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Persio Flacco

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Ultimi commenti

  • Di Persio Flacco (---.---.---.140) 8 novembre 2013 23:58
    La propaganda "sionista" quando punta un bersaglio agisce per gradi: un po’ distorce, un po’ nasconde, un po’ esagera, un po’ riduce, un po’ mente: lasciando al grado successivo il compito di portare un po’ più avanti l’opera di denigrazione.
    A lei è toccato il compito di rinforzare su questo mezzo di comunicazione l’idea che Ovadia abbia lasciato la sua comunità (un passo grave per un ebreo) per basse questioni di interesse commerciale o di ambizione delusa.

    In tali casi conviene sempre sentire direttamente il bersaglio.


    MONI OVADIA
    08.11.2013
    Lunedì scorso tramite un’intervista chiestami dal Fatto Quotidiano, ho dato notizia della mia decisione definitiva di uscire dalla comunità ebraica di Milano, di cui facevo parte, oramai solo virtualmente, ed esclusivamente per il rispetto dovuto alla memoria dei miei genitori. A seguito di questa intervista il manifesto mi ha invitato a riflettere e ad approfondire le ragioni e il senso del mio gesto, invito che ho accolto con estremo piacere. Premetto che io tengo molto alla mia identità di ebreo pur essendo agnostico. 

    Ci tengo, sia chiaro, per come la vedo e la sento io. La mia visione ovviamente non impegna nessun altro essere umano, ebreo o non ebreo che sia, se non in base a consonanze e risonanze per sua libera scelta. Sono molteplici le ragioni che mi legano a questa «appartenenza». 
    Una delle più importanti è lo splendore paradossale che caratterizza l’ebraismo: la fondazione dell’universalismo e dell’umanesimo monoteista - prima radice dirompente dell’umanesimo tout court - attraverso un particolarismo geniale che si esprime in una "elezione" dal basso. Il concetto di popolo eletto è uno dei più equivocati e fraintesi di tutta la storia. 
    Chi sono dunque gli ebrei e perché vengono eletti? Il grande rabbino Chaim Potok, direttore del Jewish Seminar di New York, nel suo «Storia degli ebrei» li descrive grosso modo così : «Erano una massa terrorizzata e piagnucolosa di asiatici sbandati. Ed erano: Israeliti discendenti di Giacobbe, Accadi, Ittiti, transfughi Egizi e molti habiru, parola di derivazione accadica che indica i briganti vagabondi a vario titolo: ribelli, sovversivi, ladri, ruffiani, contrabbandieri. Ma soprattutto gli ebrei erano schiavi e stranieri, la schiuma della terra». Il divino che incontrano si dichiara Dio dello schiavo e dello Straniero. E, inevitabilmente, legittimandosi dal basso non può che essere il Dio della fratellanza universale e dell’uguaglianza. 
    Non si dimentichi mai che il «comandamento più ripetuto nella Torah sarà: Amerai lo straniero! Ricordati che fosti straniero in terra d’Egitto! Io sono il Signore!» L’amore per lo straniero è fondativo dell’Ethos ebraico. Questo «mucchio selvaggio» segue un profeta balbuziente, un vecchio di ottant’anni che ha fatto per sessant’anni il pastore, mestiere da donne e da bambini. Lo segue verso la libertà e verso un’elezione dal basso che fa dell’ultimo, dell’infimo, l’eletto - avanguardia di un processo di liberazione/redenzione. Ritroveremo la stessa prospettiva nell’ebreo Gesù: «Beati gli ultimi che saranno i primi» e nell’ebreo Marx: «La classe operaia, gli ultimi della scala sociale, con la sua lotta riscatterà l’umanità tutta dallo sfruttamento e dall’alienazione». 
    Il popolo di Mosé fu inoltre una minoranza. Solo il venti per cento degli ebrei intrapresero il progetto, la stragrande maggioranza preferì la dura ma rassicurante certezza della schiavitù all’aspra e difficile vertigine della libertà. 
    Dalla rivoluzionaria impresa di questi meticci «dalla dura cervice», scaturì un orizzonte inaudito che fu certamente anche un’istanza di fede e di religione, ma fu soprattutto una sconvolgente idea di società e di umanità fondata sulla giustizia sociale. 
    Lo possiamo ascoltare nelle parole infiammate del profeta Isaia. Il profeta mette la sua voce e la sua indignazione al servizio del Santo Benedetto che è il vero latore del messaggio: «Che mi importa dei vostri sacrifici senza numero, sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso dei giovenchi. Il sangue di tori, di capri e di agnelli Io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede da voi che veniate a calpestare i Miei Atri? Smettete di presentare offerte inutili, l’incenso è un abominio, noviluni, sabati, assemblee sacre, non posso sopportare delitto e solennità. I vostri noviluni e le vostre feste io li detesto, sono per me un peso sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, Io allontano gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere, Io non ascolto. Le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova».( Isaia I, cap 1 vv 11- 17). 
    Il messaggio è inequivocabile. Il divino rifiuta la religione dei baciapile e chiede la giustizia sociale, la lotta a fianco dell’oppresso, la difesa dei diritti dei deboli. Un corto circuito della sensibilità fa sì che molti ebrei leggano e non ascoltino, guardino e non vedano. Per questo malfunzionamento delle sinapsi della giustizia, i palestinesi non vengono percepiti come oppressi, i loro diritti come sacrosanti, la loro oppressione innegabile. 
    Qual’è il guasto che ha creato il corto circuito. Uno smottamento del senso che ha provocato la sostituzione del fine con il mezzo. La creazione di uno Stato ebraico non è stato più pensato come un modo per dare vita ad un modello di società giusta per tutti, per se stessi e per i vicini, ma un mezzo per l’affermazione con la forza di un nazionalismo idolatrico nutrito dalla mistica della terra, sì che molti ebrei, in Israele stesso e nella diaspora, progressivamente hanno messo lo Stato d’ Israele al posto della Torah e lo Stato d’Israele, per essi, ha cessato di essere l’entità legittimata dal diritto il internazionale, nelle giuste condizioni di sicurezza, che ha il suo confine nella Green Line, ed è diventato sempre più la Grande Israele, legittimata dal fanatismo religioso e dai governi della destra più aggressiva. Essi si pretendono depositari di una ragione a priori. 
    Per questi ebrei, diversi dei quali alla testa delle istituzioni comunitarie, il buon ebreo deve attenersi allo slogan: un popolo, una terra, un governo, in tedesco suona: ein Folk, ein Reich, ein Land. Sinistro non è vero? Questi ebrei proclamano ad ogni piè sospinto che Israele è l’unico Stato democratico in Medio Oriente. Ma se qualcuno si azzarda a criticare con fermezza democratica la scellerata politica di estensione delle colonizzazioni, lo linciano con accuse infamanti e criminogene e lo ostracizzano come si fa nelle peggiori dittature. 
    Ecco perché posso con disinvoltura lasciare una comunità ebraica che si è ridotta a questo livello di indegnità, ma non posso rinunciare a battermi con tutte le mie forze per i valori più sacrali dell’ebraismo che sono poi i valori universali dell’uomo.

