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Così Lavitola ha usato (e intascato) 18 milioni di contributi all’editoria / Inchiesta

La procura di Napoli ha indagato Valter Lavitola e il senatore Sergio De Gregorio per truffa e false fatturazioni: avrebbero gonfiato il numero delle copie distribuite dell’Avanti! per incassare finanziamenti all’editoria non dovuti. Nel 2010 il quotidiano ha dichiarato meno di un milione di ricavi e incassato più di 2,5 milioni di contributi pubblici. AgoraVox ha indagato su come Lavitola, che poteva chiamare al telefono privato i funzionari della Presidenza del Consiglio incaricati dell’editoria e pretendere di essere ricevuto, ha usato quei soldi: dal telefono per il suo domestico, ai viaggi, a un ricco stipendio. E il mistero di oltre due milioni di finanziamento estero di cui non si conosce il beneficiario. 

Prendete un foglio di carta piegato in due, un partito semiclandestino, cinque giornalisti (non importa quanto bravi, nessuno leggerà cosa scrivono), un articolo determinativo da anteporre a una testata che già esiste e unite il tutto con una trama di relazioni eccellenti e amici che contano: avrete ottenuto 18 milioni di euro di finanziamenti pubblici. Anche se pare che Valter Lavitola, per riuscirci con l’Avanti!, abbia usato un ingrediente speciale, nostrano ma poco nobile: la truffa. È l’accusa che gli muovono i pm di Napoli, Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, anticipata dai giornali nei mesi scorsi ma pubblica solo da mercoledì scorso, quando solo stati emessi i decreti di perquisizione. Secondo la procura per gonfiare il numero (fittizio) delle vendite alcune società riconducibili al senatore Pdl (ex IdV) Sergio De Gregorio avrebbero emesso fatture inesistenti nei confronti della International Press, la cooperativa che pubblica l’Avanti!, e avrebbero utilizzato false fatture emesse dalla società editrice. L’Avantiavrebbe truccato i dati delle vendite dichiarando, sostiene l’accusa, vendite in blocco fuori dalle edicole e per “strillonaggio” mai realizzate.

Le prove si troverebbero in alcuni documenti nascosti in alcuni container sequestrati a De Gregorio, che gli investigatori, però, non possono perquisire fin quando non arriverà l’autorizzazione dal Senato (se mai arriverà). Il senatore, sentito da AgoraVox, si è dichiarato del tutto estraneo alle accuse, ha detto che ha interrotto i rapporti professionali con Lavitola nel 2006 e che quei container sono «pieni di vecchi mobili e masserizie» (ascolta l’intervista). Lavitola, invece, è latitante a Panama dal primo settembre scorso, quando i magistrati di Bari ne hanno chiesto l’arresto preventivo per l’inchiesta sulla presunta estorsione ai danni di Berlusconi che l’editore de l’Avanti! avrebbe orchestrato con Giampaolo Tarantini.

Difficile credere però che lui, il pescivendolo con le amicizie più altolocate d’Italia, si disperi per così poco. «La verità vera è quella che diceva De Gregorio e che quando ci stanno i casini mi diverto», diceva al telefono, intercettato. Il senatore ad AgoraVox conferma: «Lavitola ha un carattere particolare, gli piacciono le storie intricate. A me un po’ meno. L’ultima volta che l’ho sentito era settembre, dopo che esplose il caso giudiziario con Tarantini. Mi telefonò lui da Panama, gli dissi di tornare in Italia e presentarsi davanti al suo magistrato». Ma Lavitola, che aveva poca voglia di farsi arrestare, preferì rimanere dov’era. «Ho un sacro terrore della magistratura – confessava in collegamento dal Centro America a Enrico Mentana –. Una paura dannata».



