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Venezuela: il saccheggio verso la suprema Felicità

Come è possibile essere uno dei maggiori paesi produttori di petrolio ed avere un’economia in via di disintegrazione attraverso una iperinflazione? E’ possibile, basta essere un paese sudamericano di nome Venezuela.

A inizio del 2013, le riserve valutarie ufficiali venezuelane erano equivalenti a 30 miliardi di dollari, oggi si stima siano intorno ai 21 miliardi. Tuttavia, poiché ampia parte di tali riserve sono in oro, si stima che la parte effettivamente liquida si situi intorno ai 2 miliardi di dollari.

Il Venezuela ha tuttavia ancora margini di manovra: se si considerano le disponibilità valutarie della compagnia petrolifera statale PDVSA ed un fondo di sviluppo in parte finanziato dai cinesi, si arriva ad una stima di circa 48 miliardi di dollari. Senza contare che il paese ha una rendita petrolifera annua di circa 90-95 miliardi di dollari e debito estero di 45 miliardi di dollari. Dovrebbe essere una specie di stato-Eden, con questi due ultimi numeri, invece è un inferno valutario, per i soliti errori di governi sudamericani patologicamente populisti.

Il paese importa pressoché tutto, come da perfetto “manuale della maledizione petrolifera”, ed il governo concede generosi sussidi alla popolazione. Del tutto evidente che, in tali circostanze, l’aggiustamento dovrebbe avvenire dal lato del cambio, con un deprezzamento. Invece, ed al solito, i governi venezuelani (Hugo Chavez prima, ora il suo delfino Nicolas Maduro) oppongono una strenua resistenza al riallineamento del cambio, creando le ovvie condizioni per un fiorente mercato nero, oltre che per l’iperinflazione che piaga il paese al passo di oltre il 50% annuo.

L’inflazione si origina in due modi: il governo restringe l’offerta di dollari agli importatori (per contrastare la perdita di riserve), ed alimenta in tal modo una diffusa penuria di beni; l’altro canale è l’imposizione del cambio ufficiale agli importatori, incluso il calcolo dei loro margini di profitto “consentiti”. L’esempio più immediatamente comprensibile è quello del “saccheggio di stato” della catena di elettronica di consumo Daka, autorizzato ed incoraggiato nei giorni scorsi dallo stesso Maduro. Gli importatori sostengono di essere costretti a procurarsi i dollari al cambio del mercato nero, che al momento è di circa 9 volte quello ufficiale. Il governo non accetta tale giustificazione, e continua ad esprimere prezzi in bolivar al cambio ufficiale.

Nei giorni scorsi Maduro ha determinato tra il 15 ed il 30% il margine di profitto che sarà ritenuto accettabile dal governo. Va da sé che, se tale ragionevole margine è calcolato al cambio ufficiale, che appartiene al mondo dell’iperuranio, tutto sballa in modo drammatico ed il “genio dei saccheggi” fuoriesce dalla lampada.

Anticipare il Natale con la spesa proletaria su televisori flatscreen ed elettrodomestici, mentre al contempo le autorità cercano disperatamente di combattere la penuria di carta igienica, non risolve il problema del valore effettivo del cambio ma serve a Maduro ed al suo schieramento per cercare almeno di non perdere le prossime elezioni amministrative dell’8 dicembre.

Nel frattempo, il governo vende dollari agli importatori attraverso aste il cui risultato resta segreto, e pare stia pensando di introdurre un cambio turistico che si situerebbe tra quello ufficiale e quello del mercato nero. Ovviamente, il motivo per cui un turista dovrebbe cambiare i propri dollari a (diciamo) 25 bolivar, quando i cambiavalute in nero offrono a 55 resta un mistero rivoluzionario, oltre che l’intimo convincimento che i turisti che si recano in Venezuela siano intrinsecamente stupidi. Tutto, pur di non riallineare il cambio al suo valore effettivo, dopo che lo scorso febbraio era già stata ufficializzata una svalutazione del 30%.

Ne vedremo altre e di ben altre, inclusa magari l’esecuzione di qualche cambiavalute in nero, approssimandosi l’8 dicembre. Maduro ha ottenuto, lo scorso 14 novembre, dal parlamento i poteri straordinari che richiedeva da tempo: per 12 mesi potrà governare (e controllare i prezzi) per decreto, nel tentativo di ottenere quella “Suprema Felicità Sociale” per la quale ha pure creato un ministero. A morte la borghesia.
 

Maduro ordina “l’occupazione” della catena di elettronica accusata di conseguire profitti del 1.000 per cento, più o meno la differenza tra il cambio nero e quello ufficiale.

Di certo un caso, sotto la regia delle Forze Del Male Speculativo Capitalista

 

Foto: J.Madruga/Flickr

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