    http://www.ilmanifesto.it/attualita...
     
  • Di Persio Flacco (---.---.---.88) 27 ottobre 2013 20:29

    Replico solo a questo perché mi sembra importante farlo.

    << Un tempo non avrebbe creduto possibile che degli ebrei picchiassero un manifestante per il semplice fatto che gli ebrei non hanno mai picchiato un manifestante. >>

    No, non è per questo. E’ per il fatto che quello era un giovane di sinistra, non un fascista, e se la memoria storica conta qualcosa non avrebbe dovuto essere considerato un nemico da quelli che stavano a guardare. E’ per il fatto che quelli che lo hanno malmenato non sono "ebrei che si difendono": da cosa si stavano difendendo, quale minaccia rappresentava quel ragazzo? Somigliano invece ad un manipolo di picchiatori fascisti, allenati ed esperti nella tecnica dello scontro fisico, usi a prendere in mezzo "nemici" isolati e picchiarli per impartire loro una lezione, non per ciò che hanno fatto ma per ciò che sono. E questo non è apparso ingiusto agli spettatori, che infatti non sono intervenuti.

    << Piuttosto – a partire dal 700 avanti cristo – così ripassiamo un po’ di storia – fino al 1948, gli ebrei le hanno solo prese. Sempre e da tutti. Non è vittimismo, è storia. Ma, contrariamente a molti altri, solo dopo millenni, solo dopo le vicende della prima metà del novecento – che in altri commenti vengono negate - la reazione si è fatta sentire.>>

    Vede come l’ideologia "sionista" agisce in modo subdolo ma efficace? L’autodifesa è un diritto naturale: non ha bisogno di giustificazioni perché vi si faccia ricorso. Lei invece la giustifica con un tipico argomentare revanscista e nazionalista: citando le violenze ricevute in passato dagli ebrei.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.23) 26 ottobre 2013 21:30