Lavitola è il re dei finanziamenti pubblici all’editoria.
Non per niente è a lui che si rivolgono, per lamentare i tagli al fondo per l’editoria, i colleghi dei giornali che ricevono finanziamenti, anche di quelli che esistono in edicola ma che per sopravvivere hanno bisogno del contributo statale. Come Paolo Nusiner – che gli investigatori hanno trascritto per errore come Lusiner – direttore generale di Avvenire che il 27 ottobre 2009 chiamò Lavitola per parlare «della mancanza di copertura del capitolo editoria». Certo non per simpatia del personaggio. Forse più perché lui alla Presidenza del Consiglio, che decide ed elargisce i finanziamenti all’editoria, può avere accesso senza passare per i canali ufficiali e le lungaggini burocratiche. Non solo perché è amico o forse, si vedrà, ricattatore del premier in persona, ma perché la sua rete di contatti arriva ovunque, fino a Gianni Letta e a Elsa Grande, la responsabile per l’editoria della Presidenza del Consiglio. Quando Valter chiama, le istituzioni rispondono. Quasi mai al telefono dell’ufficio (a cui Lavitola e i suoi uomini possono accedere di persona quando vogliono), più spesso direttamente al cellulare privato. Basta questa telefonata, che Lavitola ha ricevuto alle 11.54 di mattina del 23 giugno scorso dal suo collaboratore Fabio Sansivieri, per capirlo.
LAVITOLA: Alla Presidenza?
SANSIVIERI: Alla Presidenza non mi rispondono.
LAVITOLA: Ancora! Ma l'ha chiamata sul cellulare a questa…
SANSIVIERI: Sì... Sì... Io... Io, la chiamo io.... Io la chiamo
LAVITOLA: E non risponde?
SANSIVIERI: Non è che l'abbia chiamate tante volte, le poche volte che l'ho chiamata una volta ha squillato e l'altra volta era spento.
LAVITOLA: Bene, e allora perché non ci vai... scusami!
SANSIVIERI: Hai ragione... Non ci sono andato, adesso ci andrò.

Se “questa” si permette di non rispondere al cellulare a Lavitola, Lavitola (o chi per lui) va da lei. E deve essere ricevuto.

 
Ormai sono passati quasi cinque mesi dallo scandalo giudiziario. Già a settembre l’Avanti! annunciava il ritorno (c’era mai stato?) nelle edicole con un altro direttore. Ma alla sede del giornale, a Roma, in Via del Corso 117, non ci risponde nessuno. Al piano di sotto c’è la redazione di un altro quotidiano, l’Opinione delle Libertà. Quando chiediamo loro cosa sia successo ai colleghi de l’Avanti! non sanno che rispondere: «Non li vedo più da molto, molto tempo. Non credo che ci siano ancora. Dopo che venne la finanza a perquisire non li ho più visti. Può darsi che siano carbonari che si chiudono dentro, sinceramente non ne ho idea».

Dal 2004 al 2009, ha calcolato Lettera43, l’Avanti! ha ricevuto più di 15 milioni e 200mila euro di contributi pubblici. I dati ufficiali sulla distribuzione del giornale non sono disponibili. AgoraVox ha visionato i bilanci della International Press degli ultimi tre anni. Nell’ultimo bilancio disponibile, quello del 2010, dichiarava 1639 euro di ricavi dagli abbonamenti e di 972mila euro dalla distribuzione (erano più di un milione i due anni precedenti, il prezzo in edicola dovrebbe essere di 50 centesimi, ma nel bilancio non è specificato di che tipo di distribuzione si tratta); nello stesso anno ha ricevuto 2 milioni 530mila euro di finanziamenti pubblici maturati nel 2009. Il bilancio del 2011 non è ancora disponibile, ma AgoraVox è in grado di riportare che l’anno scorso, tra marzo e settembre, l’Avanti! ha ricevuto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri un milione e 676.202 euro (ancora in parte maturati nel 2009).

Come ha usato questi soldi il fu giornale di Lavitola? La maggior parte dei costi è rappresentata dai “servizi” (3,6 milioni nel 2010, più di 5 nel 2009), cioè, soprattutto, stampa e distribuzione del quotidiano. Nel 2010 sarebbero stati spesi due milioni di euro per la stampa de l’Avanti! e oltre un milione per il trasporto e la distribuzione. Molto, per un quotidiano che di fatto nelle edicole non esiste.

