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Persio Flacco

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Ultimi commenti

  • Di Persio Flacco (---.---.---.188) 4 ottobre 2013 23:46

    Il sionismo attuale è una organizzazione ideologicamente nazionalista presente nel mondo contemporaneo che influenza notevolmente le politiche attuate dai governi occidentali in Medio Oriente: un’area cruciale per gli equilibri mondiali. E non solo queste.

    Una realtà che, quindi, dovrebbe entrare in tutte le analisi che vengono svolte sugli accadimenti di quell’area, e non solo, la cui influenza, invece, viene sistematicamente ignorata dai più.

    Il fatto che quasi tutti quelli che nel mainstream analizzano certe tematiche la ignorino fa apparire in una luce particolare quelli che invece gli attribuiscono la considerazione che merita: come fosse una loro ossessione immotivata. Una ossessione solo apparentemente immotivata ma, per questo, anche "sospetta", essendo contigua all’ebraismo.

    L’ambiguità elusiva del sionismo e la sua contiguità col mondo ebraico sono le sue migliori difese contro la luce della critica. Il sionismo non dichiara apertamente il suo manifesto ideologico nazionalista: lo maschera sotto lo schermo generico della difesa di Israele, usando senza remore tutte le leve che la storia ebraica gli mette a disposizione. Ciò non toglie che tutte le sue articolazioni, in tutti i contesti, promuovono coerentemente una immagine di Israele, di quale debba essere il suo destino e il suo compito storico, secondo un programma ideologico e pratico ultranazionalista e messianico. Ripeto: non ci sono manifesti ideologici che lo rendano esplicito, a provare questo indirizzo sono i fatti, i comportamenti, le scelte su come e dove indirizzare le pressioni sugli attori coinvolti.

    Ehud Olmert, l’ultimo dei leader israeliani che ha tentato di opporsi al corso imposto dal sionismo alle politiche israeliane, disse più volte pubblicamente che occorreva rinunciare "al sogno del Grande Israele" (http://www.repubblica.it/2006/c/sez...) confortato dalla volontà della maggioranza degli israeliani. 

    Non è riuscito a tradurre in concretezza questo proposito: come Rabin e Sharon prima di lui è stato interrotto prematuramente (per sua fortuna, in modo incruento) tuttavia ha fatto in tempo a segnalare al mondo dichiarandolo esplicitamente, cosa più unica che rara, l’esistenza di un obiettivo nazionalista-messianico che si prefigge di concretizzare il comandamento divino che assegna agli ebrei una porzione di terra ben più grande di quella che il sionismo di Herzl, laicamente e politicamente, ritenne idonea per il nuovo Stato. 

    E quando mai nei congressi del WZO è stato teorizzato un programma di questo genere? Mai. Tuttavia, se si esaminano gli atti concreti della lobby sionista, nel loro insieme risultano coerenti con questo obiettivo e non con altri. Di certo non è compatibile con l’obiettivo di raggiungere un accordo di pace con i palestinesi e con gli arabo islamici in genere.

    E questo, ripeto, a prescindere dalla volontà dei cittadini israeliani e della stragrande maggioranza degli ebrei della Diaspora.

    In tutto questo ci sono due aspetti che personalmente ritengo deleteri. Il primo, odioso, è che l’immagine della feccia nazionalistico messianica si sovrapponga sempre di più all’immagine dell’ebraismo: questo lo trovo intollerabile. 

    Il secondo è che Israele, sotto l’influenza del sionismo, ha finora perso tutte le occasioni per garantirsi un futuro sereno e rischia di perdere anche l’ultima. 
    Così come era folle l’idea degli zeloti di sconfiggere Roma, la superpotenza dell’antichità, con gli scarsi mezzi del piccolo Israele, con ciò causando la distruzione del Tempio e duemila anni di traversie al popolo ebraico, allo stesso modo è folle l’idea che Israele possa contrapporsi a centinaia di milioni di arabo islamici che lo circondano e alla volontà del mondo intero, che vorrebbe veder terminare il conflitto con tutte i suoi squallidi e spesso criminali risvolti quotidiani.

