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Articolo 18 tra scioperi e rassicurazioni del Capo dello Stato

Di fronte al successo dello sciopero indetto dalla FIOM a cui hanno partecipato anche lavoratori iscritti a CISL e UIL (nei cortei si son viste anche le loro bandiere), sintomo di una partecipazione non isolata, ma convinta.

Con il consenso delle segreterie locali e di fronte alla sollevazione da parte dei lavoratori, i segretari di questi sindacati hanno cominciato a fare marcia indietro. Mentre alla fine dell'incontro avevano espresso parere tutto sommato positivo, ora cominciano a farsi venire i mal di pancia. Non si conosce ancora il testo definitivo, quello che uscirà dal Cdm, quindi non si può dare un giudizio di merito né sul testo riguardante le modifiche all'articolo 18, né su quello che tratta degli ammortizzatori sociali.

Certo però si conosce e da tempo, o almeno io conosco due cose:

1) l'operazione verrà fatta a saldo negativo per i lavoratori, cioè, a ben sperare, il totale dell'attuale costo sarà sicuramente inferiore e spalmato anche su quei lavoratori che oggi erano privi di una qualche forma di protezione. Quindi si preleva ricchezza e si distribuisce povertà. Lo Stato non ci metterà un euro. E badate che si sta parlando di assistenza, cosa che negli altri Paesi europei viene fatta a totale carico della fiscalità. Solo nel nostro Paese questi fondi sono prelevati dalla previdenza, che è salario differito. Con la scusa dell'equità e della precarietà si preleveranno soldi dalle casse dei lavoratori, si ridurranno i diritti degli stessi e si aumenterà la precarietà, questa volta però distribuita su tutti i lavoratori.

2) Quest'operazione non ha assolutamente nessuno dei motivi addotti. Non c'è nessun legame fra articolo 18 e crescita nè tanto meno fra questo e la precarietà. A tal proposito, basta ricordare che la precarietà è stato introdotta con la famosa legge Treu e l'art.18 c'era già. Prima di quella data la precarietà non esisteva, vi era sì il lavoro nero, ma questo non è certo diminuito, anzi è aumentato.

Non c'è quindi nessun legame causa ed effetto. Sono altre le cause che legano precarietà, lavoro nero e recessione del Paese. Ma questo è ormai tanto evidente che persino a Napolitano è scappato di dire: "Quello delle crisi aziendali è il problema più drammatico, le aziende chiudono e i lavoratori rischiano di perdere il posto", ha spiegato. E tutto ciò succede non a causa "dell'articolo 18 ma attraverso il crollo delle attività produttive". Ecco perché, secondo Giorgio Napolitano, "bisogna puntare soprattutto a nuovi investimenti, sviluppi e nuove iniziative in cui possano trovare sbocco soprattutto i giovani". Poi però si è morso la lingua. "Taci boccuccia mia se no qui perdiamo la causa", avrà forse pensato.

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