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Violenza sulle donne: cosa non mi convince della storia di Giulia su "La Repubblica"

Sarà che il sabato mi si scatena la "sindrome Di Cataldo". Oppure che divento atomica ogni volta che l’informazione si trasforma in un comodo romanzo epistolare abbandonato a se stesso. O, ancora, che non ho del tutto superato il trauma della falsa lettera della falsa insegnante con l’alunno aspirante pizzaiolo da bocciare per farlo campare. Di tutto un po’, sicuramente.

La denuncia di Giulia, ieri, sulla prima pagina di Repubblica, è preceduta da una denuncia alle autorità competenti e questo è già un grande sollievo.

Però, mi dico, si è persa una splendida occasione di trasformare una dura testimonianza spontanea in dato davvero utile ad altre donne nelle stesse condizioni di Giulia. E questo ce lo darebbe il sapere cosa non ha funzionato, per lei, dopo la denuncia; invece, purtroppo, dove non arrivano le sue parole non si spinge nemmeno Repubblica (che pure deve conoscere a fondo ogni dettaglio legale di questa storia) ad integrare il racconto.

Immaginiamo Giulia costretta a vivere segregata perchè ancora libero il suo aggressore. Ci chiediamo quali siano state le inadeguatezze o le lentezze della legge nel suo caso. Supponiamo che siano queste stesse domande a scatenare l’incazzatura e l’indignazionedella donna; e solo la conoscenza delle risposte può generare una base solida da cui far partire la rivendicazione del suo e nostro diritto alla libertà.

Mi piacerebbe leggere, per una volta, una denuncia pubblica di violenza sulle donne che mi raccontasse anche in che modo si può costruire un finale che preveda giustizia, recupero e cura (esistono. Qui, nella mia Padova, le testimonianze). Che me lo raccontasse con la stessa dovizia di particolari con cui troppo spesso si insiste solo sulla nascita dell’amore malato, le vessazioni, i ricatti, i lividi. Sarebbe probabilmente la parte di storia che menoclicks porterebbe al web, ma anche quella davvero socialmente utile ad infondere speranza in altre donne.

 

Di @MonicaRBedana

Foto: F.Gabaldon/Flickr

 
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