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Persio Flacco

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Ultimi commenti

  • Di Persio Flacco (---.---.---.4) 26 settembre 2013 00:11

    Commento telegraficamente per non incappare nei suoi strali.

    << Distacco che va inteso come "svuotamento dell’anima da tutti i contenuti che derivano dall’io, cioè dall’attività della creatura, che in modo del tutto illusorio può produrre alcunché di simile al divino, dal momento che è un puro nulla, al confronto del tutto di Dio". >>

    E’ esattamente il contrario: solo recuperando la genuina essenza del proprio Io, liberato dai gravami del futile, si può sperimentare l’unione con l’Uno. L’Io non è affatto "puro nulla", al contrario: essendone parte è il nesso con l’Uno (o con dio, per chi è credente).

    Gesù definirebbe questo processo: diventare come bambini.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.34) 21 settembre 2013 19:56

     Credo d’aver capito che Persio sostenga che è possibile l’esistenza di un creatore anche in assenza di creato . -

    Veramente sostenevo esattamente il contrario (sostituendo "creato" con "cio che esiste", ovviamente).

  • Di Persio Flacco (---.---.---.34) 21 settembre 2013 18:24

     Caro Persio , possiamo anche perderci in speculazioni filosofiche all’infinito, ma stringi stringi il tutto si riduce alla affermazione che Dio esiste perché è l’unico modo per dare una spiegazione all’esistenza del mondo che ci circonda . Insomma il trascendente è necessario per spiegare l’esistenza del reale. -

    Non per me. "Prima" e "dopo" sono concetti relativi che hanno senso per noi, che siamo parte della successione di eventi che costituisce l’Universo, così come sono relativi e hanno senso nello stesso contesto concetti come distanza, tempo, dimensione. Ad esempio, chiedersi cosa c’è oltre il limite dell’Universo è una domanda assurda: oltre il limite dell’Universo non c’è il "nulla", perché questa risposta attribuisce artificiosamente la qualità di esistenza a qualcosa che per definizione non la possiede.
    Dio e il trascendente sono risposte dello stesso tipo: sono concetti artificiosi e vuoti che hanno la sola funzione di illudere chi esiste solo all’interno di un flusso di eventi di poter attribuire la qualità dell’esistenza a ciò che per definizione non la possiede. E’ lo stesso genere di limite intrinseco alla matematica. Nella realtà il Mondo è incomputabile, lo diventa solo stabilendo verità assurde. Ad esempio che la retta si estende all’infinito. Se si rigetta questo postulato allora non rimane che una retta finita o una retta chiusa, come un cerchio o un’ellisse.

    In tutti e due i casi diventa impossibile la misura di qualsiasi segmento. In particolare nel secondo caso diventa impossibile misurare la circonferenza e ogni sua parte giacché il raggio sarebbe un arco, la cui misura è impossibile per lo stesso motivo. E qui ci si potrebbe sbizzarrire nell’ipotizzare la natura di Pi greco, che racchiude in se questa impossibilità. 
    Ma anche la serie dei numeri naturali si fonda su concetti assurdi, o meglio: incompatibili con la realtà fisica, giacché la serie dei naturali presuppone l’esistenza di un "vuoto" tra l’uno e l’altro numero, mentre nella realtà fisica nessun ente può essere privo di relazioni: sarebbe inconcepibile e impercepibile se lo fosse.

    Dio e il trascendente sono quindi necessari quanto lo sono la retta euclidea e la separazione tra i numeri naturali per rigettare la necessità dell’approssimazione, per coltivare l’illusione di poter esattamente determinare ciò che è assolutamente determinato e assolutamente indeterminabile.

    Ciò non esclude la possibilità che esistano uno o più super esseri dei quali però non percepiamo la presenza, come un neurone non può né percepire né concepire la realtà dell’intelligenza manifestata dal cervello di cui è parte.

    - Ma per non ingenerare un paradosso ,ovvero per evitare di dover rispondere alla domanda chi ha creato Dio e poi chi ha creato il creatore di Dio ecc....,si deve assumere come assioma che Dio esiste da sempre (indipendenza temporale). Insomma che è una entità non legata alla dimensione spazio temporale(cronotopo)cosi’ come noi la percepiamo. Quindi Dio esisteva anche quando non c’era nulla ,ovvero quando l’Universo ancora non esisteva (prima del Big Bang ). -

    Ripeto, a mio parere si tratta di un ragionamento assurdo.

    - La domanda aurea quindi è se dal nulla può essersi formato il tutto . Secondo Stephen Hawking e le recenti teorie cosmologiche non è possibile escluderlo a priori ,anzi sembrerebbe del tutto probabile .In sostanza anche una discontinuità nel nulla può innescare effetti gravitazionali ,esattamente come avviene in presenza di massa reale.Da una discontinuità puntiforme è scoccata la scintilla che ha creato l’Universo. D’altra parte i concetti temporali di prima e dopo sono legati alla nostra percezione in presenza di eventi fisici reali. Se non c’è alcun evento fisico non ha alcun senso parlare del prima o del dopo . Pertanto se dire cosa c’era prima del Big Bang non ha alcun senso ciò esclude l’estenza di un creatore perché bisognerebbe accettare l’idea che creatore e creato si sono determinati nello stesso istante , contraddicendo però il concetto di consequenzialità tra creatore e creato(paradosso ) . -

    Si, di paradossi ne vengono fuori parecchi stabilendo certi concetti ausiliari che sono autocontraddittori all’origine.

