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Cara Kyenge, non serve nessuna norma contro il razzismo online

Il ministro Cécile Kyenge l’aveva detto di passaggio in un’intervista al Corriere, lunedì, parlando delle minacce a contenuto razziale ricevute nei giorni dello scandalo Calderoli. Ne riceve molte «che non sono pubbliche, che non vediamo?», chiedeva l’intervistatore. «Quotidianamente, con ogni mezzo. Lettere, email, telefonate. Le più terribili sono online, anche minacce di morte. Non c’è ancora una legge, e invece servirebbe».

Si riferiva a una legge apposita per la rete o in generale contro l’istigazione al razzismo? Dal contesto non era chiaro. Certo, visti i precedenti, il dubbio si trattasse – di nuovo – della richieste di nuove norme per il web mi era venuto. Ma per non sollevare inutili, ulteriori polveroni, avevo lasciato perdere.

Oggi il ministro conferma i miei dubbi:

 

Sull’annosa questione vi ho tediato mille volte, quindi non ripeterò di nuovo perché dissento dalla necessità di «nuovi strumenti legislativi» non solo per reprimere, ma anche per «prevenire» (e come, con filtri a parole chiave?) il razzismo e la violenza online. Chi volesse leggere le mie argomentazioni, può farlo qui equi.

Il punto è che Kyenge dice anche un’altra cosa. La riporta l’Agi: «L’istigazione la razzismo, secondo il ministro, "sta aumentando soprattutto attraverso Internet e i social network: serve un cambio culturale per sgomberare il campo da paure e pregiudizi"».

A parte che pensare che un cambio culturale si produca tramite nuove leggi mi pare piuttosto ingenuo, per non dire semplicemente errato, vorrei chiedere al ministro: qual è la fonte del dato per cui l’istigazione al razzismo starebbe «aumentando soprattutto» via web e social network? Io non conosco studi che lo dimostrino, ma sono ben felice di aggiornare le mie conoscenze. Sempre che non si tratti di una frase buttata lì per legittimare la propria posizione.

Ancora, vorrei sottoporre all’attenzione del ministro due casi di cronaca recente, entrambi che la riguardano. Il primo è la condanna per direttissima a 13 mesi alla consigliera leghista di Padova, Dolores Valandro, proprio per istigazione ad atti sessuali compiuti per motivi razziali nei suoi confronti. Il secondo riguarda il consigliere circoscrizionale di Trento, Paolo Serafini. Di nuovo, ci sono di mezzo insulti al ministro. L’ANSA ieri batteva:

«Un decreto di oscuramento del profilo di Facebook è stato notificato stasera al consigliere circoscrizionale di Trento Paolo Serafini dopo quanto scritto sul ministro Cecile Kyenge. Ne da’ notizia il questore di Trento, Giorgio Iacobone, precisando che la decisione è stata presa dal procuratore della Repubblica, Giuseppe Amato, in seguito all’informativa consegnatagli oggi stesso dalla Digos della polizia di Trento.

Secondo la Procura di Trento le parole di Serafini sono ‘gravemente lesive all’onore e alla reputazione del ministro per l’Integrazione, ispirate a finalità di discriminazione razziale’. Ciò in base ad una legge del ’93 sull’odio razziale, che prevede all’art.6 la possibilità di procedere d’ufficio. Il questore di Trento ha spiegato che l’informativa della Digos era sul tavolo del procuratore già da stamattina alle 9 ed è stata trasmessa nella tarda mattinata al servizio di polizia Postale del Dipartimento del ministero dell’Interno e alla sede centrale di Facebook. Il questore ha dato inoltre disposizioni affinché tutta la vicenda venga approfondita ‘per verificare ulteriori ipotesi di reato’. Tempi dunque molto brevi per prendere questi provvedimenti, che il questore ha motivato così: ‘era molto importante dare subito una risposta incisiva’».

«Per direttissima». «Una legge del ’93 sull’odio razziale». «Possibilità di procedere d’ufficio». «Tempi molto brevi». Se c’è tanto bisogno di nuove norme per il razzismo online, come si spiega l’efficacia – e la rapidità – di questi due provvedimenti?

Ultima domanda: se «l’Italia non è razzista», come ma il web italiano dovrebbe esserlo? Non è piuttosto vero che il razzismo in Rete è, al contrario, lo specchio di quello che serpeggia nel Paese?

 

Foto: EUI/Flick

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Sandro kensan (---.---.---.120) 22 luglio 2013 14:26
    Sandro kensan

    Non c’è nessun bisogno di nuove leggi che regolamentino Internet a meno che l’obiettivo sia di trasformare la Rete in una grande televisione.

  • Di (---.---.---.38) 25 luglio 2013 20:23

    Ministra Kyenge, lei ripete continuamente che parte degli Italiani è razzista, anche se negli ultimi giorni, forse perché se ne sta rendendo conto di persona, lo ripete un po’ meno. Gli Italiani non sono razzisti, neanche i più esagitati della Lega, per ragioni storiche e culturali; e il razzismo che lei recentemente ha citato, parlando di Mandela, è un problema della sua amata terra: l’Africa. Noi Italiani, in grande maggioranza, non condividiamo le sue idee che sarebbero devastanti per la nostra società e la nostra cultura, che vogliamo a tutti costi salvaguardare, ma non nutriamo avversione per la sua pelle e per la sua persona e le consigliamo di ridere, se qualcuno si sofferma su di lei, anche se scompostamente. Noi siciliani riceviamo spirito peggiore, ma non ce ne facciamo un problema e reagiamo con spirito più arguto. Basta conoscere bene la lingua italiana e sentirsi integralmente italiani e fare gli interessi degli Italiani.

    • Di (---.---.---.114) 25 luglio 2013 21:49

      Appunto, voi siciliani ricevete spirito peggiore perché l’Italia è razzista, almeno in parte.


      Prima degli extracomunitari c’erano i terroni.

      Ricordi quei bei cartelli del tipo "in questa attività commerciale è vietato l’ingresso ai cani e ai terroni"? Erano pochi anni fa. Oggi i terroni sono stati sdoganati, ma solo perché c’è di "peggio" per certa gente.

      Tra parentesi che vuol dire fare gli interessi degli italiani? Io trovo che persone come la Kyenge abbiano un valore umano ben maggiore del mio vicino di casa italiano da generazioni. E io sono italiano come te: il mio interesse di italiano è sradicare certa subcultura e accrescere il grado di civiltà. Si dà per scontato che gli extracomunitari siano un pericolo o comunque più arretrati, ma non è un pensiero condiviso da tutti gli italiani.

      Il tuo interesse non è quello degli italiani, ma degli italiani che ragionano come te. Esistono altri italiani, il cui interesse è diverso dal tuo, e tu non sei il portavoce delle loro istanze.

      Prima di parlare a nome dell’Italia, chiediamoci sempre se tutti gli italiani sono come noi. Non è mica detto.

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