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Ai nostri futuri rappresentanti politici: analisi e proposta per migliorare il sistema riabilitativo

La Sanità rappresenta uno dei maggiori target della spesa pubblica in tutto il Paese.

Purtroppo però, nonostante il sistema sanitario italiano continui a essere uno dei migliori al mondo, in numerose condizioni esso non soddisfa le reali necessità dei pazienti e delle loro famiglie.

L’analisi che segue riguarda in particolare la situazione sanitaria nella Regione Toscana.

 

Un elemento critico è rappresentato dalla presa in carico in fase cronica di tutte le condizioni, innate o acquisite, che comportino una disabilità neuro-motoria e/o neuro-cognitiva, dalla paralisi cerebrale infantile agli esiti di ictus, lesione del midollo spinale o trauma cranico, dalla sclerosi multipla alle demenze o alla malattia di Parkinson.

E’ indubbio che tali situazioni, ognuna nella sua specificità, richiedano la presenza di un team multiprofessionale che miri a soddisfare i bisogni del paziente nella sua globalità fisica, psichica, affettiva, sociale, relazionale. Il team presuppone alcune componenti fisse, quali il medico fisiatra, gli infermieri, i fisioterapisti, gli operatori tecnici dell’assistenza, i terapisti occupazionali, lo psicologo, l’assistente sociale, e altre componenti variabili in base alle esigenze funzionali, come il logopedista, il tecnico ortopedico, l’educatore professionale, il nutrizionista.

Negli ultimi anni, in questo come in altri settori sanitari, la condizione economica dei cittadini torna ad essere un determinante fondamentale della salute; il divario tra ricchi e poveri nel poter accedere alle cure, che si era ristretto grazie alla conquista nel 1978 del Servizio Sanitario Nazionale universale, ha ricominciato ad allargarsi significativamente: chi può pagare si rivolge a strutture private che forniscono prestazioni migliori e con un più breve tempo di attesa.

Nel nostro Paese esistono strutture riabilitative di elevato profilo professionale, dove da molti anni si applicano metodi scientificamente riconosciuti in grado di consentire, ad esempio, a soggetti con lesione midollare incompleta di recuperare la deambulazione. Naturalmente tali metodi richiedono la presenza continua, intensiva e duratura di fisioterapisti opportunamente formati, che instaurino con il singolo paziente, con un rapporto di 1:1, una relazione di collaborazione, intesa, fiducia. I risultati, osservati in primo luogo dal paziente stesso, costituiranno un continuo incentivo a progredire nel recupero della funzionalità per la vita quotidiana. La presenza di molti operatori, altamente formati, e disponibili a svolgere molte ore di intensivo lavoro al giorno con lo stesso paziente, comporta comprensibilmente un aumento dei costi rispetto alle prestazioni comunemente fornite negli ambulatori del SSN, nei quali uno stesso fisioterapista tratta più pazienti al giorno, per non più di mezzora ciascuno, spesso usufruendo dei macchinari, senza peraltro garantire quella continuità terapeutica che consentirebbe di osservare progressi e limiti del percorso riabilitativo intrapreso. 

Analogamente, le strutture extra-ospedaliere che accolgono soggetti con grave cerebrolesione acquisita spesso sono costrette, visti gli elevatissimi costi di degenza, a ridurre le proprie prestazioni alla mera funzione residenziale, dove è garantito ai pazienti nient’altro che nutrizione e igiene personale -la sopravvivenza-, mentre il mondo scientifico ha ormai dimostrato quanto sia importante un ambiente ricco di stimoli specificamente studiati e di richiami alla realtà familiare per ottimizzare un eventuale recupero anche parziale delle funzioni cognitive, e quindi della partecipazione alla vita sociale.

Infatti, strutture riabilitative cui le Regioni riconoscono la convenzione, che possono quindi ospitare anche soggetti le cui famiglie non avrebbero un reddito tale da potersi permettere cure private, non sempre garantiscono quelle prestazioni necessarie per il mantenimento delle abilità acquisite dal soggetto durante la degenza in fase subacuta di malattia.

Analoghe considerazioni meritano i “cicli di riabilitazione”, al termine dei quali però il paziente non presenta visibili vantaggi rispetto alla situazione d’ingresso. La scarsità di risorse economiche e professionali, e la brevità del tempo a disposizione dei cicli convenzionati determinano una inadeguata proposta riabilitativa da parte delle strutture pubbliche, che non modifica né l’autonomia nelle attività di vita quotidiana del paziente, né la qualità di vita percepita.

