Ciancimino arrestato per calunnia, Tranchina tenta il suicidio in carcere
Massimo Ciancimino è stato arrestato con l'accusa di avere falsificato un documento del padre per calunniare l’ex capo di polizia Gianni De Gennaro. A Palermo Fabio Tranchina, l'uomo dei Graviano arrestato due giorni fa a Palermo, ha tentato il suicidio in carcere. Oggi non vuole più collaborare, ma la settimana scorsa aveva iniziato a palrare. Anche di Dell'Utri.
Giornata intensa oggi alla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo. Il figlio minore di Don Vito Ciancimino, Massimo, è stato arrestato a Parma da agenti della Dia. Il fermo per il figlio del boss è stato disposto dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dai sostituti Paolo Guido e Nino Di Matteo. L’accusa è di calunnia aggravata in seguito alla falsificazione di un documento ai danni dell’ex capo di polizia Gianni De Gennaro, attuale direttore del Dis (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza).
Nel documento appartenuto al padre, una sorta di elenco di funzionari della polizia, dei servizi e delle istituzioni in contatto con la mafia, il nome di De Gennaro sarebbe stato inserito surretiziamente in tempi successivi forse, ipotizza la procura, dallo stesso Massimo. A tal proposito, scrivono i Pm, «l'evidente mendacio della contraffazione del documento dimostra senza dubbio la volontà di Ciancimino di indicare falsamente De Gennaro quale soggetto inserito tra coloro che il padre gli aveva indicato come funzionari dello Stato in costanti rapporti illeciti con Cosa Nostra».
Il decreto di fermo è stato emesso a causa del pericolo di fuga riscontrato dagli inquirenti, essendo Ciancimino prossimo a recarsi in Francia con la famiglia per le vacanze di Pasqua («consuetudine» pare piuttosto frequente per il figlio di Don Vito). E i magistrati hanno urgenza di interrogarlo subito dopo che, pochi giorni fa, la polizia scientifica ha depositato le nuove perizie.
L'avvocato palermitano avrebbe inviato un lungo sms dal carcere al blogger Walter Giannò di Impresa Palermo: «è una battaglia dura e sono e sarò sempre più solo. Ho tanta paura». Questo arresto, ha scritto Ciancimino, «sicuramente farà gioire molte persone».
Lo scorso dicembre lo stesso De Gennaro aveva querelato il figlio di Don Vito per calunnia, dopo che Ciancimino aveva rivelato al capo della procura di Caltanissetta, Sergio Lari, che il famigerato “signor Franco” altri non sarebbe che lo stesso De Gennaro.
Intanto, a Palermo, Fabio Tranchina, l’uomo dei Graviano arrestato martedì a Palermo con l’accusa di concorso nelle stragi del ’92-’93, ha tentato due volte il suicidio in carcere, provando a strangolarsi con un lenzuolo. L’interrogatorio che avrebbe dovuto avere con il Gip è stato rimandato di due ore, e adesso Tranchina denuncia, tramite il suo avvocato, di avere subito pressioni dai pm affinché inizi a collaborare.
In realtà Tranchina, che dall’altro ieri ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere, aveva iniziato a collaborare già da sabato scorso (è stato proprio a causa delle sue stesse dichiarazioni che due giorni fa è finito in manette), ma poi l’intervento del cognato e della moglie (che dopo l’arresto del marito ha sporto denuncia per sequestro di persona), entrambi fratelli del boss di Brancaccio Cesare Lupo, lo ha fatto desistere. Eppure dalle dichiarazioni rilasciate in quei momento si può capire bene la portata di una sua eventuale collaborazione con la giustizia.
Che Fabio Tranchina fosse a conoscenza di segreti scottanti si sapeva: aveva curato la latitanza di Leoluca Bagarella e di Giuseppe Graviano, cui aveva anche fatto da autista, e partecipato, stando al racconto del pentito Gaspare Spatuzza, a due incontri decisionali sulla strage di Via D’Amelio con i Graviano che potrebbero addirittura essersi tenuti nella sua abitazione.
Tranchina non si è limitato a raccontare l’attuale organigramma dell’organizzazione, ma ha anche parlato di delitti, stragi e politica. Si è autoaccusato di avere acquistato il telecomando per la strage che uccise Paolo Borsellino e ha confermato le dichiarazioni di Spatuzza: «Ho pure accompagnato Giuseppe Graviano in un villino a Triscina dove quest’ultimo si era incontrato con Matteo Messina Denaro per recarsi poi a compiere l’attentato di Via D’Amelio».
Il capitolo delle sue deposizioni sulla trattativa tra mafia e politica è ancora coperto da segreto investigativo, ma da Palermo trapelano già alcune sue frasi. «Ricordo che una volta vi fu incontro fra Giuseppe Graviano e un politico, Inzerillo (Vincenzo Inzerillo, ex senatore oggi in carcere per mafia, ndr). Graviano - dice Tranchina - l'aveva a sua completa disposizione, per come vedevo l'atteggiamento che aveva».
E su Dell’Utri: «Giuseppe Graviano non mi ha mai fatto il suo però con frasi del tipo "noialtri le persone le abbiamo o fanno quello che gli diciamo o noi gli rompiamo le corna", mi faceva comprendere».
Già diciassette anni fa i carabinieri gli chiesero conto dei suoi contatti con Marcello Dell’Utri, ma allora negò tutto. Oggi, se dopo il suicidio fallito decidesse di collaborare, potrebbe mettere nei guai molte persone che contano. Anche a Milano.
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