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Anche il lavoro è una conquista

La società dei “diritti” esiste solo se esiste al contempo quella dei “doveri”, altrimenti è solo la “società dei privilegi”, un autentico pericolo per la coesione sociale

Che Babbo Natale non esista l’ho scoperto ormai da molti anni, ahimé. Sono state le vicende della vita, quelle stesse vicende che tutti noi in varia misura abbiamo vissuto, che ci hanno insegnato, nostro malgrado, che le cose del mondo, grandi o piccole che siano, devono essere necessariamente conquistate con fatica, che ogni più piccolo passo può essere ottenuto solo col sudore della fronte. Nulla è gratis e dal momento che l’uomo, per sua natura ambisce al meglio, e che il meglio, per sua natura è limitato, allora la competizione è inevitabile.

Questo è ciò che la mia generazione ha imparto, e cioè che i diritti, qualunque essi siano, non esistono per imposizione divina, e se un diritto non ha per contrappeso un dovere è allora un privilegio, un sopruso. Non esiste nessuna scorciatoia al rigore di bilancio fra il dare e l’avere sociale. Neppure la libertà e la democrazia sono merci che si trovano spontaneamente in natura, ma sono diritti ai quali ogni cittadino può oggi liberamente accedere proprio grazie ai sacrifici che i nostri padri hanno largamente profuso in passato ma, soprattutto, all’impegno personale ed attivo che ognuno di noi è chiamato a proferire, qui ed ora. Chi pensa il contrario non solo si illude ma nega un fondamentale principio della convivenza sociale, il principio secondo il quale ognuno di noi è chiamato a contribuire alla casa comune in ragione delle proprie possibilità, o meglio, ha il dovere di contribuire attivamente e con impegno.

Per noi che ormai da decenni calchiamo la polvere del palcoscenico sembra tutto questo assolutamente ovvio, banale, un insieme di frasi qualunquiste e generiche ma sta di fatto che assistere oggi all’esplodere di rivendicazioni di diritti di ogni tipo un po’ mi rattrista, o meglio mi sorprende perché non si vede su quale piatto siano posti i corrispondenti doveri. Il diritto alla pensione, al lavoro, il diritto alla casa, alla sanità, all’istruzione, tutto sembra religiosamente dovuto, sacrificato sull’altare di un vittimismo ormai senza freni, una pratica del resto ben nota e grandemente abusata dalle italiche coscienze. E’ questo che il ministro Fornero ha forse tentato di spiegare recentemente, affermando che “il lavoro è una conquista”, sollevando un mare di polemiche, un sintomo inequivocabile del degrado dei valori della nostra comunità.

Forse sarà che nella società dell’opulenza la parola “dovere” è decisamente fuori moda, o forse che intere generazioni, abituate ormai a divorare il “virtuale”, poco sopportano la puzza della fatica vera, lontana anni luce dall’immagine accattivante del villaggio globale, sfavillante, eroticamente disponibile, facile da possedere con un semplice clic del mouse. E sarà forse per questo che pifferai, imbonitori, funamboli della comunicazione hanno oggi così ampio seguito, sarà forse per questo che troppi si accalcano sgomitando per salire sulla giostra delle illusioni, forse per ingenuità, forse per convenienza. Sta di fatto che l’operazione chirurgica per anestetizzare il corpo sociale è perfettamente riuscita.

Comunque perfino la manna è alfine caduta dopo averla faticosamente invocata, figuriamoci il resto, e devo anche confessarvi che purtroppo è ormai certo; Babbo Natale non esiste, e se qualcuno accerta il contrario non esiti a farcelo sapere.

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