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Vinitaly omaggia Saverio Romano. Ma lo merita?

La passerella del Vinitaly per il doppiamente inutile ministro Romano, circondato da istituzioni e giornalisti che hanno perso ormai i necessari agganci con le faccende delle quali si occupano, che si rifugiano nell’oasi rappresentata dall’eccellenza vinicola raggiunta, svincolandola dalle sue radici agricole e ponendola in un iperuranio che li gratifica politicamente ma che non serve più a costruire un futuro per il settore primario, è divenuta un numero di varietà, al pari del resto della manifestazione veronese.

Il Vinitaly edizione 2011 ha aperto le sue porte al grande pubblico nella giornata di giovedì 7 Aprile, dopo aver completato le sue anteprime fatte di concorsi enologici e presentazioni ufficiali in varie parti del pianeta. La rassegna internazionale dei vini di Verona, giunta ormai alla sua 45° edizione, è storicamente la tribuna dove si consuma il rito dell’incontro tra i ministri dell’agricoltura del nostro paese e il mondo della produzione vitivinicola. Il settore è trainante per l’economia agricola italiana, anche se ultimamente i migliori traguardi dell’export sono stati raggiunti dall’ortofrutticolo, ma è soprattutto sull’immagine che il vino gioca la partita della qualità dell’agroalimentare made in Italy ed è per questo che ogni incaricato del dicastero inerente al settore primario non può far mancare la sua presenza alla manifestazione veronese. Nelle numerose edizioni del Vinitaly, A partire da Franco Restivo (governava Aldo Moro), mai un ministro è mancato all’appuntamento, se si esclude Giancarlo Galan, nominato da Berlusconi poco dopo la conclusione dell’evento 2010 (al quale partecipò Luca Zaia) ed esonerato dall’incarico poco prima della nuova kermesse. Perché Galan non si è concesso, nel 2011, il privilegio d’inaugurare la più prestigiosa fiera del vino italiana? Forse perché i quindici anni passati a fare il governatore del Veneto ne hanno ingarbugliato i rapporti con i veronesissimo Ente Fiera? O forse perché un ministro troppo favorevole agli OGM non appariva abbastanza rassicurante rispetto all’immagine di qualità delle eccellenze vinicole del Belpaese?
Sia come sia, è toccato a Saverio Romano incontrare a Verona il gotha dell’enologia mondiale, nel suo recente ruolo di quarto ministro alle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

Non tenendo conto dei vari rimaneggiamenti che questo dicastero ha subito negli ultimi 18 anni, Romano sarebbe invece non già il quarto ma il 56° ministro dell’Agricoltura della Repubblica Italiana.

La PAC e i Referendum abrogativi

A seguito del referendum proposto dai radicali che nel ’93 abrogò per volontà popolare le funzioni legislative di questo ministero, i vari surrogati istituzionali inventati per supplire alla mancanza di indirizzi nazionali hanno cambiato nome più volte (vedi box relativo a fine pagina) e i parlamentari incaricati a gestirli hanno dovuto limitare ad indicazioni generiche e traduzioni dei dettati comunitari il loro intervento, che negli anni ha assunto (e il caso di Romano è il più eclatante) il ruolo di bella statuina utile alle strategie governative più generaliste. Al tempo, la pressione delle economie agricole nord europee aveva già prodotto risultati limitanti sulla configurazione agricola italiana, e i radicali non fecero altro che cavalcare la tigre del referendum per l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti, che aveva sollevato l’antipatia dell’elettorato a causa delle situazioni negative createsi attorno alle vicende di mani pulite, abbinandoci la questione dell’inutilità del ministero dell’agricoltura e favorendo direttamente l’instaurarsi della dominanza europeista sul settore primario. La sbandierata decisionalità regionalista, spacciata come utile ad un federalismo prossimo venturo, non faceva altro che delegare alle singole realtà locali il controllo solo di alcune delle norme comunitarie in materia agricola. Insomma un “ministerio” da tempo “obsoleto”, in base alle politiche comunitarie d’indirizzo per il settore, per il quale non sono più richieste competenze specifiche o conoscenza agronomiche o men che meno geopedologiche; un “ministerio” divenuto più un consorzio di tutela e di stentata conservazione dell’esistente, senza alcuna prospettiva di indirizzo autonomo, in barba alle condizioni fisiche, orografiche, idrologiche del nostro paese. Eletto a tale ruolo solo per aver applicato con il gruppo dei “responsabili” di Scilipoti un tenace accanimento terapeutico all’agonizzante governo Berlusconi, l’onorevole Romano incarna perfettamente il tipo di ministro inutile alle sorti agricole nazionali e utilizzato per sostenere tutt’altre ragioni, quelle elettoralistiche in primis.

Le competenze del nuovo ministero

L’unico collegamento che questo ministro può vantare con il settore primario è quello di esser figlio di una regione che a livello vitivinicolo ha compiuto negli ultimi anni imprese memorabili e ha concorso alla riqualificazione dell’intera filiera; un po’ pochino.

