A L’Aquila si muore nei cantieri della ricostruzione
Nella provincia di L’Aquila negli ultimi mesi sono accaduti numerosi infortuni sul lavoro: in un mese e mezzo due operai romeni hanno perso la vita.
Oggi L’Aquila è il cantiere più grande d’Europa e i tecnici della Asl, che si occupano dei controlli sui luoghi di lavoro, sono sott’organico. Inoltre è cambiato lo scenario in cui si opera. Lavorare in un centro storico di una città, un comune dove ci sono spazi grandi è diverso rispetto a luoghi terremotati, a centri storici dove non ci sono nemmeno vie di fuga.
E’ auspicabile che i comuni, la provincia, la regione diano sostegno a corsi di formazione sulla sicurezza sul lavoro e le imprese debbano avere tale certificazione vincolata alla presenza dei corsi (non solo teoria ma anche pratica) per poter eseguire i lavori.
Gli enti locali e/o chi si occupa di approvare i progetti per la ricostruzione potrebbero chiedere ai loro tecnici di fare sopralluoghi per capire quali siano i mezzi d’opera idonei per l’esecuzione dei lavori. Inoltre ci sarebbe bisogno di un monitoraggio, con l’aiuto delle forze di polizia, nei cantieri, affinché vengano chiusi quelli che risultano irregolari (con particolare attenzione alle ditte subappaltatrici). Sono piccoli gesti che possono salvare la vita delle persone. Non è accettabile morire sul lavoro per ricostruire distruzione, che probabilmente è stata causata dalla stessa incuria dell’uomo.
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