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 Home page > Attualità > Cultura > Carlo Goldoni e la mediazione. Il servitore di due padroni

Carlo Goldoni e la mediazione. Il servitore di due padroni

La commedia dell'arte ha rappresentato molti conflitti interpersonali. Carlo Goldoni (1707-1793) sembra un autore molto esperto delle dinamiche delle liti e della negoziazione; può essere letto perciò per capire meglio cos'è - ma anche come non deve essere svolta - la mediazione stragiudiziale, che è appena rientrata nella vita degli italiani con la L. 98/2013.

Il servitore di due padroni ruota intorno alle conseguenze dei malintesi innescati dall’avidità di Truffaldino (in versioni successive Arlecchino), che tenta di servire contemporaneamente Beatrice e Florindo, senza capire però la loro relazione e i loro interessi personali, facendoli diventare rivali, da amanti che potrebbero essere.

Goldoni insegna al lettore quattro importanti princìpi della mediazione in quest’opera.

1. Un mediatore deve analizzare il modo di comunicare che usano le parti in conflitto perché la comunicazione produce effetti concreti sul patrimonio, sui sentimenti e sulle scelte delle persone, quindi sul loro benessere (o malessere). Un mediatore, per questo, deve saper gestire le comunicazioni tra le parti. Comunicare è un insieme di comportamenti che generano conseguenze.

Il conflitto nasce da problemi comunicativi e malintesi. La comunicazione può alimentare, ma può anche risolvere il conflitto. Può capitare infatti che due litiganti discutano per ore (o per anni), perdendo di vista la materia del contendere, trascinati dal tono del diverbio e dal modo con cui si scambiano le informazioni (il contenuto soggettivo, la relazione, l’uso della voce, le espressioni facciali e il linguaggio del corpo).

2. Un mediatore, prima di negoziare, deve assumere il maggior numero possibile di informazioni sul caso, documentandosi e interrogando le parti rispetto ai loro obiettivi, ai punti deboli, agli interessi e ai problemi personali. Il mediatore, così facendo, può anche misurare il proprio livello di competenza rispetto al caso ed, eventualmente, può rifiutare l’incarico in caso di incompetenza o di incompatibilità.

Poiché lo scopo della mediazione è individuare una soluzione vantaggiosa per tutti, è necessario che tutti conoscano le emozioni, gli obiettivi e i punti deboli o di forza reciproci, affinché le persone scelgano insieme la soluzione più razionale; è necessario cioè che tutti si scambino le informazioni di cui dispongono. Scelte compiute in assenza di informazione potrebbero essere controproducenti, come potrebbero esserlo le scelte prese da un terzo estraneo e disinteressato ai vantaggi dei protagonisti, come un giudice, che è interessato solo ad applicare la legge.

3. Un mediatore deve concentrarsi sull’analisi del problema e sulle conseguenze delle scelte operate da ciascuna parte, invece che sul proprio tornaconto personale.

Un mediatore, per aiutare i litiganti a decidere come risolvere il problema, individua le loro alternative migliori e peggiori (dette MAAN e PAAN), che vengono discusse, analizzate e ordinate secondo priorità razionali. Le persone, utilizzando gli schemi e gli alberi decisionali realizzati con l'aiuto del mediatore, possono escludere razionalmente le scelte che comportano risultati negativi certi.

4. Quando una mediazione fallisce, ci rimettono tutti, anche il negoziatore.

Le soluzioni basate sul consenso risolvono il problema; quelle basate sulla forza permettono invece al problema di manifestare continuamente i suoi effetti negativi, anche dopo che la parte più forte abbia imposto la propria volontà o che l'abbia imposta un giudice, benché terzo e imparziale. L’insoddisfazione e il rancore che nascono dalle soluzioni non condivise, di conseguenza, possono comportare ulteriori conflitti, estessi magari ad altre persone.

La mediazione è uno strumento molto potente per la società perché diffonde la cultura dell'accordo condiviso; accordo che i protagonisti ritengono giusto proprio perché scaturisce direttamente da loro. Abituandoci a negoziare accordi e soluzioni possiamo riappropriarci della giustizia, cioè del senso di ciò che è giusto, e migliorare il benessere collettivo.

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