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Nuove regole per gli stipendi dei parlamentari

In Irlanda politici e pubblici dipendenti hanno visto decurtarsi notevolmente (nell’ordine del 25%) i loro compensi. In Italia si contano piccole sforbiciate allo stipendio dei parlamentari senza una riforma dei loro meccanismi retributivi. Il che è come dare una potatina a una pianta destinata a crescere molto in altezza. Certo, il meglio (la riforma, domani) è nemico del bene (il taglio, oggi). Tuttavia una riforma va messa in calendario. Quella che più guadagna terreno in Europa è fondata su una semplice proposizione: quanto il Parlamento delibera per regolare il mercato del lavoro si applica a tutti i lavoratori, deputati e senatori compresi. Con l'economia in crescita che consente una migliore dinamica salariale, gli aumenti concessi ai parlamentari sarebbero in linea con la media nazionale. In caso di recessione, cadute salariali si ripercuoterebbero automaticamente su Camera e Senato. Per asciugare il corpo obeso della spesa pubblica, una parte dello stipendio del parlamentare andrebbe poi agganciata alla sua produttività, misurata dalla quantità di spesa improduttiva decurtata. Il parlamentare che approva con un cenno del capo proposte di legge che portano a gonfiare quella spesa sarebbe costretto a valutarle con estrema attenzione.

Difficile, una volta non rieletti, reinserirsi nel mondo del lavoro? Necessario, dunque, un premio a copertura del rischio? Ma i nostri parlamentari possono continuare nel corso del mandato a svolgere le loro attività professionali. Anzi, le rafforzano intrecciando nuove relazioni. E quelli che provengono dall’impiego pubblico sono reintegrati nell’amministrazione di provenienza. Né mancano le uscite di sicurezza, con poltrone loro riservate nei consigli d’amministrazione di enti e società partecipate dalle istituzioni pubbliche.

Trovarsi in sintonia col mercato del lavoro e contribuire al contenimento di un gigantesco e macchinoso apparato legislativo è quanto si pretende dai nostri eletti affinché non si possa dire che ci sia una “maledizione parlamentare” che lascia l’Italia in balia delle crisi.

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