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Charlie Hebdo e il premio Pen: intolleranza o libertà di espressione?

Ogni anno il Pen American Center, consegna un premio per il “coraggio in favore della libertà di espressione” (Freedom of Expression Courage Award). Quest’anno è stato scelto Charlie Hebdo, il settimanale satirico francese vittima degli attentati dello scorso 7 gennaio.

Il premio sarà consegnato il prossimo 5 maggio a Gérard Biard e Jean-Baptiste Thoret, della redazione di Charlie come “riconoscimento per il coraggio di fronte a uno degli attacchi più pericolosi verso la libertà di espressione degli ultimi anni”.

Tutto molto bello. E la polemica dov’è? Sei autori non saranno presenti, in disaccordo con la scelta del Pen. Si tratta di Francine Prose, Teju Cole, Peter Carey, Michael Ondaatje, Rachel Kushner e Taiye Selasi.

Motivo della querelle (qui raccontata dal New York Times) è naturalmente la rappresentazione dei mussulmani su Charlie Hebdo. Per Francine Prose, ex presidente del Pen, consegnera il premio significa manifestare "un segno di ammirazione", cosa che non sente rispetto al giornale; della stessa opinione Rachel Kushner, che in una mail parla, a proposito del settimanale francese, di “intolleranza culturale”, di "promozione di una visione secolare della società”.

Peter Carey, sul New York Times dice “E’ stato commesso un crimine spaventoso, ma è un motivo per il Pen di immischiarsi? (…) Il Pen è cieco di fronte all’arroganza culturale della Francia, che non riconosce i suoi obblighi verso una parte molto grande e vulnerabile della sua popolazione”.

Charlie Hebdo ha quindi offeso una parte della sua popolazione, motivo per il quale non si presenzia al gala. 

Dal Pen ribadiscono la loro posizione: se è “innegabile che con le loro caricature a Charlie hanno offeso dei musulmani, così come hanno offeso altri gruppi (…) crediamo che lo scopo di queste vignette non fosse offendere i musulmani ma di lottare contro gli estremismi”.

L’ex presidente del Pen, Salman Rushdie, che di estremismo religioso se ne intende, è stato meno diplomatico: su Twitter usa la parola “pussies” per parlare dei sei autori in "cerca di carattere" che stanno protestando per la scelta del Pen. Si spiega poi meglio sul New York Times: “Se il Pen non può difendere chi è stato ucciso per aver disegnato, allora non è all’altezza del suo nome”.

 

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