    - P.S.La vera difficoltà della fisica è quella di elaborarae una " teoria del tutto" (TOE),ovvero una formulazione matematica che riunisca tutti i tipi di interazione esistenti .Un’unica legge che descriva tutti i fenomeni fisici . Ma al momento mettere insieme meccanica quantistica e relatività generale , ovvero combinarle in un’unica teoria coerente con entrambe è ancora da divenire , si spera che un giorno ...... -

    Per come io concepisco la realtà del mondo fisico direi che questo è impossibile, a meno di non abbandonare l’illusione di poter determinare esattamente qualcosa.

    Tornando alla mistica, a mio parere essa non richiede necessariamente il concetto del divino: la contemplazione dell’Io nell’Uno è una esperienza possibile anche all’ateo.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.78) 20 settembre 2013 21:43
    - Mi limito a tracciare un percorso - rileggendo e cercando di dare un senso agli articoli pubblicati in successione da Repubblica - per capire in che modo le riflessioni dei vari personaggi coinvolti nel dialogo concorrano nel comporre il quadro socio-culturale in cui vivremo tutti nel futuro prossimo venturo. Cambiamenti in corso, si direbbe, di ampia portata. -

    Ah, pensavo le interessasse la materia trattata negli articoli.
    Ma se è interessato a capire in quale quadro socio-culturale vivremo ha sbagliato soggetto: avrebbe dovuto considerare l’evoluzione dei rapporti economici non ciò che elaborano teologi, Papi, mistici, anziani fondatori di giornali.

    Quanto a papa Bergoglio capisco la sorpresa di molti: è un papa cristiano, o almeno cerca di comportarsi come tale. Il Conclave deve essersi reso conto che la Chiesa Cattolica stava facendo maturare i tempi o per il sorgere un nuovo Lutero o per cambiare la ragione sociale in comitato d’affari.

    - Grazie per aver contenuto la sua vena partecipativa. -

    Dovere.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.78) 20 settembre 2013 20:15

    L’argomento è molto interessante ma terribilmente complesso da trattare, specialmente in sede di commento. Svolgo solo alcune veloci osservazioni.

    Se si intende la mistica come esperienza di annullamento dell’io nell’Uno allora è vero che sarebbero escluse quelle correnti di pensiero spirituale nel quale è posto come fondamento l’alterità tra l’uno e l’altro. Ma, a mio parere, l’annullamento dell’io è un autoinganno non necessario: l’esperienza mistica può essere infatti più realisticamente formulata come la contemplazione dell’io nell’Uno. D’altra parte sarebbe difficile ammettere l’azione del contemplare senza un soggetto che contempla.

    La cosa interessante è che questa esperienza può essere anche fondata razionalmente sulla base di certi presupposti, nel senso che la percezione dell’io nell’Uno corrisponde ad una realtà fisica razionalmente fondabile ed empiricamente dimostrabile. Non è semplice formulare il concetto, ma se ogni cosa che esiste è in relazione necessaria con ogni altra cosa che esiste allora tutto ciò che esiste partecipa ad un unicum. 
    L’intuizione di Francesco d’Assisi è questa, intuizione che è divenuta accettazione totale di questa condizione dell’essere.

    Da questo dunque discende che l’Io può essere descritto come epifenomeno dell’Uno. L’Io è nell’Uno, e non può non esservi, ma non è l’Uno. Dunque non è necessario, ed è sbagliato, ipotizzare l’annullamento dell’Io per poter contemplare l’Uno. La stessa intelligenza che osserva se stessa è un prodotto del continuo flusso di fenomeni che animano l’Uno, che è interamente fisico.

    Le difficoltà che incontra la fisica a descrivere fenomeni che sono prossimi ai limiti della materia derivano a mio parere dalla impossibilità di separare dentro confini assoluti qualsiasi sistema fisico. Soprattutto è impossibile farlo con gli strumenti della matematica così come oggi è concepita, dal momento che un sistema matematico che si basa su assiomi che non tengono conto di questa realtà unitaria non possono descrivere relazioni che sorgono in essa. Ma questo sarebbe ancora più lungo trattarlo.

    Volevo invece accennare velocemente al focus dell’articolo. Ho letto i Vangeli da ateo, dunque con gli occhi dello scettico, ma senza preclusioni, per quanto è possibile.

    La mia conclusione è che Gesù era un mistico nel senso che dicevo sopra. Certo, per arrivare a questa conclusione occorre considerare come inutili orpelli miracoli, prodigi, genealogie ecc.
    La voce di Gesù la si ritrova particolarmente in quello che sorprende, e anche scandalizza, discepoli e pubblico. Quello che ne esce è il pensiero di un uomo che ha la profonda coscienza di sé come parte dell’Uno e che tenta, con efficacia devo dire, di comunicare agli uomini questa loro condizione. Lo fa insegnando come viverla coerentemente e come percepirla interiormente.

    Confesso che alcuni dei suoi insegnamenti mi hanno dato filo da torcere, ad esempio quello di porgere l’altra guancia, ma alla fine credo di essere riuscito a capire la sua profonda coerenza.
    Occorre prendersi la responsabilità del Male, ma non per acquisire meriti agli occhi di Dio, occorre farlo per affermare la comunione con l’Uno e con ogni cosa che vi partecipa anche a chi, ignorandola, la nega. L’amore di cui parla Gesù è dunque la coscienza della realtà della comunione tra tutto ciò che esiste e, tanto più, tra gli uomini.

    Mi fermo per non incappare nelle sue proteste.

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