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Democrazia, oligarchie ed élite

Il prof. Massimo L. Salvadori dell’Università di Torino ha di recente pubblicato per la casa editrice Laterza il volume “Democrazia senza democrazia”.

Salvadori scrive: “La democrazia è venuta ad assumere il carattere di un sistema che ha riconsegnato per aspetti cruciali il potere a nuove oligarchie, le quali detengono le leve di decisioni che, mentre influiscono in maniera determinante sulla vita collettiva, sono sottratte a qualsiasi efficace controllo da parte delle istituzioni democratiche”. E subito dopo: “Si tratta sia di quelle oligarchie che, titolari di grandi poteri, privi di legittimazione democratica, dominano l’economia globalizzata, hanno nelle loro mani molta parte delle reti d’informazione e le pongono al servizio degli interessi propri e dei loro amici politici; sia delle oligarchie di partito che in nome del popolo operano incessantemente per mobilitare e manovrare quest’ultimo secondo i loro intenti; sia dei governi che tendono programmaticamente a indebolire il peso dei parlamenti (...) e soggiacciono all’influenza del potere finanziario e industriale, diventandone in molti casi i diretti portavoce e gli strumenti”.

Depurata dell’intento polemico, riferito alla situazione politica presente, la tesi del prof. Salvadori è in complesso condivisibile.

Molti filosofi e studiosi teorici della politica hanno parlato di élite ed oligarchie nel corso dei secoli: da Platone ad Aristotile, da Machiavelli a Guicciardini, da Montesquieu a Rousseau, da Saint-Simon fino ai teorici contemporanei.

La si chiami classe politica, classe dirigente, oligarchia, élite, formula politica, come verso la fine dell’Ottocento, la nozione del gruppo di gestione del potere politico sostanzialmente non cambia.

Nelle antiche città-stato della Grecia e nei Comuni italiani, dopo il Mille, la classe dirigente era apparentemente molto larga perché, per la breve durata delle cariche pubbliche, buona parte della popolazione poteva avvicendarsi in posizione egemonica. Nei fatti però, specialmente a Roma, le cariche più importanti erano quasi sempre ricoperte da i membri di un certo numero di famiglie eminenti,che favorivano la formazione di un’oligarchia più stretta.

Così anche nei Comuni medievali le cariche più importanti erano ordinariamente riservate alle corporazioni delle arti maggiori, o, come avveniva a Venezia, ad un certo numero di famiglie altolocate, come pure quando al Comune si sostituì la Signoria.

E quando le città-stato ed i comuni si ingrandirono e dovettero trasformarsi in stati burocratici, come dimostrò Roma dopo la conquista del Mediterraneo, sia che diventassero organizzazioni politiche di stampo liberale, sia che si trasformassero in regimi autocratici, la gestione del potere politico fu necessariamente affidata a classi dirigenti.

V’è naturalmente differenza tra le oligarchie, formatesi in società libere e oligarchie dei regimi autoritari.

Soprattutto l’influenza intellettuale e culturale in certe società contribuì alla creazione ed al mantenimento di quel tipo di organizzazione politica, che potrebbe chiamarsi liberaldemocratico, in contrapposizione all’altro che in senso lato siamo soliti chiamare autocratico.

La caratteristica principale del sistema liberaldemocratico consiste nel fatto che la trasmissione del potere viene fatta dal basso in alto, cioè che i funzionari vengono creati dal suffragio di coloro che dovranno a loro sottostare, mentre viceversa nel sistema autocratico il gerarca supremo nomina i suoi immediati collaboratori, i quali a loro volta nominano i funzionari subalterni.

Quindi, in sintesi, erano organizzati secondo il sistema autocratico gli antichi imperi orientali, gli stati musulmani, l’impero romano, quello di Bisanzio ed anche alcune monarchie assolute europee. Avevano invece un’organizzazione di stampo liberale, oltre alle città-stato dell’antichità ed ai Comuni medioevali, i governi repubblicani e le monarchie parlamentari, sebbene alcuni di questi sistemi possono essere considerati del tipo misto, perché le burocrazie che detengono buona parte del potere effettivo, sono quasi sempre reclutate secondo il sistema autocratico.

Ma altrettanto importante è capire come si forma una classe dirigente, ossia secondo quali criteri essa ammette nel proprio seno un certo numero d’individui e ne tiene lontani molti altri.

Il criterio prevalente e quasi indispensabile è l’attitudine a dirigere, ossia il possesso di quelle qualità personali che, in una data epoca e in un dato popolo, sono le più adatte alla direzione della società. A ciò si aggiunga la volontà di dominio e la consapevolezza di possedere le qualità accennate, le quali subiscono continui cambiamenti, perché continuamente cambiano le condizioni intellettuali, morali, economiche e militari di ogni popolo, ciò che fa sì che anche i suoi ordinamenti politici ed amministrativi debbano parallelamente modificarsi.

Queste modificazioni alle volte sono lente, altre rapide e tumultuose; per cui altrettanto lento o rapido è l’avvicendarsi dei nuovi elementi che formeranno la nuova classe dirigente.

Si indica anche spesso la proprietà della terra, dei capitali e di tutti gli strumenti di produzione come causa precipua dell’ereditarietà dell’influenza politica. Ma anche se la proprietà di questi strumenti venisse attribuita allo Stato, coloro che amministrano lo Stato, i quali sono sempre una minoranza, cumulando il potere economico e quello politico disporrebbero di larghissimi mezzi per agevolare la carriera dei propri figli ed anche delle persone da loro protette.

Qualunque sia poi la causa dei cambiamenti o dei cataclismi politici che hanno rinnovato la composizione e gli ordinamenti della classe dirigente, quasi sempre frammenti più o meno numerosi di quella antica sono entrati nella nuova.

Dallo studio obbiettivo della storia si può ricavare forse la lezione che i regimi migliori sono quelli misti. Quelli cioè nei quali non prevale in modo assoluto né il sistema autocratico né il liberale.

Ma perché un simile regime possa durare, occorre un complesso di circostanze che la sapienza di nessun legislatore può improvvisamente creare. Poiché è necessaria quella molteplicità e quell’equilibrio delle forze dirigenti che solo una civiltà avanzata può produrre: cioè che il potere religioso sia separato da quello politico, che la direzione economica non sia completamente nelle mani dei reggitori dello Stato, e che la cultura e la preparazione tecnica siano uno dei requisiti che aprono l’adito alla classe dirigente.

E tutto ciò non basta: perché è pure necessario che un’educazione lenta ed una lunga esperienza siano riuscite a trovare i modi pratici per frenare gl’istinti violenti e malvagi che spesso si accompagnano allo spirito di dominio; istinti che tante volte sono riapparsi durante le grandi crisi politiche dopo che un periodo d’ordine e di pace sociale aveva fatto credere agli osservatori superficiali che essi fossero estinti.

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