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Dalle Olimpiadi alla critica del capitalismo

Un'altra edizione dei Giochi Olimpici ha preso il via a Londra con la cerimonia inaugurale. In molti si chiedono quale sarà il Paese a raccogliere il maggior numero di medaglie e, a quanto pare la sfida sarà a due: USA e Cina. Recentemente, in un articolo apparso su The Atlantic veniva citato uno studio di Goldman Sachs che riportava come siano le nazioni ad avere a disposizione maggiore ricchezza quelle che si portano a casa il maggior numero di medaglie.

Ma ripartiamo dal principio, perché se ci mettiamo ad analizzare con quest'impostazione economicista i Giochi rischiamo di perderci in analisi di dati senza infine riuscire a dare altro che pronostici. I Giochi Olimpici sono la versione moderna di quelle che si svolgevano nell'antica Grecia. In principio i Giochi erano un tributo a Zeus e prevedevano solamente la gara dello stadion che sarebbe per lungo tempo rimasta la più importante. La partecipazione ai Giochi era consentita solamente ai cittadini greci, ovvero alle persone di sesso maschile non schiave. Con l'aumentare dell'influenza romana i Giochi si aprirono anche ad altri popoli e conobbero la propria fine nel 393 a.C. quando furono vietati in seguito all'adozione del Cristianesimo come unica religione ufficiale dell'Impero romano.

Nel 1894 il nobile Pierre de Coubertin "rispolverò" questa antica celebrazione rendendola moderna. La partecipazione venne allargata a tutte le nazioni del mondo e la prima edizione si svolse ad Atene nel 1896 alla quale parteciparono 250 atleti. In occasione della seconda edizione fu ammessa per la prima volta la partecipazione delle donne. L'intento di Coubertin era quello di avvicinare le nazioni e permettere ai giovani di confrontarsi in un contesto internazionale che non fosse quello della guerra.

I principali simboli dei Giochi sono:
 
- la bandiera coi cinque cerchi, che rappresenta l'unione dei cinque continenti e l'incontro degli atleti e che fu adottata nel 1914;
 
-la fiamma olimpica, ripresa dai Giochi antichi e dal 1928 diventata uno dei simboli delle celebrazioni iniziali;
 
- il motto Olimpico "Citius, Altius, Fortius", ovvero "più veloce, più alto, più forte", anch'esso ripreso dai Giochi antichi già nel 1894 ma utilizzato ufficialmente solo a partire dai Giochi di Parigi del 1924.

Sarà proprio il motto olimpico a fornirci la chiave d'accesso ad un certo modo di pensare che si è impadronito delle nostre civiltà e che rappresenta, a quanto pare già dai tempi antichi una costante nella nostra scala di valori. Il motto olimpico "Citius, Altius, Fortius" rappresenta un frame prezioso attraverso il quale leggere la nostra storia come civiltà (occidentale) ed è utilissimo per comprendere la deriva verso la quale siamo ormai, senza molte alternative, diretti. Questi tre concetti infatti rappresentano le modalità attraverso le quali ci viene "consentito" di vivere ai nostri tempi. 

La velocità, primo fattore del paradigma, è un elemento di indiscusso valore nelle società di oggi. Il dato è riscontrabile praticamente in ogni sfera dell'esistere umano e non v'è infatti più alcuna attività che preveda un dilatamento dei tempi oppure una ragionevole diminuzione della velocità di esecuzione/produzione. Questo vale per la produzione di merci, intellettuali e non, per il consumo e per tutto quello che riguarda il nostro stile di vita, relazioni affettive comprese. Superflua ma rappresentativa è l'immagine dell'economia finanziaria guidata da computer (bot) che lavorano 24 su 24 per generare utili, mentre evidente e preoccupante è quella dell'aumento dello stress nella vita quotidiana di una larghissima parte della popolazione mondiale.

