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Vita e morte a Napoli

Ennesima vittima di Capodanno. Feriti da arma da fuoco un po’ in tutta Italia, ma a Napoli c’è scappato il morto, come al solito. Nicola Scarpa, 24 anni, è la nuova vittima del 2009.

Risulta ricercata Manuela Terracciano, figlia del boss Salvatore Terracciano, per l’uccisione di Nicola

Nicola Scarpa, ragazzo conosciuto ai Quartieri Spagnoli di Napoli soprattutto per la sua semplicità genuina, è morto colpito da un proiettile alla testa sparato durante i festeggiamenti di Capodanno mentre s’apprestava ad affacciarsi per richiamare il fratellino di otto anni a Vicolo Canale a Taverna Penta, all’incrocio con Vico Tofa, già noto per altri agguati avvenuti da quelle parti. Nessuno dice che sotto il suo balcone vi è da anni uno dei tanti luoghi di spaccio del quartiere. I "lavoratori" sono facili da notare per diverse caratteristiche: abbigliamento, presenza fissa, modi arroganti e fare da "capuzielli". Rappresentano l’ultima ruota del carro di un potere che crea ordine e timore, ma che si fonda sostanzialmente su un dato di fatto: loro hanno le armi e le impugnano vigliaccamente contro chi è disarmato. Senza di esse sono dei polli.

Di luoghi del genere a Napoli ve ne sono a migliaia e in qualunque posto: Quartieri, Rione Sanità, Rione Materdei, Ponticelli, Case Celesti nella 167 Scampia-Secondigliano, Soccavo, Pianura. Stesso degrado e stessa arroganza.

Passano intere giornate in quel dannato vicolo, aspettando clienti e dosi da smerciare per arricchire i boss del quartiere, i quali vengono chiamati solo coi soprannomi di cui spesso si fregiano per far tremare di paura chiunque li nomini, ma che in realtà fanno soltanto ridere.


Sono tre, quattro o anche cinque coloro che stanno lì fissi, fra cui una donna. Hanno modi d’atteggiarsi arroganti; si "sparano le pose", si danno delle arie. Qui a Napoli i criminali non si nascondono, ma si mostrano al pubblico. Probabilmente si sentiranno uomini completi. E poi urlano, ridono, bivaccano.

Conoscere queste persone vuol dire essere "nu bbuon".

Chiunque passa colà abbassa la testa e prosegue dritto, come nei peggiori film sulla mafia. Lì inoltre la loro presenza è accentuata anche da un cane di grossa taglia, un vero e proprio mastino di colore nero che sembra accentuare con la propria possenza il potere di chi comanda, quello della camorra. Vicino, una strada molto affollata di giorno: Via Emanuele de Deo, piena zeppa di fruttivendoli, macellerie, panettieri e pescivendoli. Là si svolge quotidianamente il commercio principale del quartiere, a pochi metri dall’abitazione di Nicola.

Chissà se quest’omicidio avrà sfatato una volta per tutte la imperante (incredibile, ma vero) credenza che i camorristi si uccidono fra di loro. Serviva del sangue ed una pallottola conficcata in un cranio per farlo capire, non bastavano il reclutamento massiccio dei giovani all’interno dei clan, l’affermarsi di una mentalità camorristica in tutti i ceti sociali, gli ammalati e i morti di tumore per la distruzione sistematica del territorio ad opera della camorra. Ma di certo Napoli dimenticherà presto il povero Nicola, o forse ha già dimenticato, strafatta com’è di cocaina e musica neomelodica.

Commenti all'articolo

  • Di mabo (---.---.---.54) 4 gennaio 2009 00:54
     
    Grazie eptor 10 . Se anche uno solo dei funesti protagonisti del tuo articolo potesse leggere ed elaborare il tuo messaggio, avresti raggiunto un grande risultato. Peccato perché quella gente non legge e non è abituata a comprendere messaggi elaborati, se no si renderebbe conto di essere solo manovalanza funzionale a disegni più alti. Solo grazie all’esistenza di questi gruppi sociali un certo ceto politico ed economico può sopravvivere e prosperare. Purtroppo ultimamente si assiste ad un fenomeno denominato analfabetismo di ritorno che colpisce fasce di popolazione ben più ampie, persone che hanno disimparato a leggere, a capire , ad elaborare concetti anche semplici e tutto a vantaggio di chi necessità di consenso a buon prezzo e soprattutto disinformato.

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