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Villari è la perfetta dimensione del Pd

Se l’Italia fosse un paese serio non si parlerebbe nemmeno della Commissione di vigilanza parlamentare della Rai. Anzi, forse nemmeno esisterebbe una commissione che deve controllare l’operato di un CdA nominato dalla stessa politica. La commissione di vigilanza è un organismo di estrema inutilità, tuttavia chi viene eletto presidente gode di grande visibilità: è per i titoli sui giornali che si accapigliano per sedersi su quella poltrona. Riccardo Villari è un Senatore del Pd, eletto a capo della Commissione di cui sopra grazie ai voti del centrodestra. Tutti i vertici del Pd subito dopo ne avevano ordinato le dimissioni immediate perché Villari non è la persona designata per quel posto. Ci sarebbe dovuto andare Leoluca Orlando, uscito sconfitto dopo che il centrodestra aveva posto il veto alla sua elezione. Piuttosto inspiegabilmente, visto che sulla stessa poltrona loro avevano portato gente come Landolfi e Storace. Eppure Villari non si dimette, anzi oggi fa sapere che la soluzione all’impasse è la sua conferma a capo della commissione. Dice: «La linea è una. Ho preso questa decisione, spero di riuscire a spiegarla al mio partito. Penso di non essere il problema, ma la soluzione. Se si trova un’altra soluzione condivisa, allora io non ho nessun problema». Ovviamente la linea condivisa è quella che prevede lui come presidente. L’unico tra i maggiorenti che non si è espresso è Rutelli, che è guarda caso è anche il leader della corrente degli ex margheritini cui appartiene il napoletano Villari. Rutelli così incasserebbe la seconda commissione destinata all’opposizione, dopo la sua elezione alla commissione sui servizi (copaco) a pochi giorni dalla solenne trombatura nelle amministrative di Roma. Se vogliamo, Villari è lo specchio della politica italiana fatta di tanti De Gregorio, ed è anche lo specchio dell’inconsistenza del Pd. Un partito non partito, diviso da mille correnti che da un momento all’altro potrebbero staccarsi. Villari contesta apertamente la parola del segretario nazionale per mero interesse personale, altrove gli sarebbe costato l’immediata espulsione. Qui invochiamo addirittura il Presidente della Repubblica come arbitro tra l’opportunismo e la morale.

Commenti all'articolo

  • Di Elia Banelli (---.---.---.59) 18 novembre 2008 11:22

    Questa vicenda dimostra per l’ennesima volta il disprezzo del governo per la democrazia e per le regole istituzionali. Conferma anche che il Pdl preferisce di gran lunga un’ opposizione in stile Pd, rispetto all’Italia dei Valori, che farebbe senz’altro le pulci di continuo al comandante in carica (soprattutto su un tema delicato come l’informazione televisiva). Orlando era il candidato dell’opposizione ed in quanto tale andava votato.
    Hai fatto bene a ricordare i precedenti di Landolfi e Storace. Purtroppo c’è una alleanza silenziosa dei due maggiori partiti volta a screditare gli altri. Dopo Rifondazione e la sinistra adesso toccherà alle formazioni minori. Un altro segnale è stato lo squallido teatrino tra Latorre e Bocchino ad Omnibus, contro il nemico comune: Massimo Donadi (Idv).


  • Di gloria esposito (---.---.---.168) 18 novembre 2008 18:13

    Villari è l’emblema di questa politica:nessun tipo di utilità per il cittadino ma solo opportunismo appena ne capita l’occasione.E’ una tragedia che il pd non l’abbia buttato fuori e perseveri con la politica che ha salvato a suo tempo anche bassolino la iervolino la torre e tanti altri(il che dimostra come il pd sia debole e non porti a nessun cambiamento).E’ una tragedia anche perchè si sta tentando di ghettizzare la vera opposizione,quella di Di Pietro che seppur imperfetta sembra mettere i bastoni tra le ruote alla pdl .Come uscirne?L’unica soluzione è quella del ricambio vero dei parlamentari.

  • Di gloria esposito (---.---.---.168) 18 novembre 2008 18:18

    ps: accordo pd -pdl sul nuovo commissario:non dovrei pensare male adesso?

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