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A proposito di cattocomunisti: gli stipendi dei conduttori vanno nei titoli di coda

A proposito di cattocomunisti: gli stipendi dei conduttori vanno nei titoli di coda

Mentre il premier tuona contro la “Costituzione cattocomunista”, la Vigilanza Rai decide, con i voti di maggioranza ed opposizione, di inserire nel nuovo contratto di servizio un pregevole emendamento sudamericano, che prevede che alla fine dei programmi vengano trasmessi i compensi dei conduttori, degli ospiti nonché i costi dei format dei programmi di servizio pubblico, comprese trasmissioni di approfondimento e tg. Saranno inoltre trasmessi i compensi dei conduttori dei programmi non di servizio pubblico. Una genialata che servirà per titillare quella famosa “invidia sociale” che Silvio Berlusconi denuncia da sempre.

Il motivo è intuitivo, tranne che per la Vigilanza: indicare solo i compensi dei conduttori ma non i ricavi prodotti dalla trasmissioni (il margine di contribuzione) è un perfetto non senso. Giovanni Floris percepisce 400.000 euro annui? Si, ma sostiene (fino a prova del contrario) che un solo blocco pubblicitario di una puntata di Ballarò copra i suoi compensi. Se in questo paese governato da una destra peronista con la fattiva collaborazione di una sinistra arcaica, economicamente analfabeta e ideologicamente egualitarista vi fosse una pagina sul sito della Rai in cui viene calcolato, per ogni trasmissione, il margine di contribuzione ai costi fissi aziendali (sommando quindi compensi delle star, ma anche retribuzioni delle loro redazioni e detraendo il totale di costo dagli introiti pubblicitari), si avrebbe la migliore comprensione possibile di quanto “valore” le singole trasmissioni producono per le casse della Rai, cioè per i contribuenti.

Quanto è il “rendimento” di Ballarò o di Annozero a fronte, ad esempio, della trasmissione di Gianluigi Paragone o di quella futura di Maurizio Belpietro? Queste sono le domande a cui si deve rispondere. Invece abbiamo questa emerita idiozia, con il denaro nell’abituale ruolo bipartisan di “sterco del demonio”, che produrrà solo populismo e demagogia come armi surrettizie per liberarsi di conduttori non amati a Palazzo Chigi-Grazioli. E per soprammercato, metteteci pure lo sforzo titanico di Mauro Masi, la cui mission è ormai quella di distruggere definitivamente la Rai, pronto a rilanciare Santoro (fuori mercato, con tutta probabilità), pur di farlo uscire dal servizio pubblico.

Perché a noi italiani è la Costituzione che ci frega, signora mia.

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