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Coppia gay aggredita a Milano: record nei primi mesi dell’anno

Il bilancio degli atti di violenza di chiave omofobica raggiunge record da gennaio ad oggi. Le vittime denunciano sempre meno, e le aggressioni sono sempre di più. Come combattere questo fenomeno? C’è chi propone di fare una legge, ma la repressione non è l’unica strada.

Coppia gay aggredita a Milano: record nei primi mesi dell'anno

Sabato notte a Milano, in uno dei poli della movida cittadina una coppia gay è stata brutalmente aggredita.

Giovedì, ai piedi del Colosseo, un altro ragazzo denuncia di aver subìto un attacco.

Il bilancio degli attacchi omofobici da gennaio 2010, annovera nel suo drammatico conto due omicidi, ventiquattro aggressioni, sei casi di estorsione, tre di danneggiamenti.

La reazione della politica è unanime, un coro di frasi fatte si leva da ogni partito che condanna questo genere di violenze, e le violenze in genere. C’è chi vorrebbe una legge contro l’omofobia e chi, come me, chiede altro. La repressione, infatti, a mio vedere è un elemento necessario dello Stato: l’esercizio del potere coercitivo è una sua prerogativa, e sicuramente sopprimere con le forze dell’ordine gli atti di violenza condannandone i colpevoli sono atti dovuti, ma purtroppo non sono risolutivi della deviata prospettiva culturale in cui questo genere di fenomeni è inquadrato.

Il primo problema, a mio parere, è quello culturale e per quanto sembri la peggior retorica, è invece il cardine di moltissimi orribili primati che l’Italia detiene, e di molte cattive abitudini dei suoi cittadini.

L’ignoranza, che pregiudica un normale rapporto tra individui, diventa in questi episodi il pilota delle azioni dei carnefici e incredibilmente anche quello delle vittime.

Gli aggressori, alcuni dei quali sedicenti braccia armate di partiti politici, semplicemente sono persone dallo storico segnato da un vuoto pneumatico di famiglie e istituzioni. Sono persone che si affidano ai racconti di finto-nostalgici del ventennio in cui “si lasciavano le porte aperte” (ma in cui si ammazzavano milioni di ebrei). Sono tutti chiaramente italianissimi e sulla trentina, auspicano un ritorno alla politica muscolare per ristabilire gli standard di machismo e del “duro e puro” che tanto li impregna.

Quindi, nascosti sotto teste rasate e croci celtiche, si atteggiano a fascistelli che puniscono le “anomalie”, malmenando in un equo scontro alla quattro contro uno ragazzi indifesi. Poverini.

Poverini, perché credono che basti qualche calcio, un po’ di cazzotti, la marea di insulti che rivolgono costantemente alle persone diverse da loro, per convincere il prossimo a cambiare sé stesso pur di compiacerli.

Le vittime, dal canto loro, hanno dimostrato di avere reazioni tra loro bipolarmente opposte: il ragazzo aggredito a Roma, infatti, ha provveduto quanto prima alla denuncia e aspetta “che la giustizia faccia il suo corso”.

Invece, il gruppetto di ragazzi pestati alle Colonne di San Lorenzo, dopo la violenza subita, si rifugia in un locale e ci beve su. Accende una sigaretta per offuscarsi un po’ la vista del mondo che li circonda e per sentire di stare ancora respirando. Nessuna telefonata alla polizia, nessun carabiniere sopraggiunto, nessuna ricerca delle istituzioni a proteggerli. Solo dopo un giorno e mezzo, grazie l’influenza di parenti e amici, decideranno di andare a denunciare.

“Non credo nella giustizia e mi sembrava tutto inutile”, dice il laureando aggredito a Milano, ”mi hanno fatto cambiare idea i colleghi di lavoro, che mi sono stati molto vicini: forse può servire per le indagini. Ma al momento (dell’accaduto, ndr) non siamo nemmeno andati da poliziotti e carabinieri, che pure erano dall’altra parte della piazza anche se non avevano visto nulla.”

Pochi giorni fa Michele Serra ha scritto un bellissimo articolo su Repubblica riferito ad un episodio nel romagnolo di ordinario disfacimento sociale: un "piccolo apologo sul Paese illegale".

Succede che un ragazzino con degli amici tenta la bravata di non pagare il conto al ristorante, e si allontana inscenando una rocambolesca fuga con i suoi compagnetti. I bodyguard del locale, però, corrono dietro al gruppo che si divide e, alla fine, acciuffano solo lui. Gli sequestrano il cellulare e lo riempiono di botte. Il quadro è allucinante, una reazione del tutto sproporzionata: perfino il titolare dell’affollata pizzeria non gli risparmia i cazzotti. Irtosi a maestro di vita quest’ultimo voleva impartirgli la lezione: “i debiti si pagano, con la visa o con il sangue”.

Alcuni genitori di dei compagni di scuola del ragazzo lo riconoscono, malgrado sangue e ferite; si impicciano nella faccenda e, dopo aver pagato il conto -saldato senza emissione scontrino, ovviamente-, portano via il ragazzo che su consiglio del padre non sporgerà denuncia.

Episodio diverso, malcostume identico. Perché anche in questa occasione, le istituzioni non sono state invocate a gran voce, perché anche stavolta a nessuno “è balenato il sospetto che per stabilire le ragioni e i torti, per punire, per risarcire i danni, ogni via fuori dalla legge è fuorilegge. Debole o forte che sia, opaca o chiarificatrice, la legge esiste apposta per evitare che un cliente moroso possa farla franca, e che un ristoratore manesco rischi di provocargli lesioni permanenti, o peggio, per sessanta euro. E per giunta non tassati.”, come dice Serra.

Il secondo problema che io intravedo in queste faccende riguarda l’uso della legge.

La Pollastrini vorrebbe introdurre una legge contro l’omofobia. Io propongo invece una reazione diversa. Vedete, imporre per legge il rispetto del prossimo è qualcosa destinata a fallire sul nascere. In un Paese dove le tasse sono percepite come “mettere le mani in tasca ai cittadini”, e dove di conseguenza 130 mld di € ogni anno sono evasi, come si può pretendere che le persone curino interessi diversi dai propri?

E’ dalla scuola e dalla famiglia che si deve ricominciare a creare le nuove leve del futuro.

Introduciamo, ad esempio, la visione obbligatoria nei licei o nelle università di film che trattino il tema dell’omosessualità; portiamo nelle scuole -fregandocene delle indignate reazioni leghiste- le vittime dell’omofobia e facciamo sì che i ragazzi che si stanno formando guardino negli occhi una persona come loro, picchiata per quello che è. Facciamo in modo che anche gli eventi peggiori diventino uno spunto da cui imparare.

E’ nelle scuole, nelle famiglie, che deve avvenire la costruzione di cittadini migliori. A loro è delegato un compito notevole, ed è su queste istituzioni che bisogna investire, investire, investire. A prescindere da come sarà formata una famiglia nel futuro, e a prescindere dal governo che sarà al potere. Bisogna investire nell’istruzione perché senza l’ignoranza dei nostri diritti ci farà dimenticare anche dei nostri doveri.

E per quanto i risultati possano essere meno subitanei di quelli ottenibili con il mero uso della repressione, saranno questi cambiamenti, quelli orientati alla formazione di nuove e più colte generazioni che ci consentiranno finalmente abolire dalla nostra cronaca le parole omofobia e razzismo.

Che la politica, ora, faccia la sua parte.

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