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Conversazione con il pittore - 1a parte

Buongiorno, da cosa partiamo?

Boh, io sono l'invitato. Mi dica lei.

Intanto diciamo che questa è una sorta di auto intervista, una conversazione con te stesso.

Siamo passati al tu, compagno? Sì, mi interrogo sul senso del mettersi lì a tracciare linee su un foglio di carta, di riempire di colori una tela. Di interrompere e riprendere un lavoro sempre con la stessa sordida insoddisfazione per quello che faccio. Un quadro o un disegno è una sorta di working in progress che non dovrebbe finire mai. 

Come definiresti cosa è arte e cosa non lo è?

Tutto ciò che è manifestazione della fantasia, della abilità di un soggetto che ha il potere e la capacità di portarti in un circolo virtuoso di sensazioni. Che sia in grado di farti staccare da terra con il cervello, che ti paralizzi per un attimo nell'osservazione o nell'ascolto e che, soprattutto, scombini il mondo ordinato con cui rappresenti la realtà che ti circonda.

Non è arte il contrario, la banalità e il conformismo qualsiasi forma esso assuma. L'abilità fattasi tecnica e basta, senza anima.

Detta così sembra che il territorio dell'arte sia circoscritto all'individuo e alle sue sensazioni, e la società con la collettività che ti circonda?

No, non la vedo così. Penso, invece, che quello che ti circonda e che ti condiziona, i rapporti tra le persone, cosa li influenza di più etc.etc. siano parte dell'espressione data dai colori o dalle forme che i tuoi segni assumono. Vedi, io ho la predilezione per i colori netti. Senza sfumature, o almeno con un uso limitato di queste. In questo, nell'uso dei colori, sono influenzato da quelli che considero un mio punto di riferimento: i fauves, i barbari di novecentesca memoria. Trasferisco questa nettezza, questa mancanza di ambiguità, nella mia pittura. E' come vedo ciò che si muove nella società, un agire di forze contrapposte che determinano cambiamenti, nel bene e nel male, netti. Con poche sfumature. Da questo punto di vista il colore assume un suo messaggio "ideologico", uno stare da una parte delle molteplici barricate che ci impegnano tutti i giorni.

Con chi ti ritrovi, come pittore intendo?

Bah, c'è una molteplicità di soggetti che mi hanno colpito con la loro arte. Se andiamo per periodi storici l'arte medievale con alcune sue espressioni e pittori. C'è una serie di lavori che mi colpiscono per l'uso dei colori, alcune tavole (sacre, così dette) sembrano uscite fuori da un rappresentante del pop. Non so, sarà l'uso della tempera ma trovo in alcune composizioni cromatiche un'anticipazione di quello che intendo io per l'uso dei colori. E poi la maestria nell'utilizzare le foglio d'oro che fanno da sfondo a tante opere. Le forme dissacranti del corpo di Cristo e delle altre figure che lo circondano. 

Ci sono poi, nel periodo di mezzo tra rinascimento e barocco, quegli 80 anni del manierismo. Quel modo "rivoluzionario" di sovvertire i canoni del "bello" classico di memoria rinascimentale. 

Bruegel, Arcimboldo, El Greco...Pontorno, solo per citare i più noti. Prendi uno come Arcimboldo, l'idea di raffigurare un re mettendo insieme frutta e verdura...una roba dissacrante, le figure nella deposizione di Pontorno. La combinazione cromatica con una varietà di colori che sembrano pastelli, l'uso del rosa nella tuta attillata di chi sorregge il corpo di Cristo. 

Altro?

C'è tanto altro e rischierei di dire le solite cose. Poi, sai, ho la tendenza ad andare in modo random quando si tratta di fare una classifica di questo tipo. Potrei dirti che il Parmigianino è ineguagliabile in alcune figure da lui dipinte, che la figura della Maddalena del Masaccio e il corpo di Cristo per come lo ha raffigurato mi hanno lasciato un'emozione che non so spiegare razionalmente, che certi quadri dei fiamminghi sono capolavori che meriterebbero ore di osservazione per capirne i dettagli. Che qualche fuori di testa alla Bosch con le sue visioni danno un'idea del casino di questo mondo, che rimane tale e quale e immutabile nelle sue espressioni di orrore, paura, incubi e dolore.

C'è un però in tutto questo, la constatazione che per secoli il linguaggio dominante era quello di chi si metteva in posa per celebrare il suo potere, come i vari regnanti e nobili; o di quella istituzione come la chiesa che ha utilizzato l'arte per definire il perimetro della morale entro cui far convivere le persone, le regole da seguire, l'accondiscendenza verso l'idea che la vita è un passaggio da accettare per come si manifesta, condizione sociale e altro, perché è dopo la morte che si realizzerà la possibilità di essere, se degni, in un luogo in cui il dolore, le ingiustizie e tutto ciò che rende difficile vivere spariranno

Da tutto questo il "popolo" non è rappresentato. Certo, qualcuno ha reso plebea la figura di qualche santo, come Caravaggio, ma nella sostanza tutto è rimasto immutabile nel messaggio di fondo: così è e questa condizione dovete accettare. - continua-

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