008, durante il quale l’esercito sudanese represse duramente la ribellione del Darfur, scatenando milizie criminali indiscriminatamente e provocando il massacro e la fuga in massa della popolazione civile. La storia politica e bellica del Sudan non è però riassumibile nel conflitto del Darfur, che impallidisce di fronte alle tensioni tra Nord e Sud del paese e sul futuro prossio del gigante africano. Il Sudan è il più vasto paese africano e quasi tutti i paesi confinanti e molte potenze, a vario titolo colonizzanti, ingeriscono da sempre nella sua politica ben oltre il lecito, in vista di un suo frazionamento che potrebbe avvenire già con referendum per la separazione del Sud, ormai all’orizzonte.

Purtroppo molti organi d’informazione parlano a vanvera di condanna del presidente sudanese, dimostrando di non averci capito molto e di non aver imparato nulla nemmeno dalla recente assoluzione (dopo cinque anni di carcerazione preventiva) dell’ex presidente della ex-Jugoslavia Milutinovic di fronte alla corte gemella dedicata al conflitto balcanico. La decisione dell’ICC vale per i paesi che hanno riconosciuto la giurisdizione della corte, che non ha avuto molto successo, mancando ancora l’adesione di pesi massimi come Usa, Russia, Cina, Israele e altri per un totale attorno all’ottantina. Le forze internazionali presenti nel paese sotto le insegne dell’ONU invece non ne avranno alcun obbligo, dovranno anzi attenersi all’oggetto delle loro missioni.In proposito il governo sudanese ha già assicurato che per gli operatori internazionali non ci saranno conseguenze o rappresaglie a seguito della decisione dell’ICC.


All’audience italiana di tutto questa confusione attorno al Sudan tocca per lo più la propaganda sulla scia dei neoconservatori americani (più hard di quella dello stesso governo Bush) e la modesta teoria di politici e starlette che vanno a cogliere ipocrite apparizioni con i poveri bimbi neri. Una rappresentazione ridotta e abbastanza falsa di un lungo periodo storico invece molto ricco di eventi e di responsabilità.

Ci sarebbe molto da discutere sull’opportunità politica della decisione del Procuratore Ocampo e delle sue motivazioni (...e molto si è discusso), ma è piuttosto utile rilevare che anche se la decisione della corte sarà disattesa da quasi tutti i governi (anche tra i firmatari) e riceverà scarsissimo supporto, è tuttavia in grado di pesare sugli equilibri regionali e sull’evoluzione dei numerosi tavoli che vedono il Sudan coinvolto in una pletora di dispute e di conflitti che sembravano avviati ad una semplificazione più o meno pacifica. Hanno accolto male la decisione all’ONU, alla Lega Araba e anche all’Unione Africana, da sempre impegnata in nella difficile mediazione delle guerre sudanesi.

Il procedimento contro il leader sudanese potrebbe comunque essere bloccato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che però sulle questioni sudanesi fatica storicamente a superare la contrapposizione dei veti reciproci tra i membri permanenti.

La risposta sudanese è stata ovviamente sprezzante, lo stesso Bashir, che in questa battaglia sembra godere di un genuino consenso popolare, ha dichiarato che il mandato d’arresto se lo possono mangiare.

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