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A L’Aquila si muore nei cantieri della ricostruzione

Nella provincia di L’Aquila negli ultimi mesi sono accaduti numerosi infortuni sul lavoro: in un mese e mezzo due operai romeni hanno perso la vita.

 

Il 1° maggio, festa dei lavoratori, Vasil Copil di 51 anni stava eseguendo lavori di ricostruzione di un’abitazione danneggiata dal sisma a Rocca di Cambio. La magistratura ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo e violazione delle norme di sicurezza, cinque persone sono state iscritte nel registro degli indagati. Vasil ha fatto un volo di dieci metri. La maggior parte degli infortuni nell’edilizia avvengono per cadute dall’alto, proprio perché non viene utilizzata l’imbragatura.
 
Il 13 giugno, Vasile Gradinaru, 43 anni, è morto a Montereale mentre stava eseguendo lavori di ristrutturazione di una casa danneggiata dal sisma. L’uomo è stato investito da una ruspa guidata da un collega. Il mezzo si sarebbe ribaltato e le cause potrebbero essere due: errore umano nell’esecuzione della manovra o un ostacolo sul percorso.
 
Ma quel mezzo era idoneo per lo spazio a disposizione per l’esecuzione dei lavori? La magistratura ha disposto l’avviso di garanzia nei confronti di due persone per omicidio colposo. Ancora una volta si teme che la causa sia la sottovalutazione della sicurezza sul lavoro.

Oggi L’Aquila è il cantiere più grande d’Europa e i tecnici della Asl, che si occupano dei controlli sui luoghi di lavoro, sono sott’organico. Inoltre è cambiato lo scenario in cui si opera. Lavorare in un centro storico di una città, un comune dove ci sono spazi grandi è diverso rispetto a luoghi terremotati, a centri storici dove non ci sono nemmeno vie di fuga.

E’ auspicabile che i comuni, la provincia, la regione diano sostegno a corsi di formazione sulla sicurezza sul lavoro e le imprese debbano avere tale certificazione vincolata alla presenza dei corsi (non solo teoria ma anche pratica) per poter eseguire i lavori. 

Gli enti locali e/o chi si occupa di approvare i progetti per la ricostruzione potrebbero chiedere ai loro tecnici di fare sopralluoghi per capire quali siano i mezzi d’opera idonei per l’esecuzione dei lavori. Inoltre ci sarebbe bisogno di un monitoraggio, con l’aiuto delle forze di polizia, nei cantieri, affinché vengano chiusi quelli che risultano irregolari (con particolare attenzione alle ditte subappaltatrici). Sono piccoli gesti che possono salvare la vita delle persone. Non è accettabile morire sul lavoro per ricostruire distruzione, che probabilmente è stata causata dalla stessa incuria dell’uomo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.217) 16 giugno 2012 15:28

    Gli aquilani oggi, e purtroppo gli emiliani domani, stanno pagando lo scotto della cd ricostruzione, la quale, anziché configurarsi nei dovuti interventi post terremoto, è stata barattata come concessione. Come contropartita clientelare. In questo senso depone l’esodo in pullman verso Roma per manifestare in favore del ducetto di allora nel chiaro intento di conquistarne i favori. Ora l’emotività contingente si è dissolta ed essi sono rimasti con le pive nel sacco. Questo capita quando quel che è dovuto come diritto per il versamento dei relativi contributi in favore della ricostruzione, viene confuso con la concessione clientelare. Purtroppo, si ripete il vecchio e inguaribile male italiano!

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