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“Apriti Sesamo live”: Battiato tra musica e letteratura

Il cantautore siciliano, in giro per l'Italia con il suo “Apriti Sesamo live”, venerdì 26 luglio è a Salerno all'Arena del Mare. 

Bisognerà prima o poi decidersi ad aprire un piccolo, ma significativo, capitolo della storia della letteratura italiana contemporanea dedicato al rapporto che lega Franco Battiato e i narratori di questo Paese.

In forme più o meno articolate, più o meno esplicite, inizia a diventare sempre più centrale e significativo l’omaggio che molti scrittori rendono al cantautore catanese, da Giuseppe Genna a Wu Ming 1 a Tommaso Pincio. Del resto, altrettanto significativa è la collaborazione ventennale che lega Battiato a un poeta e filosofo come Manlio Sgalambro, uniti dalla fede nella potenzialità di testi complessi, che richiedono uno sforzo interpretativo e una attenzione sempre viva dell’ascoltatore, e che riescono però nel miracolo di fuggire – proprio grazie al rigore con cui sono costruiti – dal disordine e dall’oscurità, e di suscitare picchi emotivi sorprendenti e vitali.

Ascoltare un disco di Franco Battiato significa, non solo intercettare le tematiche tragiche del contemporaneo, ma avanzare contemporaneamente nell’unico orizzonte di salvezza che il musicista siciliano sembra voler indicare da tempo come sola possibile luce: l’intelligenza delle cose, la grazia, la piena comprensione della bellezza che si annida nella realtà.

E una occasione per verificare lo stato dell’arte e della poesia di Franco Battiato è data dal tour “Apriti Sesamo live”, che prosegue per tutta l’estate e che stasera farà tappa a Salerno, dove il sessantottenne artista catanese sarà in concerto alle 21 all’Arena del mare, in piazza della Concordia (i biglietti, ancora disponibili, costano da 35 a 65 euro. Per informazioni si può chiamare il 3387936968).

E proprio come nella grotta traboccante di ori e pietre preziosa della fiaba persiana di Alì Babà e i 40 ladroni – chiaro e evidente riferimento del titolo dell’ultimo disco e del tour di Battiato – così, con questo nuovo lavoro, il musicista siciliano ha completato quel processo di squadernamento della forma-canzone che lo ha condotto, nei dieci brani inediti che compongono l’album, a un uso di quella struttura come se si trattasse di un contenitore, un forziere, appunto, da cui gemmano materiali e colori e forme le più disparate. E per spiegare questo concetto non è necessario ascoltare per intero il disco, basta pescare un brano a caso.

Caliti junku”, per esempio, la traccia numero sette. Uno spettro linguistico che va dal latino al vernacolo siciliano (“Caliti junku, chi passa la china”, ovvero “Aspetta che passi la piena, verrà il tuo momento”) all'inglese. Un tappeto sonoro che mescola arie antiche con il pop e la musica classica. Una citazione musicale da Gluck e dal suo “Orfeo ed Euridice”. Perfino una manciata di accordi che ricordano “Gloria” di Umberto Tozzi, condito dalla citazione di McLuhan "La forma è sostanza". Come in certi quadri del periodo cubista si usavano incollare sulla tela pezzi di giornale, baffi finti, frammenti di tubi di stufa ecc., così Battiato ci dice che è sempre vano il tentativo di materializzare il pensiero e l’immaginario in una forma fissa, sia pure la più mobile e sensibile delle forme come la canzone.

Che cosa ascolterà dunque il pubblico di Salerno? Probabilmente, una delle più originali operazioni culturali figlie di un postmoderno scatenato e irrefrenabile, che ha capito che la forma è il movimento stesso della vita, e che solo una forma senza forma – una forma morbida, anzi liquida – riesce a modellare il respiro fuggevole dell’esistenza di fronte al disagio della contemporaneità. Sì, bisognerà presto occuparsi del rapporto tra Franco Battiato e i modi dello scrivere e del narrare dei nostri tempi.

 

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