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Crisi del debito: sarà la Cina a salvare l’euro?

Il 9 settembre del 1976 moriva Mao. La Cina era economicamente a terra e politicamente dilaniata dal conflitto tra l’ala moderata e riformista e quella radicale e ultrasinistra del partito comunista. A 35 anni di distanza, è la vecchia Europa ad essere malata e, per questo, costretta a volgere lo sguardo ad Oriente, verso l’Impero di Mezzo che ha fatto da apripista al capitalismo imprenditoriale asiatico.

Al tempo della mitologia greca, Europa fu sequestrata con inganno da Zeus. Oggi, l’hanno rapita con raggiro i debiti sovrani. Da più parti, soprattutto al di fuori del vecchio continente, s’invoca, per liberarla, l’aiuto di Asia titanica che ha visto salire la sua quota nell’economia mondiale dall’8% del 1980 al 24% attuale. Già, perché a sfuggire dalla morsa di quei debiti, e così salvare l’euro, poco può la sua parte più forte, la Germania, che poi tanto robusta non è, essendo appesantita dall’invecchiamento della popolazione e gravata da un debito pari all’83% del PIL, più alto che in Francia e Regno Unito.

Asia è oggi madre di due Titani, la Cina e l’India, cresciuti rispettivamente del 69% e del 47% tra il 2005 e il 2010, contro il 5% dell’economia americana e il 4% dell’eurozona. È soprattutto dalla volontà e dall’impegno del titano cinese che dipende un maggior coinvolgimento del G20 (il forum dei 20 paesi che rappresentano il 90% del PIL mondiale) e del FMI nell’operazione di salvataggio dell’euro. Gli europei esitano a chiedere un aiuto esterno, ma di giorno in giorno mostrano crescenti debolezze per riuscire da soli a districarsi dai nodi del debito. Il Fondo europeo di stabilità finanziaria, sottodimensionato, procede ad un passo troppo lento rispetto al deteriorarsi della crisi. Dal canto suo, la BCE – lo dice Mario Draghi – non pare intenzionata all’acquisto senza limiti dei titoli di stato, anche sulla scia delle recenti decisioni della corte costituzionale tedesca. Poiché la crisi può facilmente tracimare dagli argini europei, il resto del mondo, con la Cina in testa, si sta mobilitando per salvare l’euro, non fosse altro perché, diversamente, a soffrirne sarebbero tutti.

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