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Bufale e tumori | Come (non) si cura il cancro: analfabetismi digitali

Le principali testate nazionali hanno riportato la notizia di una giovane mamma, morta dopo (non) aver curato il cancro con impacchi di ricotta e decotti di ortiche. Gli articoli raccontano di una donna di poco più di trent'anni, operata di un tumore al seno, che avrebbe avuto circa il 95% di probabilità di salvarsi, facendo un ciclo di chemioterapia dopo l'intervento. 

Invece, Alessandra Tosi -come già la ragazza di 18 anni di Padova curatasi secondo i precetti della Nuova Medicina Germanica- ha deciso di evitare la chemioterapia e di affidarsi a una serie di cure alternative. La vicenda porta ad almeno un paio di riflessioni essenziali.

Prima di tutto, si fa sentire con urgenza la necessità di una profonda e capillare riflessione sui motivi che inducono sempre più persone a diffidare di medici e ospedali, persone convinte che il Sistema Sanitario Nazionale sia una sorta di grande truffa ordita ai danni dei malati e a favore dei grassi guadagni delle case farmaceutiche. È essenziale che coloro che lavorano nel campo della sanità -pubblica e privata- prendano coscienza del fatto che non si tratta di sporadici episodi o di schiocchezze trascurabili: al contrario, devono interrogarsi su quali sono gli elementi che producono tali fenomeni e fare di tutto per riconquistare la fiducia dei cittadini nel proprio operato e nelle intenzioni che guidano la pratica della loro professione.

 Come hanno mostrato anche le assurdità pseudo-scientifiche pubblicate sul sisma del 24 agosto o, in modo ancor più lapalissiano, l'orrenda campagna del #fertilitydayci sono enormi debolezze ed evidenti difficoltà ogniqualvolta si intavola un dialogo con i cittadini su tematiche scientifiche: si affrontano argomenti complessi senza indovinarne tempi e modi e senza neppure saper scegliere la persona a cui si affida l'importante compito di parlarne -ricordiamo Brigliadori e Red Ronnie invitati alla Rai a parlare di vaccini.

Si oscilla continuamente tra cattiva informazione e informazione paternalistica, senza fornire alle persone gli strumenti per comprendere e affrontare questioni di importanza -letteralmente- vitale. E questo è un male. 

Internet -e arriviamo così al secondo punto- è un eccezionale nonché immediato termometro della situazione: è sufficiente qualche veloce ricerca, per trovare centinaia di gruppi a favore di trattamenti alternativi e non solo per il cancro, ma per le più diversificate patologie. Ci sono i conosciuti gruppi a favore del Metodo Di Bella, quelli sulla Nuova Medicina Germanica, poi quelli sull'omeopatia e ancora tantissimi altri in cui si promuovono solo "metodi naturali" o, perché no, la medicina quantistica e ancora formule magiche, pozioni, scimanesismo e astrologia. Non si faccia l'errore di liquidare questi casi come casi isolati o, peggio, come espressione di una ineliminabile sub-cultura che, collocata ai margini remoti della società, è inoffensiva e incapace di produrre conseguenze concrete. Non c'è infatti alcuna sub-cultura, né simili fenomeni emergono solo ed esclusivamente in quelle fasce della popolazione che, per mancanza di istruzione, sembrerebbero le più esposte a seguire i consigli della Wanna Marchi di turno. Niente di tutto ciò. Siamo invece di fronte a donne e uomini dotati di un diploma superiore e molto spesso anche di una laurea, che usano pc e tablet, che sono quotidianamente connessi e dunque tutt'altro che distanti dall'impressionante mole di informazioni e dalle innumerevoli finestre sul mondo che il web ci offre.

Persone che animano i gruppi sopracitati, postando video, interviste e link, con i quali invitano gli altri iscritti a stare alla larga dalla 'medicina tradizionale', a non fidarsi dei medici, a non comprare 'farmaci chimici' -come se i preparati omeopatici o l'aria che respiriamo fossero privi di questa maledetta e pericolosa 'chimica'-, a non vaccinare i bambini, a mangiare 'naturale'. Emerge così il problema principale: queste persone sono sì informate, ma totalmente incapaci di discernere tra fonti affidabili e fonti non affidabili, oltre che impreparate ad affrontare articoli scientifici: e dunque capita che citino titoli comparsi su PubMed, statistiche, studi ignari del contesto in cui andrebbero collocati, del modo in cui bisognerebbe interpretarli, finanche riportando sintesi e commenti trovati altrove, senza sapere davvero di cosa stiano parlando (e la medicina, si sa, è quanto di più complesso esista, ma a quanto pare bastano Google e Wikipedia per spalancare le porte del sapere). 

Questo tipo di analfabetismo, che definirei una sorta di "analfabetismo di ritorno", è tristemente diffuso e porta a imprevedibili e incontrollabili sclerotizzazioni del dibattito. Soprattutto perché, al di là dei titoli dei giornali più diffusi e sotto gli occhi di tutti, ci sono purtroppo una miriade di altri articoli che circolano, in cui si riportano informazioni inesatte, incomplete e scientificamente infondate, che alimentano con enorme facilità tutta quella serie di comportamenti visceralmente ostili alla 'medicina tradizionale'.

Su Alessandra, per esempio: sul sito RomagnaMamma.it è stato pubblicato un articolo in cui un'amica di Alessandra Tosi, tale Alessandra Piastra Calise, racconta di come la Tosi non si sia curata con ricotta e ortiche, ma con il Metodo Di Bella. Così, il messaggio che passa è: ok, decotti e formaggi non curano, ma il Di Bella sì. E se Alessandra è morta non è certo perché ha rifiutato la chemio.

E invece sì. Purtroppo, le cose stanno proprio così e se non è deplorevole che esista la libertà di espressione e di parola, che consente a chiunque di scrivere (ME COMPRESA), è certo deplorevole che le mamme che seguono RomagnaMamma leggano l'intervista e che buona parte di loro non sarà in grado di capire quante assurdità ci siano, facendosi un'idea inappropriata di come funziona la scienza, di cos'è una cura e di cosa può salvare oggi -a volte, è chiaro, purtroppo non sempre- dal cancro

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