    Io credo che questi due motivi giustifichino ampiamente il mio interesse per il sionismo attuale.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 4 ottobre 2013 16:24

    Completamente d’accordo. Bell’articolo: complimenti.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 3 ottobre 2013 09:12

    Giusto, la frase suona ipocrita.
    Avrei dovuto scrivere: Con tutto il rispetto per l’estensore dell’articolo: non ha capito nulla di quello che avviene in Siria. Oppure è in perfetta malafede.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.219) 2 ottobre 2013 22:02

    Non replico perché la definizione di “commento” è molto diversa da quella di “dibattito".
    Pazienza, passerò il tempo stilando un elenco dei suoi obiettivi preferiti:
    - la definizione "razionalista" (o comunque non fagioliana) di essere umano;
    - la Chiesa Cattolica;
    - l’Unità;
    - Erdogan, in quanto islamico e anti-kemalista.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.219) 2 ottobre 2013 21:33

    Indubbiamente molti tra quelli che in Siria si battono contro il regime autoritario di Bashar al-Assad sono convinti di lottare per la democrazia, la libertà, i diritti umani. Come è altrettanto certo che molti dei libici che si sono battuti per rovesciare il regime di Gheddafi avessero le stesse motivazioni. Ma anche gli egiziani che sono scesi in piazza per chiedere la destituzione di Morsi ne erano convinti. E’ facile illudersi che tutto ciò che avviene in Siria nasce in Siria, che non vi siano interessi esterni che influenzano gli eventi, che i movimenti interni abbiano motivazioni limpide e univoche. Ciò che è accaduto in Libia e in Egitto: la prima riportata al feudalesimo tribale, il secondo al regime militare, testimonia purtroppo che l’entusiasmo, le buone intenzioni di alcuni, le speranze di libertà e democrazia di molti, possono facilmente diventare uno strumento di manipolazione delle masse nelle mani di poteri con priorità che prescindono da queste nobili aspirazioni.

    Nel febbraio 2012 la Siria ha varato la nuova costituzione. La nuova carta costituzionale sancisce la fine del partito unico, stabilisce il limite di due mandati alla carica presidenziale, ribadisce la laicità dello Stato e la tutela delle minoranze, riconosce le libertà fondamentali del cittadino.

    Quelli che fino ad allora si erano battuti per la libertà e la democrazia avevano vinto su tutta la linea, sarebbero potuti scendere nelle strade a proclamare la loro piena vittoria: il regime aveva aderito alle loro richieste e decretato la sua fine.

    Niente di tutto questo è avvenuto: i potenti "amici" stranieri della Siria, i sedicenti alfieri della democrazia e della libertà, hanno immediatamente rifiutato la vittoria dei loro protetti e continuato ad alimentare il conflitto facendo passare in Siria il peggio dell’integralismo islamico.

    A maggio dello stesso anno si sono svolte le elezioni politiche, alle quali i siriani che si battevano per la democrazia e la libertà avrebbero potuto partecipare realizzando in concreto le loro aspirazioni.

    Di nuovo, niente di tutto questo: i potenti "amici" stranieri della Siria, attraverso i loro fantocci, hanno immediatamente rifiutato di attuare quello che formalmente era il loro scopo: realizzare le aspirazioni dei siriani alla democrazia e alla libertà. Non hanno nemmeno preso in considerazione la possibilità di pretendere dal regime la correttezza delle consultazioni, l’ONU non ha inviato osservatori, non ha chiesto di presidiare i seggi né di assistere ai conteggi. I potenti "amici" della Siria, i promotori della libertà e della democrazia, non hanno minacciato il regime siriano di usare la forza se non avesse garantito la regolarità del voto. Hanno semplicemente rifiutato che libertà e democrazia prendessero corpo e sostanza in Siria.

    Nel 2014 sono fissate le elezioni presidenziali, in quella occasione il popolo siriano ha la possibilità di dare il benservito a Bashar al-Assad democraticamente.
    I potenti "amici" della Siria potrebbero schierare le loro portaerei e i loro missili intimando al regime di garantire la libera e democratica espressione del voto ai siriani, col supporto della Russia e col plauso di tutto il Mondo, Cina compresa. 

    Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU non negherebbe l’autorizzazione all’uso della forza per questo fine, e ad Assad sarebbe offerta la scelta tra la distruzione manu militari o sottoporsi alla sovranità popolare. Sono certo che non lo faranno, perché ai potenti "amici" stranieri della Siria, ai sedicenti alfieri della libertà e della democrazia, non è questo che interessa.

    Né interessa loro la difesa della popolazione civile e dei diritti umani: quante atrocità, quante distruzioni, quanto odio insanabile è stato sparso in Siria dal 2012 ad oggi a causa del rifiuto della via democratica alla risoluzione del conflitto? A fine 2012 le vittime del conflitto assommavano a circa 40.000, ad oggi sono circa 115.000. Il rifiuto della via democratica scelto dai potenti "amici" della Siria ha causato 75.000 morti e distruzioni a non finire. Può interessare a costoro la sorte della popolazione civile? No, evidentemente.

    Con tutto il rispetto per l’estensore dell’articolo: o non ha capito nulla di quello che accade in Siria o è in perfetta malafede.

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