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Yanis Varoufakis: perché ho votato "NO"

di Yanis VAROUFAKIS

[Traduzione di Luigi Brancato dell’articolo delle dichiarazioni di Yanis Varoufakis, in inglese, di Thepressprojectinternational ]

Ho deciso di entrare in politica per una ragione: supportare Alexis Tsipras nella sua battaglia contro la schiavitù del debito. Da parte sua , Alexis Tsipras mi ha onorato reclutandomi per un motivo: una particolare interpretazione della crisi basata sul rifiuto del dogma Papakonstantinos; vale a dire, la visione secondo la quale nello scegliere tra un fallimento anarchico e dei prestiti tossici, i secondi son sempre preferibili.

Si tratta di un dogma che ho respinto come una minaccia costante, che ha contribuito al rispetto di norme che garantiscono il fallimento permanente e alla fine, conducono alla schiavitù del debito.
Mercoledì sera (15 aprile n.d.r.), mi è stato chiesto in parlamento di scegliere tra
(a) abbracciare il dogma sopracitato votando a favore del documento che i nostri “partner” hanno imposto ad Alexis Tsipras all’Eurosummit come dei golpisti e con un’aggressività inimmaginabile, o (b) dire “no” al mio primo ministro.

Il Primo Ministro ci ha chiesto “Il ricatto è reale o è una farsa?», esprimendo un dilemma orribile che peserebbe sulla coscienza di chiunque – anche la sua. Chiaramente, il ricatto era reale.
La sua “realtà” mi ha colpito inizialmente quando il 30 gennaio, J. Dissjenbloem mi ha fatto visita nel mio ufficio per pormi la scelta drastica tra “memorandum o banche chiuse”. Sapevamo fin dall’inizio quanto sarebbero stati spietati i creditori.

E tuttavia abbiamo deciso basandoci su quello che abbiamo continuato a ripeterci l’un l’altro durante quelle lunghe notti e giorni al quartier generale del primo ministro:
“Faremo tutto ciò che serve per portare a casa un accordo finanziariamente sostenibile. Scenderemo a compromessi, ma non ci comprometteremo. Faremo un passo indietro il minimo indispensabile per garantire un accordo-soluzione all’interno dell’ eurozona. Tuttavia, se saremo sconfitti dalle politiche catastrofiche del memorandum ci dimetteremo e passeremo il comando a coloro che credono in tali mezzi; lasceremo applicare al loro queste misure mentre noi torniamo in piazza.”

Il Primo Ministro ha chiesto mercoledì: "Esiste un’alternativa?” Io ho valutato che sì, c’era.
Ma non mi soffermerò su questo adesso. Non è il momento opportuno. Ciò che è importante è che la notte del referendum il Primo Ministro era convinto che non vi fosse alcuna alternativa.
Ed è per questo che mi sono dimesso, per facilitare le trattative di Bruxelles e permettergli di tornare con le migliori condizioni possibili.

Ma questo non significa che ci saremmo impegnati automaticamente a far rispettare tali misure qualsiasi esse fossero! Il Primo Ministro, alla riunione parlamentare di mercoledì ci ha chiesto di decidere insieme, di condividere le responsabilità. Corretto. Ma come fare?

Un modo poteva essere quello di agire, tutti insieme, come avevamo detto più volte avremmo fatto in caso di sconfitta. Avremmo dichiarato che eravamo stati ricattati, avremmo annunciato di avere in mano un accordo che consideravamo non accettabile e avremmo chiesto a tutti quei politici che avrebbero giudicato l’accordo potenzialmente valido, indipendentemente dal loro partito, di formare un governo per fare rispettare le misure.

Un altro modo sarebbe stato quello di fare come suggeriva il Primo Ministro: proteggere il primo governo di sinistra, se necessario facendo rispettare un accordo – il prodotto di un ricatto – che il primo ministro stesso considera impossibile.
Entrambi gli aspetti del dilemma erano ugualmente spietati per tutti noi.

Come Alexis Tsipras ha giustamente annunciato, nessuno ha il diritto di far finta che la scelta gravi sulle proprie coscienze più che su quelle di chiunque altro – sia esso il primo ministro o qualche altro membro del governo.

Di conseguenza, questo non significa affatto che chi ha deciso che il governo dovesse far rispettare l’accordo “impossibile” fosse guidato da un più forte senso di responsabilità rispetto a quelli che tra noi si erano resi conto che avremmo dovuto lasciar perdere e lasciare l’applicazione dell’accordo a quei politici che credevano nella trattativa.

Tsakalotos ha perfettamente catturato la realtà del tutto quando, parlando al Parlamento, ha detto che coloro che credono che al governo di SYRIZA non debba essere affidato il compito di far rispettare questo accordo, hanno argomenti altrettanto convincenti di coloro i quali credono che il governo di SYRIZA sia in debito con il popolo di far rispettare questo cattivo affare in modo da evitare un fallimento anarchico.
Nessuno di noi è più “anti-memorandum”, ma nessuno di noi è nemmeno “più” responsabile degli altri.

Semplicemente, quanti ti trovi davanti ad una scelta così difficile, sotto la pressione della dannata Coalizione dei poteri internazionali, è accettabile che alcune fasce scelgano un metodo e alcune l’altro. In queste condizoni sarebbe criminale per una delle parti chiamare gli altri “traditori” e per gli altri di etichettare i precedenti come irresponsabili.