Scorrendo il bilancio si scopre che nel 2010 l’Avanti! ha speso 26.251 euro per «viaggi» e seimila euro di «spese telefonini» (che sono elencate a parte rispetto a quelle del telefono fisso). Almeno quest’ultima potrebbe sembrerebbe una spesa compatibile con le esigenze di un piccolo quotidiano, e non ci sarebbe niente di strano se non fosse che in quei costi sono incluse le spese telefoniche di Rafael Chavez, detto Giuanino, il domestico peruviano di Lavitola che andava a ritirare i soldi di Berlusconi e a consegnare i telefonini esteri “sicuri” per il premier, che utilizzava una SIM intestata alla International Press.

Ma ci sono altri costi che nel bilancio non risultano, perché inglobati nel totale dei debiti. AgoraVox ha scoperto che International Press ha utilizzato un fido per finanziamenti esteri per svariate centinaia di migliaia di euro. Non siamo in grado di conoscere con esattezza l’ammontare complessivo dei soldi anticipati dagli istituti di credito ai creditori dell’Avanti! all’estero, ma sappiamo che si tratta di non meno di 2 milioni e 250mila euro. È a dir poco strano che un giornale italiano, peraltro a bassissima diffusione, abbia così tante spese verso fornitori all’estero.

Una possibile spiegazione potrebbe suggerirla la testimonianza che Raffaele Panico, ex socio della International Press fino al 2002, ha rilasciato lo scorso settembre al Fatto Quotidiano. Panico racconta che fu «costretto» ad andarsene «per assecondare i voleri di Lavitola» perché «non condividevo quello che avevo visto». Cosa aveva visto di così scandaloso l’ex socio? Racconta: «Lavitola dirottava in Brasile, dove gestiva un’impresa di pesca, una parte dei soldi destinati all’attività dell’Avanti!, in parte provenienti anche dai fondi incassati dal Dipartimento, che allora erano un paio di miliardi all’anno, mentre il giornale costava realmente solo 900 milioni di lire all’anno». Se fosse vero, quei finanziamenti esteri potrebbero essere uno stratagemma per non far comparire nella contabilità della cooperativa il dirottamento di denaro verso le aziende di Lavitola all’estero. Ovverosia non risulterebbero pagamenti diretti da L’Avanti! verso società estere poiché sarebbe stato l’istituto di credito ad anticipare i soldi. International Press, a quel punto, avrebbe solo rimborsato la banca, e non sarebbe stato registrato nessun rapporto diretto tra la cooperativa editrice del quotidiano e le società di Lavitola. Affinché le cose possano essere andate davvero così, però, ci sarebbe stato bisogno o che le imprese estere di Lavitola emettessero fatture false a carico della cooperativa affinché questa potesse giustificare quei debiti oppure della complicità della banca. Quindi rimane un’ipotesi di scuola, e il mistero resta irrisolto.

Ci sono invece altre uscite della International Press di cui Lavitola ha beneficiato senza dubbio. A partire dall’affitto dei locali della sede del giornale, 33.500 euro che l’Avanti! paga alla General Building, una società dello stesso Lavitola. E poi la sua retribuzione che, secondo le informazioni in possesso di AgoraVox, si aggirava tra i 10 mila e i 15 mila euro al mese corrisposti talvolta come retribuzione di mese in mese, talvolta come saldo cumulativo di più mensilità. L’ultimo pagamento a Lavitola prima delle dimissioni risale al 4 aprile scorso ed è stato di 250 mila euro tutti insieme. Un gruzzolo abbastanza grande da potergli permettere ancora una lunga e ricca latitanza. A spese del contribuente.