Il suo curriculum dimostra la sua inutilità a fini agroalimentari: laureato in legge, a livello politico negli anni ha assunto ruoli in varie discipline: 1) viabilità; 2) giustizia; 3) bilancio; 4) cultura; 5) trasporti; 6) vigilanza sulla cassa depositi e prestiti; 7) lavoro; 8) finanze. Nulla di nulla di agricolo o lontanamente assimilabile. Nella biografia autorizzata orwelliana di Saverio Romano non c'è alcun accenno alla sua partecipazione all'umano consesso, sembra essere solo un ennesimo clone del Clan dei Siciliani che fa da contrappeso alle intemperanze nordiste del governo Berlusconi. Infatti, se si eccettua una generica difesa del made in Italy agroalimentare affidata alle agenzie e ad una autointervista pubblicata in inglese su un giornale agricolo governativo, tutte le dichiarazioni del neoministro sono state improntate alla difesa della riforma Alfano, con necessario corollario d’insulti all’opposizione, e lodi sperticate al suo conterraneo ministro della giustizia, capo di una cordata che in una nota sulla sua pagina Facebook il deputato del PD Luca Sani, componente della Commissione Agricoltura della Camera ha così descritto:

"Il nuovo Ministro dell'Agricoltura, On. Saverio Romano, ha provveduto a nominare tempestivamente il proprio capo di gabinetto, Dr. Antonello Colosimo. C'è un’informativa del ROS di Firenze, del 15 ottobre 2009, dedicata ai «Rapporti di Francesco De Vito Piscicelli Francesco Maria con il dr. Antonello Colosimo, magistrato della Corte dei Conti, dal 2005 al 2008 vice Alto Commissario per la Lotta alla Contraffazione». Piscicelli è l’imprenditore che la notte del terremoto rideva col cognato Gagliardi, anche lui costruttore, immaginando gli affari d’oro della ricostruzione. Scrivono gli investigatori: «Colosimo è intervenuto presso alcuni funzionari della Banca Intesa-San Paolo nell’interesse di Francesco Piscicelli titolare della società Lavori Pubblici e Ambiente spa in asserite difficoltà finanziarie con detto Istituto bancario». Nel contempo Silvana Fiore, moglie di Colosimo, «ha richiesto al Piscicelli di aiutarlo per la ristrutturazione della piscina nella villa di Rieti». Il costruttore ha pagato tutto”. 

Sull’ennesimo palermitano doc della combriccola, Alfonso Lo Sardo, nominato da Romano capo ufficio stampa, non c'è nessuna notizia in giro, se non che egli si occuperebbe di scienza della comunicazione e avrebbe lavorato in molti giornali (ma non si specifica quali); insomma un vero uomo-ombra. Senza dimenticare che Romano stesso è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione.

E il sistema agricolo italiano è intanto al collasso

E' vero, come evidenzia l’Istat, che i prezzi all'origine, dopo il crollo del 2009, hanno ripreso a salire (più 1,5 per cento nel 2010), ma è altrettanto vero che i costi produttivi hanno fatto registrare un'impennata quasi doppia (più 2,5 per cento lo scorso anno). Il che significa che i redditi degli agricoltori hanno subito un nuovo ribasso: le stime parlano di un meno 6-7 per cento nell'anno passato. ''L'Istat - avverte la Cia - inquadra perfettamente la complessa situazione che stanno vivendo le imprese agricole del Belpaese che, nel 2010, hanno dovuto fronteggiare considerevoli aumenti dei prodotti acquistati (beni e i servizi intermedi e beni di investimento): si va da un più 6 per cento per i mangimi a un più 1,2 per cento per le costruzioni agricole, da un più 6,6 per cento per l'energia e i carburanti a un più 3,3 per cento per la manutenzione e la riparazione delle macchine. Un crescendo preoccupante che lo scarso anno ha costretto più di 25 mila imprese a chiudere i battenti. Ed è proprio la voce 'energia' quella che ha inciso in maniera drammatica sui bilanci delle aziende, serre in testa, a causa del caro gasolio e del mancato ripristino delle agevolazioni fiscali. Un costo che e' cresciuto anche, e pesantemente, nei primi tre mesi del 2011. Ora la situazione rischia di aggravarsi ulteriormente con le operazioni primaverili in campagna, ma soprattutto con l'irrigazione e le grandi raccolte dei prodotti durante le quali aumenta considerevolmente il consumo dei prodotti petroliferi”.

