Venezia, al Teatro Malibran, Der protagonist
Opera prima poco rappresentata di un Kurt Weill appena ventiseienne, Der protagonist ha visto in questi giorni il debutto in laguna. Si tratta di un atto unico sull’omonimo testo di Georg Kaiser, ripreso integralmente senza l’intermediazione di un librettista che andò in scena per la prima volta alla Staatsoper di Dresda il 27 marzo1926.
Lo spettacolo riscosse successo fin da subito. Weill rivela con quest’opera la sua naturale propensione per il teatro, così come per scrivere per le voci. Il tema della precarietà, la fragilità del limite tra realtà e finzione sono il perno dell’opera che viene affrontato attraverso l’espediente del “teatro nel teatro”. L’idea nasce da Shakespeare e per questa ragione in questa produzione veneziana nella prima scena appare un sipario neutro sul quale è proiettata un’immagine del Bardo. Il testo di Kaiser si presta a creare una grande atmosfera tra tensione e morbidezza e il compositore di Dessau rende la pièce musicalmente densa di contrasti dinamici e di colori. A Ezio Toffolutti, regista affermato e preparato germanista, sono stati affidati regia, scene, costumi e luci.
Toffolutti Sceglie un’ambientazione che non corrisponde esattamente alle indicazioni che prevederebbero una cornice elisabettiana, ma trasporta la messinscena al periodo in cui è nata l’opera, gli anni successivi alla Grande Guerra. Questi sono gli anni di Sigmund Freud e il soggetto sottende un’evidente ricerca psicologica, mentre la pantomima rappresentata rimane inserita in epoca elisabettiana. E’uno spettacolo magnifico, intensissimo, sul sottile e vago filo dove comico e tragico si sfiorano, in cui si apprezza la minuziosa ricerca di Toffolutti affinchè scene, costumi e luci lavorino in sinergia per creare un clima, una situazione che cattura e inchioda lo spettatore tra realtà, finzione, dramma e commedia fino al funesto epilogo.
Concertazione e direzione sono nelle mani del sensibilissimo Markus Stenz che tiene in gran conto il lavoro dei cantanti e che nel corso della pantomima, momento in cui è la musica a narrare perché i protagonisti stanno soltanto recitando, conduce l’Orchestra del Teatro la Fenice, impegnata in sonorità magmatiche, in maniera estremamente espressiva e penetrante. In quest’opera l’aspetto della recitazione assume un ruolo cruciale, soprattutto ed in particolare nella pantomima recitata e non cantata all’interno della vicenda. Una compagnia di canto affiatata e competentissima sia dal punto di vista vocale che della recitazione ha fatto la differenza.
Gli interpreti hanno saputo tenere un ritmo di interpretazione sempre vivo calibrando con grande equilibrio, grazie alla superba regia di Toffolutti, le parti grottesche, quelle drammatiche così come quelle più interiori e sentimentali. Spiccano per l’impegno vocale della densa partitura Matthias Koziorowski, nel ruolo del titolo; Martina Welschenbach, Catherine, sua sorella; e Dean Murphy, il giovane signore. Completano il cast in modo assolutamente convincente il Maggiordomo Alexander Geller, l’oste Zachary Altman, Szymon Chojnacki, Matteo Ferrara, Franko Klisović . Applausi convinti e sinceri hanno decretato il successo della produzione.
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