AGORAVOX.TV: Intervista a De Gregorio: “Aggredito dai pm, non frequento Lavitola dal 2006”


Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.197) 20 febbraio 2012 22:55

    Quando qualcuno (in questo caso lo Stato) distribuisce soldi, non riesco neppure a condannare piu di quel tanto chi si mette in fila per farseli dare. Certo, se falsifica le carte per ottenerli va condannato, ma il problema di fondo, a mio avviso, sta proprio nel concetto di contributo Statale: laddove c’é un contributo Statale vi é qualcuno, piu’ furbo degli altri, che si fa avanti per farselo dare, facendo il minimo indispensabile (in questo caso distribuendo il minimo numero di copie del giornale).


    Io personalmente sono contrario a qualsiasi contributo Statale, in qualsiasi settore 
  • Di (---.---.---.35) 23 febbraio 2012 14:34

    @*.197: ragionamento corretto (che condivido) ma al quale mi pare manchi una parte: qui non c’è stato solo un finanziamento "indebito" ma anche (pare) un vero e proprio reato per il quale farei volentieri come si vede nel film Puerto Escondido: blocco dei fondi, ove in banche italiane, e richiesta al Brasile di fare lo stesso, qualora il processo dichiarasse Lavitola colpevole.

    Aggiungerei che, per un senatore palesemente "fuggito dall’Italia" (perchè "aveva poca voglia di farsi arrestare"), non dovrebbe nemmeno esser necessaria la richiesta d’autorizzazione al Senato.

    Fosse un problema fra due multinazionali potrei anche pensare "che si scannino gli avvocati" ma, essendo parte in causa, la cosa mi fa quell’attimo inca...e: ci starebbe un bel calcolo con, da una parte tutti i soldi buttati in finanziamenti all’editoria, ai partiti (v. il caso della Margherita), 35-40% di tasse non pagate sui mega-capitali scudati (di cui si conoscono nomi e cognomi), finanziamenti impliciti quali cassa integrazione ad una FIAT che poi si permette di far causa alla RAI (e quindi allo Stato), ecc. ecc., e dall’altra parte il nostro debito pubblico: così a naso le due cose si pareggiano (a voler esser buoni: per me la prima colonna è N volte la seconda).

    Rendiamoci conto: lo Stato siamo noi (e fino a qui) e siamo in queste deplorevoli condizioni, con gente che non ha lavoro o guadagna una fame, perchè permettiamo che esistano cose come quelle dell’articolo, NOI lo permettiamo, l’abbiamo sempre permesso E l’abbiamo pure giustificato con l’infame logica del vivi e lascia vivere (che forse può andare in periodo di vacche grasse ma non oggi) e del lasciar fare.

    Basta furti (parlo dei finanziamenti Altamente Illeciti, non dei reati: a quelli ci pensa la magistratura).

    Basta, guardare e non vedere.

    Basta, a questa farsa che un senatore scappa e noi, per indagare, si deve chiedere il permesso.

    Basta, anche ai permessi da chiedere: abbiamo raggiunto l’assurdo che un parlamentare viene "salvato" (per ovvii motivi di convenienza di casta) dal veto dello schieramento opposto. I nostri parlamentari sono anni-luce indietro rispetto a quelli di altri paesi dove, per una multa (oltre a tutto pagata), un ministro inglese s’è dimesso. Ebbene, facciamoli avanzare, diamogli una mano: diciamo basta alle richieste di permesso: se non si dimettono loro "per permettere un corretto svolgimento delle indagini", che almeno queste ultime possano procedere senza che siano gli indagati stessi a doverlo "permettere". Si dicono "onorevoli"? è arrivato il momento di dimostrarlo.

    Siamo il famoso "popolo sovrano"? ed allora questo popolo sovrano s’è rotto gli zebedei di una casta che s’è abbondantemente approfittata di ogni singolo benefit: gli abbiamo dato un dito e si son presi tutto il braccio, l’altro braccio e pure le gambe (il c..o ce l’hanno lasciato, per ovvii motivi).

    Se sono gli slogan quelli che vi (generico) piacciono, allora ne invento uno all’istante: "io sono lo Stato, ed io dico BASTA".

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