Ma queste sono solo le contingenze; l’agonia del sistema agricolo nazionale viene da molto lontano e si sviluppa su varie patologie che i “medici” non hanno ancora diagnosticato, o non vogliono diagnosticare. E i problemi dell’agricoltura sono ben altri. Quello degli allevamenti intensivi, definiti “lager energivori” (inquinamento ed esaurimento delle falde acquifere, utilizzo alimentare di scarti di lavorazione, smaltimento deiezioni e rifiuti di macellazione, ecc.) da una buona fetta di consumatori (e a causa della bassa qualità vitale del prodotto il consumo di carne scende progressivamente). Poi la chimica nei campi e nei cibi, la chimica che ha sterilizzato l’ambiente ed oggi pretenderebbe di rivitalizzarlo con le colture transgeniche. I danni della via chimica in agricoltura? Abbassamento della fertilità dei suoli, calo degli standard salutistici della popolazione, olocausto microbiologico e in special modo moria delle api! E che dire della sistemazione geopedologica dell’Italia, diversa rispetto a regioni quali la Francia o la Germania, fatta di colline e zone sub-montane più che di pianure facili e ubertose? Nessuno più, da ormai troppi anni, intende considerare questi elementi fondamentali per impostare un programma agricolo sostenibile. Si brama al raggiungimento dei più alti livelli di produttività standardizzati dall’industria e ottenibili solo a fronte di enormi sacrifici ambientali ed economici, nella maggior parte delle zone agricole italiane. Insomma, qui ci vorrebbe un ministro che ci riporti in Italia, iniziando un percorso che ci distacchi dalle logiche industrialiste e contingentate della comunità europea per riabbracciare un’agricoltura fondata sull’economia reale e sulla salvaguardia idrogeologica.

Passerelle risorgimentali

La passerella del Vinitaly per il doppiamente inutile ministro Romano, circondato da istituzioni e giornalisti che hanno perso ormai i necessari agganci con le faccende delle quali si occupano, che si rifugiano nell’oasi rappresentata dall’eccellenza vinicola raggiunta, svincolandola dalle sue radici agricole e ponendola in un iperuranio che li gratifica politicamente ma che non serve più a costruire un futuro per il settore primario, è divenuta un numero di varietà, al pari del resto della manifestazione veronese.

Saverio Romano, nelle primissime fasi del suo insediamento, si è voluto paragonare al conte di Cavour. Questo nuovo ministro non pecca di modestia, ma pecca di ignoranza, come del resto è cosa comune in questo parlamento di cooptati. Infatti Cavour fu ministro dell’agricoltura sì, ma per poco tempo e non per la repubblica, bensì per il Regno di Sardegna. Il primo ministro dell’agricoltura della Repubblica Italiana fu infatti Tommaso Corsi, livornese, insediato il 21 Gennaio del 1860 proprio da Cavour. Ciò non toglie che il grande statista piemontese non abbia contribuito in maniera geniale alle sorti agricole della penisola. Tra le altre cose Cavour fu il primo promotore di Cantine Aperte, realizzando nel 1843, in occasione del Congresso Agrario dell'Associazione Agraria (di cui egli fu sostenitore) la memoria "sul miglior modo col quale vanno ordinate le tinaie e le cantine".

Appassionato di viticoltura si impegnò nel contrastare le nuove malattie della vite importate dall'america, in primo luogo l'oidio, contro il quale condusse una campagna nazionale. Sostenne anche la produzione del Sizzano, un vino del novarese poi diventato Doc nel 1969, iniziando quel percorso di valorizzazione dell’origine dei vini italiani che oggi ci consegna un sistema vincente.
Il paragone con Cavour appare solo come la stampa di un biglietto da visita sul quale il ministro Romano ha fatto scrivere una referenza che potrà molto difficilmente dimostrare.

BOX: Cambiamenti del Ministero dell’Agricoltura dal 1993 ad oggi

Nell’arco degli ultimi 18 anni il ministero dell’Agricoltura ha subito vari aggiustamenti, causati principalmente dal risultato del referendum promosso dai radicali nel 1993 che ne perorava l’abrogazione, poi confermata con il 70,20% dei sì. Dopo 133 anni e 42 ministri veniva a mancare in Italia la guida governativa al settore primario, con il passaggio di consegne alla Comunità Europea. In questa lunga storia tutta coniugata al maschile l’unica eccezione è rappresentata da Adriana Poli Bortone (AN), unica presenza femminile, in carica dal Maggio 1994 al Gennaio 1995, primo governo Berlusconi.

Successione delle varie formule con le quali è stato definito il Ministero dell’Agricoltura dal 1993 ad oggi.
- Ministero per il Coordinamento delle Politiche Agricole (durata: Agosto 1993 – Dicembre 1993). Tenutari: Alfredo Diana;
- Ministero delle Risorse Agricole Alimentari e Forestali (durata: Dicembre 1993 – Luglio 1999). Tenutari: Alfredo Diana, Adriana Poli Bortone, Walter Lucchetti, Michele Pinto, Paolo De Castro;
- Ministero per le Politiche Agricole (durata: Luglio 1999 – Settembre 1999). Tenutari: Paolo De Castro;
- Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (durata: Settembre 1999 – Maggio 2006). Tenutari: Paolo De Castro, Alfonso Pecoraro Scanio, Giovanni Alemanno;
- Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (in vigore dal Maggio 2006).
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