    << Chissà come mai a nessuno viene in mente che un ebreo possa "sentirsi" ebreo semplicemente perché le sue tradizioni (dal modo di rapportarsi agli altri, alla cucina, alla musica, alla sessualità, a tutto quello che vi pare) e la sua cultura o anche (per chi sia credente) la sua religione sono - banalmente, semplicemente, senza astio o contrapposizioni - diversa da quella di altri popoli all’interno dei quali egli vive, avendone "anche" assimilate alcune caratteristiche pur mantenendo le sue. Ma davvero è così difficile da capire ? >>

    Temo che lei abbia in mente uno stereotipo. I goyim non sono tutti uguali, non hanno tutti lo stesso rapporto con gli ebrei.
    Io, ad esempio, dagli ebrei ho imparato molto: uno lo considero il mio secondo padre, un maestro di vita; un altro è stato il mio amico del cuore ai tempi del liceo; con altri ho un rapporto professionale fatto di reciproca e cordiale stima. Figuriamoci se io voglio disconoscere le specificità della cultura ebraica: dallo stile di vita, al modo di rapportarsi agli altri, ad ogni altro peculiare aspetto dell’essere nel mondo da ebrei. 
    Prima che mi rinfacci di avere io in mente uno stereotipo dico subito che non pretendo che gli ebrei siano tutti come quelli che ho conosciuto, né ignoro che certe qualità possano accompagnarsi ad una certa quota di stronzaggine e a difetti umani di vario genere.
    E’ dunque esattamente il contrario di quello che lei pensa: non voglio (ma ovviamente non dipende da me e non posso fare altro che parlarne) che una ideologia merdosa, come è l’ultranazionalismo, avveleni e corrompa ciò che ho ammirato e amato. Eppure è ciò che sta avvenendo.
    Un tempo avrei dato del pazzo e del bugiardo a chi mi avesse detto che una ventina di ebrei del Ghetto di Roma ha assistito senza intervenire al pestaggio di un giovane di sinistra da parte di un manipolo di picchiatori "sionisti". Eppure è successo. E se mi avessero raccontato di ciò che ebrei fanno in Palestina sarebbe stato lo stesso. Eppure succede.
    Ora non mi stupisco più: il "sionismo" (lo metto tra virgolette per marcare la differenza col Sionismo di Herzl) è perfettamente compatibile con queste azioni: i "sionisti", gli ultranazionalisti, queste cose le fanno: è il loro stile.

    In tutti i popoli presso i quali è diventato egemone l’ultranazionalismo ha cambiato profondamente i caratteri culturali e il quadro di riferimento etico delle persone, con poche differenze tra l’uno e l’altro caso. E in tutte le nazioni l’ultranazionalismo è lievitato poggiandosi sulla retorica dell’emergenza esistenziale per la Nazione, insidiata da quelli descritti come nemici esterni animati da un odio implacabile e ingiusto e da traditori interni; del revanscismo che nasce dall’immagine della Nazione offesa, vessata da crudeli nemici; della Nazione che rivendica, secondo giustizia, il posto che le spetta di diritto per la Storia, o mandato divino, o continuità di sangue, o qualsiasi altra cosa che sia eterna e non soggetta a valori o principi superiori estranei.

    Chi indossa questo abito è come se indossasse un’uniforme: si tratti di ebrei, italiani, tedeschi, spagnoli si assomigliano tutti.
    Glielo ripeto: lei non si rende conto di quello che sta avvenendo.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.155) 25 ottobre 2013 22:57

    << E’ il caso dell’ "antisionismo sionista" di cui parla ampiamente Atzmon e che si può riassumere in questo modo:
    - noi "ebrei" possiamo dividerci su tutto e militare nei campi più disparati, ed anche sulla opportunità o meno di essere a favore o contro una legge anti-negazionista, ma in ogni caso il nostro essere ebrei viene prima ogni altra cosa e sopra ogni altra cosa.
    Ecco dunque che vi sono gli ECO, gli Ebrei Contro l’Occupazione, dove si sente la necessità di qualificarsi "ebrei", quando altri non avvertono il bisogno di dirse Dentisti contro l’Occupazione...>>

    C’è un motivo per questo. Da anni ormai è in atto un processo intenzionale che tende a sovrapporre l’immagine del sionismo a quello dell’ebraismo. Sionismo ed ebraismo non sono e non saranno mai la stessa cosa: per questo è necessario qualificarsi come ebrei per quelli che si oppongono a questo processo. Il sionismo, come ogni altro movimento ultranazionalista, pretendere di rappresentare il vero ebreo, come il Fascismo pretendeva di rappresentare il vero italiano. Come ci si sarebbe potuti opporre al meglio alla pretesa fascista se non qualificandosi come italiani e antifascisti? Lo stesso vale per quelli che qualificandosi come ebrei avversano il sionismo.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.36) 20 ottobre 2013 19:49

    << 1 - "Perché quindi sembra che la Shoah sia diventata una tragedia solo ebraica?"
    Lo sterminio nazista non è una tragedia solo ebraica, non risulta che qualcuno l’abbia mai detto. >>

    Figuriamoci se qualcuno è così ingenuo da dirlo. Lo si fa accadere e basta.