Attualmente, in mezzo a controversie sul significato, l’unità di SYRIZA e delle persone che hanno creduto in noi, concedendoci il 61,5%, è l’obiettivo principale. E l’unico modo per assicurarsene è riconoscere le rispettive argomentazioni, tenendo presente come un assioma che il gruppo che si oppone ha intenzioni che sono altrettanto buone, responsabili e rivoluzionarie.

Detto questo, il motivo per cui ho votato “NO” mercoledì scorso è semplice: avremmo dovuto consegnare il mandato, come avevamo detto che sarebbe successo, a chi sa guardare negli occhi della gente e dire ciò che noi non potevamo affermare: “L’accordo è difficile ma può essere raggiunto in modo da lasciare spazio alla speranza di recuperare ed invertire la catastrofe umanitaria”.

Un governo di sinistra non può promettere all’Europa ciò che sa non sarà in grado di fornire.
Il bene fondamentale che il governo di SYRIZA deve proteggere è la promessa che avevamo ripetuto durante tutte le nostre visite alle capitali europee: a differenza degli altri, noi non promettemmo nulla (ad esempio un certo avanzo primario), che non può essere realizzato.
D’altra parte, un governo di sinistra non ha il diritto di saccheggiare ancora le vittime di una crisi lunga cinque anni, senza, per lo meno, essere in grado di rispondere affermativamente alla domanda:
“Avete almeno compensato le misure recessive?”.

Molti dei miei colleghi chiedono: "Non è meglio per noi restare in carica? Noi che ci preoccupiamo per la gente e con buone intenzioni combattiamo corruzione e oligarchia?”
Sì, è meglio. Ma quali strumenti ci sono rimasti? La decisione dell’ Eurosummit stabilisce e promuove la completa mancanza di controllo sociale sulle banche mentre la società sarà caricata con altri 10-25 miliardi di debito per sostenerle.

E come se non bastasse, abbiamo la creazione di un “uber”-HRADF (Hellenic Republic Asset Development Fund), che prenderà una volta per tutte il controllo completo di tutti i beni pubblici, privando la Repubblica ellenica di tutti i vantaggi gestionali. Ed esattamente come dovrebbe essere possibile controllare l’austerità quando la troika, con chiare indicazioni dall’ ELSTAT (Hellenic Statistical Authority) -abbiamo abbandonato il controllo di quest’ultimo Mercoledi – determinerà da sola l’avanzo primario?

E quando la dura realtà dei risultati di questa ritrovata austerità albeggia sulla società, quando vecchi e giovani in ugual misura finiscono per strada o rimangono a casa e marcire nella disperazione di fronte a tali misure, queste persone – le persone di cui abbiamo discusso finora – chi ci sara’ sulla scena politica a rappresentarli?
Potrà essere lo stesso partito che ha portato queste stesse misure dinanzi al Parlamento?
Misure che i ministri ben intenzionati sono costretti a difendere nel parlamento e nei media mentre vengono ridicolizzati dall’opposizione anti-memorandum?

“Ma non stai solo servendo il piano di Schauble votando contro l’accordo?". 
Mi viene chiesto. Ed io a mia volta rispondo con una domanda: “Sei sicuro che acconsentire a tali misure non faccia parte del piano di Schauble?”

Si noti quanto segue:

► L’ultimo rapporto del FMI che calcola cadute di oltre il 200% del PIL, che in sostanza impedisce che il Fondo monetario internazionale dia nuovi finanziamenti;
► la richiesta dell’ ESM, come Schauble chiede, di nuovi prestiti del FMI per la Grecia;
► Un governo greco che passa riforme di cui non solo non si fida, ma
considera apertamente il risultato di ricatto;
► Un governo tedesco che passa attraverso il Bundestag un accordo per la Grecia che già, fin dall’inizio, si caratterizza come inaffidabile e fallimentare.

Caro lettore, non sei d’accordo anche tu che i fatti di cui sopra sono potenti alleati di Schauble? C’è davvero un mezzo più sicuro per escludere il paese dall’Eurozona che questo accordo non accettabile, che garantisce al ministro delle Finanze tedesco tempo e modo di pianificare la Grexit che tanto desidera?

Ho detto abbastanza. Il mio giudizio mi ha portato a votare contro l’accordo attuale, ritenendo, come faccio ancora, che il dogma Papakonstantinou debba essere respinto. D’altra parte, rispetto pienamente quei miei colleghi che hanno agito in modo diverso.
Non sono io il più rivoluzionario/etico, né tantomeno gli altri sono più responsabili.
Oggi quello per cui siamo giudicati è la nostra capacità di proteggere con tutte le nostre forze le nostre unità, collaborazione e collettività, pur mantenendo il nostro diritto di dissentire.

Per concludere, vorrei sottolineare una questione filosofica del dilemma che grava sulla coscienza di ciascuno di noi: esiste un momento in cui possiamo permettere all’idea che certe cose non andrebbero fatte a nostro nome, trascendere l’utilitarismo? Ci troviamo adesso in un momento del genere?

Non ci sono risposte giuste. Basta l’intenzione sincera di rispettare le risposte che i nostri compagni stanno dando, anche se non sono d’accordo con la nostra.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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