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Che fine ha fatto Muntazer Al Zeidi, Uomo dell’Anno 2008?

Non è certo un gesto glorioso quello che Muntazer Al Zeidi ha compiuto in questi giorni chiedendo alla Svizzera di accoglierlo come rifugiato politico. Ne dà conto in un lungo articolo il quotidiano La Tribune de Genève.

Non è un gesto glorioso, ma a sentire l’avvocato svizzero Mauro Poggia al quale il giornalista irakeno si è rivolto, si tratta di una mossa indispensabile. L’avvocato infatti si è appellato al Dipartimento Federale per gli Affari Esteri di Berna per ottenere che il suo assistito possa avere la cittadinanza svizzera e spiega che per Muntazer in Irak non c’è più libertà di parola. Mentre in Svizzera il giornalista, celibe e senza figli, potrebbe lavorare per le Nazioni Unite a Ginevra.
 

Il motivo è presto detto. Dopo il lancio delle scarpe verso il Presidente uscente Bush lo scorso dicembre, un lancio accompagnato dall’insulto “cane”, Muntazer si è visto da un lato diventare l’eroe portavoce di tutti i “derelitti” del suo Paese; dall’altro è stato preso come un trendsetter, direbbero da noi, uno che lancia una moda e diventa anch’esso oggetto di consumo.

Tant’è che commercianti e produttori di scarpe hanno approfittato della notorietà del personaggio sia in Irak sia nel mondo occidentale, per far crescere i propri affari.
 
Senza contare che anche in Italia, per non andare troppo lontano, un gruppo di parlamentari dell’opposizione hanno accumulato lo scorso dicembre davanti alla sede della Camera, in segno di protesta, un mucchietto di scarpe.
 
Però, e qui sta il problema, per un giornalista che con un gesto eclatante invoca la libertà di espressione, l’essere”tirato per la giacchetta” da un lato dagli estremisti islamici, dall’altro da quelli che vogliono il business, non è certo un buon viatico per la sua carriera.
 
Attualmente Muntazer, 29 anni, sta scontando una pena preventiva in carcere e aspetta il processo che potrebbe incriminarlo per oltraggio e comminargli una pena che va dai 7 ai 15 anni di detenzione. Il giornalista sostiene di non poter lavorare nel suo Paese proprio per i pregiudizi di cui la sua persona è stata investita.
 
Stando alle parole di Muntazer, confermate dal fratello, egli non avrebbe agito per conto di nessuno. Questo però non toglie che l’insulto lanciato verso G. Bush sia stato molto pesante.
 
Nel mondo musulmano infatti le scarpe e il cane sono considerati impuri, tant’è che il gesto di Muntazer, assolutamente non intenzionato a scatenare un così grande scalpore, ha ottenuto, stando alle parole dell’avvocato svizzero, il plauso di tutto il popolo oppresso.
 
Ginevra e tutta la Svizzera rappresenterebbero dunque, per Muntazer e la sua famiglia, il Paese simbolo per eccellenza della libertà di pensiero e di parola. Insomma la vera democrazia.

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