    << Ma la Shoah (termine che indica lo sterminio degli ebrei) >>

    Ho usato questo termine perché, come dicevo sopra, lo Sterminio nazista è diventato sinonimo di Sterminio degli ebrei.

    << lo è perché solo per lo sterminio degli ebrei si è proceduto con modalità ideologiche particolari e non ancora chiarite: la shoah è "unica" non perché gli ebrei sono le uniche vittime di uno sterminio (ovviamente), ma perché la logica sterminatoria era "unica" in quanto rispondeva a paradigmi non applicabili ad altri. In altre parole era "unica" la mentalità nazista nei confronti degli ebrei. >>

    Il Nazismo afferma la superiorità della "razza" ariana, di conseguenza afferma l’inferiorità delle altre "razze" e il dovere prioritario di salvaguardare la purezza ariana dalla loro contaminazione. Gli ebrei in Germania erano tedeschi, parte della storia e della cultura tedesca, ma razzialmente inferiori, diversi. Una cosa intollerabile per i nazisti. Basta questo per giustificare il motivo per cui agli ebrei è stato riservato l’impegno maggiore nello Sterminio. Naturalmente sono stati usati tutti gli stereotipi negativi sugli ebrei per dare maggiore supporto al progetto di genocidio: da quelli di matrice cattolica a quelli di origine popolare.

    << 2 - "La punizione collettiva ad esempio, o la negazione dei diritti civili di milioni di persone, sono una pratiche riconducibili ai principi del Nazismo che Israele pone in essere da decenni"
    No, queste sono pratiche di qualsiasi stato autoritario ma non sono affatto caratterizzanti il nazismo. Hai un’idea del nazismo molto riduttiva. Come Odifreddi che prende le 300 vittime delle Fosse Ardeatine per concludere che il rapporto fra le vittime era di 10 a 1. Da cui deduceva poi che Israele era peggio dei nazisti perché il rapporto fra le vittime di Piombo Fuso era peggiore. Naturalmente basta cambiare il paradigma (prendere ad esempio il ghetto di Varsavia dove il rapporto fu di 5000 a 1) per far cadere tutta l’impalcatura "logica".>>

    Quello che non cade, al di la delle proporzioni numeriche, è il fatto che venga ritenuto legittimo e moralmente accettabile punire una intera comunità per punire le azioni commesse da alcuni suoi membri. Questo significa che si ritengono collettive le colpe dei singoli, che è una intera categoria umana ad essere ritenuta colpevole: bambini, donne, vecchi, uomini pacifici compresi.
    Poco importa se a definire la categoria umana che si ritiene legittimo punire sia la "razza" o la cultura o l’aspetto fisico o altro; quello che conta è che si ritiene passibile di punizione chiunque ne faccia parte per il solo fatto che ne fa parte, non per le sue responsabilità o caratteristiche individuali.
    Non a caso gli atti conseguenti a questo modo di vedere le cose sono considerati criminali secondo la nostra civiltà giuridica.

    Ancora. Se si ritiene una categoria umana, diversa da quella di cui si fa parte, collettivamente responsabile allora si vede anche la categoria umana di cui si è parte come collettivamente e moralmente legittimata a punirla. Questo ci porta molto vicino ai principi del Nazismo che hanno fondato lo Sterminio di intere categorie umane per colpe o caratteristiche collettive. La differenza è più quantitativa che qualitativa. 
    E’ la sua conoscenza del Nazismo ad essere riduttiva mi pare.

    << 3 - "Celebrare il proprio ruolo di vittime del Nazismo per nascondere certe contiguità con esso significa strumentalizzare la Shoah, e questo è immorale e detestabile"
    Negare il ruolo di vittime del Nazismo agli ebrei per negare la legittimità dello stato di Israele "significa strumentalizzare - in negativo - la Shoah, e questo è immorale e detestabile".>>

    Sono due cose non in relazione tra loro. Al solito: per stornare le accuse verso certe tattiche comunicative del regime sionista è d’uopo accusare chi le muove di avere altre intenzioni con la tecnica dello straw man.
    Io non nego affatto che gli ebrei siano stati vittima del Nazismo e non ci penso nemmeno a negare legittimità allo stato di Israele. Dove lo ha letto?

    << Proporre di vietare per legge le teorie negazioniste è sbagliato, illiberale e controproducente. >> D’accordo.

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