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Aspettando la riforma della Giustizia – Giudici

Continua l’attesa della riforma del sistema giudiziario e continua a dare spunti di riflessione il testo Giustizia – La parola ai magistrati, editore Laterza, Euro 16,00, curato dal dottor Livio Pepino, magistrato ed ex presidente di Magistratura Democratica. Questa volta è Matilde Brancaccio, consigliere presso la prima sezione penale della Corte di Cassazione, a parlarci di Giudici.

Il suo saggio ha una impostazione didattica e questo lo rende prezioso. L’autrice ci porta per mano fra magistratura ordinaria, magistratura speciale e magistratura onoraria; ci parla di magistratura giudicante e di magistratura requirente; ci spiega la differenza fra giudice collegiale e giudice monocratico; lo stesso per giudici di merito e giudici di legittimità.

Poi tanti numeri: dai 10.151 magistrati previsti dalla legge, ai 9.078 magistrati effettivamente in servizio (con molte Procure ad lì presso dall’esporre il cartello «chiuso per mancanza di magistrati»); dai 41.419 Euro lordi annui di stipendio per un magistrato di recente assunzione, ai 150.051 di un magistrato dopo 28 anni di servizio; sino agli 1.168.044 procedimenti definiti nel 2006 a fronte dei 864.231 definiti in Germania, dei 655.737 definiti in Francia, dei 437.000 definiti in Russia e dei 388.317 definiti in Spagna. Ed anche il numero degli amministrativi nella pianta organica della Giustizia, ridotta da un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 dicembre 2008 dal preesistente numero di 47.238 a quello di 43.702.

Insomma, una vera e propria miniera di dati sul mondo della giustizia e di notizie sulla sua organizzazione, che rendono questo saggio di sicura utilità per tutti gli studenti di ogni indirizzo (sempre che si voglia riformare la scuola in modo che educhi e prepari i cittadini di domani, cosa di cui attualmente si disinteressa allegramente).

Una nota di particolare interesse contiene il giudizio dell’autrice sulle cause dell’attuale intollerabile (sono parole sue) lentezza dei processi:

a) Una legislazione sostanziale e processuale troppo di frequente negli ultimi anni oggetto di modifiche, spesso incoerenti fra loro e con il sistema;

b) Una costante tendenza all’aumento della domanda di giustizia per effetto del moltiplicarsi e del complicarsi delle istanze sociali ed economiche ;

c) Il mancato adeguamento della geografia giudiziaria a criteri di efficienza e organizzazione;

d) Le scarse risorse e le riduzioni di bilancio e di personale amministrativo.

Fra i numeri, uno che resta impresso è relativo al processo civile: il numero di processi civili contenziosi per 100.000 abitanti è in Italia da 2 a 4 volte più alto dei Paesi europei. In effetti il vostro cronista può testimoniarvi che, nel mondo dell’imprenditoria, l’appuntamento con il proprio avvocato è la norma quotidiana per tanti operatori economici. Eppure i tempi della giustizia sono tali che nessuna azienda può andare avanti facendo affidamento su di essa, anzi le discrasie del sistema giudiziario sono il principale fondamento dei fenomeni corruttivi, che tanta parte hanno nel nostro Paese. E’ di tutta evidenza che un imprenditore, se non può fra alcun affidamento sulla funzione giudiziaria nel suo rapporto con la controparte, cercherà un’altra via disponibile, ad esempio quella della corruzione; a meno di non vedersi costretto a chiudere la propria attività. Questo è quello che succede nel nostro Paese in tanti ambienti in misura più o meno grave, senza esclusione alcuna nel Meridione.

Come è possibile la contemporaneità di due fatti che, a prima vista, sembrano così contraddittori? Come è possibile una tanta insistenza nell’adire il sistema giudiziario, se esso non fornisce risposte adeguate in tempi compatibili con l’attività economica? Non è facile trovare una risposta. Certamente andrebbe studiato il percorso che porta al ricorso in sede giudiziaria dei contenziosi, secondo le principali categorie in cui questi ultimi possono essere catalogati. E non dovrebbe essere marginale un altro numero, quello degli avvocati (riportato nel saggio Difesa di Paolo Borgna contenuto nello stesso volume), pari a circa 200.000 unità a fronte dei circa 21.000 dell’anno 1947; con circa metà di loro che vive con nomine d’ufficio (ad esempio di Giudice di Pace) e grazie al patrocinio per i non abbienti pagato dallo Stato. Così come non dovrebbe essere marginale l’assoluto disinteresse del mondo dell’istruzione a formare correttamente i cittadini di domani, ponendoli anche nella condizione di evitare con consapevolezza inutili, costose e sovente temerarie azioni giudiziarie.

Il tempo trascorre serenamente e proficuamente nella lettura del saggio di Matilde Brancaccio, anche perché non vi è molto d’altro da fare: politica e media, in tema di giustizia, hanno trovato un nuovo argomento di cui occuparsi, ossia la signorina Ruby e le sue partecipazioni alle feste di Arcore. Se continua così sarà possibile completare tranquillamente la lettura del testo Giustizia – La parola ai magistrati, curato dal dottor Livio Pepino.

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