Data la sostanziale insufficienza delle risposte offerte dal SSN alle condizioni di disabilità cronica, molti pazienti che non dispongono di risorse economiche tali da potersi rivolgere alle strutture private, si affidano all’ultima spiaggia: la “richiesta di autorizzazione cure all’estero”. Questo, quando è concesso, comporta incommensurabili spese per la Regione dove risiede il paziente, che si ritrova a dover finanziare prestigiose strutture private di meritata fama internazionale, quale il Centro di Neuroriabilitazione LKH Hochzirl-Natters dell’Ospedale di Innsbruch.

 

Non sarebbe allora meglio che ogni Regione investisse i propri fondi per:

  1. migliorare le prestazioni erogate dalle proprie strutture pubbliche,
  2. consentire la convenzione a quelle strutture italiane di eccellenza attualmente private?

Invece i continui tagli dei finanziamenti destinati alla sanità hanno portato da un lato ad un blocco del turnover del personale, dall’altro a una riduzione dei posti letto, soprattutto per le lungodegenze e la riabilitazione.

Inoltre, Governo e Regioni mirano a “ridurre le prestazioni inappropriate” erogate in regime di assistenza specialistica ambulatoriale e in regime di ricovero di riabilitazione, al preciso fine di ridurne significativamente i costi. Al di fuori delle condizioni di erogabilità, infatti, le prestazioni sono poste a totale carico dell’assistito. All’atto della prescrizione, il medico deve riportare al lato della prestazione prescritta l'indicazione della condizione di erogabilità. Grazie a controlli ad hoc, qualora risulti che un medico prescriva una prestazione al di fuori delle condizioni citate e adduca per questo motivazioni insoddisfacenti, l'azienda sanitaria locale o l’azienda ospedaliera adotterà i provvedimenti di competenza, applicando una riduzione del trattamento economico accessorio per il personale medico dipendente del SSN o degli incentivi legati al raggiungimento degli obiettivi di qualificazione e appropriatezza per il personale medico convenzionato.

In ambito riabilitativo, questi provvedimenti comportano una restrizione del numero dei ricoveri ospedalieri ai casi di evento acuto o sub-acuto e una riduzione della loro durata.

Se da un lato i tagli agli sprechi nella spesa sanitaria sono indispensabili per la nostra economia, dall’altro lato risparmiare sulla riabilitazione significa prolungare la disabilità, e quindi l’assenza dal lavoro del paziente (talora permanentemente) ma anche dei suoi familiari; significa aumentare la richiesta di figure assistenziali (“badanti”), con conseguente riduzione delle disponibilità economiche della famiglia, ovvero dei suoi consumi, per non parlare del clima di impotenza e malinconia che si abbatte per sempre sui congiunti di un soggetto che ha perso l’autonomia nelle attività della vita quotidiana e che non tornerà mai più come prima, per il quale, in caso di necessità, non esiste una figura sanitaria di riferimento cui potersi rivolgere con tranquillità.

 Ma ridurre i costi non deve equivalere a ridurre la qualità di un settore medico.

Tutti i cittadini, a prescindere dal proprio reddito, devono poter accedere alle migliori strutture sanitarie riabilitative, e queste ultime devono poter usufruire della convenzione con la rispettiva Regione, purché dimostrino di fornire una prestazione funzionalmente utile ai pazienti. La soluzione potrebbe essere data da un controllo super partes, inter-regionale, da parte di esperti di provata competenza nel campo riabilitativo, che testino periodicamente, senza preavviso, non la carta dei servizi del centro, ma la documentazione oggettiva del recupero funzionale ottenuto nel singolo paziente, raccolta mediante registrazioni video, interviste agli utenti e ai familiari, questionari di autovalutazione, visite fisiatriche a campione dei pazienti con somministrazione di scale cliniche funzionali. Auspicabile un incontro annuale tra le diverse figure professionali di tutti i centri riabilitativi di Italia per presentare ciascuno i risultati dei propri metodi riabilitativi, condividendo così il frutto delle proprie esperienze sul territorio.

Tale sistema incentiverebbe le strutture ad un continuo aggiornamento e ottimizzazione delle risorse –professionali e strumentali- al fine di garantire il massimo recupero funzionale possibile nel più breve tempo. La soddisfazione degli utenti che ne deriverebbe, addizionata alla possibilità di disporre delle prestazioni mediante ticket, costituirebbe il miglior carburante per promuovere il lavoro in team dei professionisti sanitari e ridurne il burn out, mentre le strutture attualmente inappropriate si troverebbero costrette ad auto-adeguarsi alle necessità del loro compito.

 

Loredana Cavalli

Medico Fisiatra

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