L'altezza come secondo valore imperante nel mondo contemporaneo, esattamente come il primo, può essere riscontrato in tutti i campi dell'agire umano: si tratti di costruire grattacieli imponenti, ferrovie mastodontiche oppure dighe che per essere edificate necessitano lo spostamento di milioni di persone. Senza parlare del denaro o del Prodotto Interno Lordo, valori che di per se sono autoreferenziali e non dicono nulla della qualità effettiva di quello che hanno la presunzione di descrivere. Il denaro è un semplice equivalente generale non la misura di tutte le cose ed il Pil il semplice indicatore dell'ammontare del consumo (nel significato latino di distruggere, esaurire) e non certo del benessere o della qualità della vita.
 
La forza, ultimo e fondamentale pezzo del paradigma, è il valore a cui cerchiamo di conformarci in tutte le sue varie declinazioni quando andiamo in palestra per "potenziarci" o compriamo un'autovettura con una potenza sproporzionata alle nostre necessità. Addirittura, e questo forse è il lato più brutale, quando abbiamo la presunzione di essere migliori degli altri: dei poveri, degli immigrati, dei "terroni", dei disabili e di tutte quelle categorie di cui pensiamo di poter fare anche a meno.

L'intenzione non era quella di criticare i Giochi in toto, le varie discipline oppure gli atleti e coloro che veramente credono nello sport. Perché lo sport ha unito e continuerà a farlo a prescindere da sesso, provenienza, status sociale, religione e orientamento sessuale. La critica è rivolta a quello che ormai questi Giochi sono diventati: l'ennesima occasione commerciale per le grandi multinazionali di arricchirsi attraverso contratti che permettono loro di diventare fornitori unici e decidere prezzi e modalità di consumo e interazione sociale. Con l'impegno di usare carne a kmzero da parte di McDonalds si è addirittura avuto il coraggio di usare la parola sostenibilità per questo megaevento che di sostenibile ha ben poco.

In conclusione possiamo dire che assistiamo ad un industrializzazione del vissuto dove le nostre vite vengono "costruite" assumendo come paradigma di riferimento quello della produzione capitalista avanzata. Ciò avviene sia nella sfera lavorativa che in quella sociale ed affettiva. Molto triste è il fatto che dagli anni sessanta in molti ci avevano messo in guardia da questa deriva che le nostre società stavano prendendo, fosse nell'ambito della salute, della scuola o del lavoro. Il lavoro di studiosi come Ivan Illich o Alexander Langer ci è sicuramente di aiuto nel capire la strada folle che la nostra civiltà continua a percorrere.

La mia riflessione è dovuta a questa analisi di Langer:
 

 “Voi sapete il motto che il barone De Coubertin ha riattivato per le moderne Olimpiadi, prendendolo dall'antichità: il motto del citius, più veloce, altius, più alto, fortius, più forte, più possente. “Citius altius e fortius” era un motto giocoso di per sé, era un motto appunto per le Olimpiadi che erano certo competitive, ma erano in qualche modo un gioco. Oggi queste tre parole potrebbero essere assunte bene come quinta essenza della nostra civiltà e della competizione della nostra civiltà: sforzatevi di essere più veloci, di arrivare più in alto e di essere più forti. Questo è un po' il messaggio cardine che oggi ci viene dato. Io vi propongo il contrario: vi propongo il lentius, profundius e suavius, cioè di capovolgere ognuno di questi termini, più lenti invece che più veloci, più in profondità, invece che più in alto e più dolcemente o più soavemente invece che più forti."
 

I testi di Ivan Illich sono consultabili qui.
Alcuni dei testi di Langer qui.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.236) 30 luglio 2012 19:59

    Deriva >

    E’ successo quello che era prevedibile la sera della cerimonia di apertura.
    Il mega-tecnologico braciere da 204 petali, alzato a mo’ di corolla in mezzo allo stadio, è stato spento e spostato sotto la tribuna sud. L’operazione è stata eseguita notte tempo.
    All’alba è stato poi riacceso senza che nessuno gridasse allo scandalo.
    E’ la prima volta che, per esigenze di spettacolarità, si spenge il braciere.
    Anche i valori più duraturi "si piegano" quando si perde il senso di Parola e Merito ... 

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