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Charlie Hebdo non era ossessionato dall’Islam

Su Le Monde del 25 febbraio è stata pubblicata una ricerca di Jean-François Mignot e Céline Goffette: il primo è sociologo e demografo, lavora con il Gruppo di studi dei metodi di analisi sociologica della Sorbona (GEMASS), la seconda fa parte dell’Osservatorio Sociologico del Cambiamento di SciencePo e si occupa di temi legati alla salute, ma con un’attenzione particolare al dato quantitativo e statistico. La domanda che si sono posti i due studiosi è se Charlie Hebdo fosse, effettivamente, ossessionato dall’Islam. 

Dopo gli attentati del 7 gennaio scorso se ne è molto discusso: tra le condanne più o meno nette degli eventi in molti si sono chiesti se Charlie Hebdo ha esagerato, se è andato a colpire troppo duro (e a sproposito) laddove il suo “modus” era invece incomprensibile. E se, soprattutto, colpiva in maniera ossessiva solo un gruppo. 

Queste argomentazioni, sostenute dalla critica verso l’uso politico che è stato fatto di quegli eventi (veder sfilare personaggi che “piacciono poco a sinistra”, oppure altri che con la libertà di espressione hanno poco a che fare), hanno fatto sì che in molti prendessero le distanze da Charlie Hebdo. 

In particolare su Le Monde del 15 gennaio è stata pubblicata una lettera aperta firmata da personalità della cultura (tra cui lo storico l’italiano Enzo Traverso) che si dissociava dal “Je suis Charlie” imperante e ipocrita: “Non siamo Charlie. Anche se siamo sconvolti dalla morte dei disegnatori e giornalisti non possiamo non considerare l’ossessione che Charlie Hebdo aveva nei confronti dei musulmani, costantemente fatti passare come terroristi, come stupidi o come persone che vivono alle spalle del sistema. Non ci vedevamo più (in Charlie Hebdo, ndr) dell’anticonformismo, ma la norma di stigmatizzare i più deboli”. 

Questa ossessione, quindi c’era? No, dicono i numeri. 

Il lavoro dei sopracitati Mignot e Goffette, che hanno analizzato le aperture del giornale dal gennaio 2005 al gennaio 2015 (dal numero 665 fino al 1177), dicono che Charlie Hebdo non si interessava in maniera particolare di Islam. 

Prima di passare ai dati della ricerca va precisato che le copertine di Charlie Hebdo non comprendono certo la totalità delle vignette contenute nel giornale, sono però quello che viene esposto nelle edicole e rappresentano l’argomento di discussione sui media. 

Bisogna infatti dire, sempre parlando di numeri, che Charlie Hebdo non era proprio in ottima forma: prima degli attentati vendeva circa 24mila esemplari e contava su 8mila abbonati. C’erano stati dei licenziamenti, i salari erano bassi e i debiti tanti. (Dopo gli attentati gli abbonati sono passati a 200mila, e questo oltre ai doni e alle vendite del numero “post 7 gennaio”: 7 milioni di copie). 

Jean-François Mignot e Céline Goffette dividono le copertine di CharlieHebdo in quattro grandi temi: “politica”, “personalità del mondo dello sport e dello spettacolo”, “attualità economica e sociale” e “religione”.

 

Come sono suddivise? I numeri degli ultimi dieci anni di Charlie Hebdo parlano soprattutto di “politica” 336 copertine (su 523 in totale), segue “attualità economica e sociale” con 85, 42 riguardano “personalità” e 38 la “religione” (il 7% del totale). 

Quelle che restano, 22, sono “miste”, ovvero rientrano in temi che toccano due gruppi. 

Politica: si parla molti di personaggi di destra, Sarkozy in testa, Le Pen; un quarto la sinistra, il 7% l’estrema destra, il 9% politica non francese e il 9% mista. 

Economico-sociale: ì il 50% riguarda movimento sociali o la Francia, il 21% il sesso, il 18% la delinquenza, la violenza o il terrorismo e il 6% la relazione tra le generazioni. 

I “personaggi” invece sono misti: cantanti come comici (una dedicata a Dieudonné per esempio), attori… 

Arriviamo alla “religione”

Delle 38 copertine che riguardano la religione più della metà sono sul Cattolicesimo (21), mentre 7 si occupano di Islam (meno del 20%). L’Ebraismo è trattato soprattutto in rapporto con le altre religioni, mentre 3 copertine rappresentano tutte le tre grandi religione insieme.

Negli ultimi dieci anni quindi, secondo il calcolo di Mignot e Goffette, solo l’1,3% delle aperture di Charlie Hebdo ha toccato l’Islam. Se c’era un’ossessione, dicono i ricercatori, era verso la politica francese e Sarkozy in particolare.

Le copertine più violente secondo i ricercatori? Contro la destra francese e la religione cattolica (n. 9651031, 1064, 1080 e 1111).

Tra il 2007 e il 2012 nonostante siano poche le copertine dedicate all’Islam Charlie Hebdo ha ricevuto denunce soprattutto da associazioni musulmane, mentre negli anni Novanta invece le denunce arrivano in modo particolare dall’estrema destra o da associazioni cattoliche.

Secondo Mignot e Goffette Charlie Hebdo resta quello che diceva di essere: un giornale antirazzista, irriverente, di sinistra, violento con l’oscurantismo religioso.

La ricerca di Jean-François Mignot e Céline Goffette non toglie valore alle critiche di chi pensa che quel tipo di satira sia “sbagliato” o fuori luogo, incomprensibile per chi ne è toccato, offensivo e emarginante per chi la subisce.

Rende però più omogeneo agli occhi dei lettori quello che possiamo definire ”stile Charlie Hebdo”: irriverente, aggressivo, volgare. Quello che ne esce ridimensionato è il “fenomeno Charlie Hebdo” e il suo impatto. 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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