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Varoufakis e La primavera di Atene. Una crisi europea che va risolta dai popoli europei

[La quinta ed ultima parte della traduzione del discorso di Yanis Varoufakis alla Festa della Rosa di Frangy-en-Bresse. Per le parti precedenti 1 – 2 – 3– 4]

di Yanis VAROUFAKIS

Anti-nazionalista, anti-nazista

Secondo me è molto importante evitare di mettere all’inizio delle frasi “I tedeschi questo” o “I francesi quello” o “I greci quell’altro”. Ecco perché è imperativo che noi tutti si arrivi a comprendere che non esiste una cosa come “i” tedeschi “, “i” greci o “il” francese. Che siamo tutti noi europei a trovarci di fronte ad una crisi molto europea. Nella mia prima visita a Berlino, durante la conferenza stampa che ho tenuto con il dottor Wolfgang Schäuble, ho avuto questo da dire, in sua presenza:

Come ministro delle Finanze di un governo di fronte a circostanze di emergenza causate da una crisi deflattiva selvaggia del debito, ritengo che la nazione tedesca sia quella che ci può comprendere meglio di chiunque altra. Nessuno capisce meglio del popolo di questa terra come un’economia gravemente depressa combinandosi con una continua umiliazione nazionale e una disperazione senza fine può covare l’uovo del serpente all’interno della propria società. Quando tornerò a casa stasera, mi troverò in un Parlamento in cui il terzo partito è un partito nazista.

La Germania può essere orgogliosa del fatto che il nazismo è stata debellato qui. Ma è una delle ironie crudeli della storia che il nazismo abbia rialzato la sua testa in Grecia, un paese che ha messo su così un gran bella lotta contro di esso. 

Abbiamo bisogno del popolo tedesco per aiutarci nella lotta contro l’odio per gli esseri umani. Abbiamo bisogno dei nostri amici tedeschi per rimanere saldi nel progetto del dopoguerra in Europa; cioè, non consentire mai più una depressione come quella del 1930 che divida le orgogliose nazioni europee. Faremo il nostro dovere in questo senso. E sono convinto che così faranno i nostri partner europei.

Quindi, non più stereotipi come i greci, i tedeschi, i francesi, nessuno. Stendiamo la nostra mano a tutti coloro che vogliono far tornare l’Europa ad essere un regno democratico di prosperità condivisa.

CONCLUSIONE

Vi ho stancato abbastanza. Vorrei concludere con il mio, e di Danae, profondo ringraziamento a Arnaud Montebourg e Aurelie Filippatti per la loro ospitalità, la loro amicizia e per averci permesso di incontrare voi oggi – per questa opportunità di iniziare qualcosa di importante, qui a Frangy.

La Francia è il laboratorio d’Europa. Portando in Francia lo spirito della Primavera di Atene, alla speranza può essere data un’altra possibilità.

Cari amici, la diversità e la differenza non sono mai state il problema dell’Europa. Il nostro continente si è cominciato a unire sotto molteplici lingue e culture diverse, ma sta per finire diviso da una moneta comune.

Perché? Perché abbiamo lasciato cercare di fare qualcosa ai nostri governanti che non si può fare: depoliticizzare il denaro, farlo girare a Bruxelles, nell’Eurogruppo, nella BCE, in zone senza politica.

Quando la politica e il denaro sono de-politicizzate quello che succede è che la democrazia muore. E quando la democrazia muore, la prosperità si limita a pochissimi che non possono nemmeno goderla dietro i cancelli e le recinzioni di cui hanno bisogno di costruire per proteggersi dalle loro vittime.

Per contrastare questa distopia i popoli d’Europa devono credere ancora una volta che la democrazia non è un lusso a disposizione dei creditori e da rifiutare ai debitori.

Forse è tempo per una rete europea che abbia l’esplicito scopo di democratizzare l’euro. Non un altro partito politico, ma una coalizione inclusiva paneuropea da Helsinki a Lisbona e da Dublino a Atene impegnata a cambiare dall’Europa de “Noi i governi” a quella di “Noi, il popolo”. Impegnata a porre fine al gioco dello scaricabarile. Impegnata nell’imperativo che non esiste una cosa come “i” tedeschi “, “i” francesi o “i” greci.

Il modello dei partiti nazionali che formano alleanze fragili nel Parlamento europeo è obsoleto. I democratici europei devono mettersi insieme prima, formare una rete, creare un’agenda comune, e quindi trovare il modo di collegarsi con le comunità locali e a livello nazionale.

Dobbiamo richiedere realismo perché la nostra nuova rete europea ricerchi modi per adattare le istituzioni europee esistenti ai bisogni del nostro popolo. Per essere modesti e utilizzare le istituzioni esistenti in modo creativo. Per dimenticare, almeno per ora, modifiche del trattato e misure federali che possono seguire solo dopo che grazie allo spettro della democrazia si sia superata la crisi. 

Prendete le quattro aree fondamentali in cui la crisi dell’Europa si sta sviluppando. Debito, banche, investimenti inadeguati e povertà. Tutti e quattro sono attualmente lasciati nelle mani dei governi che sono senza potere di agire su di essi. Europeizziamole! Lasciate che le istituzioni esistenti gestiscano una parte del debito degli stati membri, poniamo le banche che falliscono sotto una comune giurisdizione europea, conferiamo alla Banca europea per gli investimenti il ​​compito di amministrare un programma guidato di incentivazione degli investimenti paneuropeo. E, infine, cerchiamo di utilizzare gli utili contabili accumulati all’interno del Sistema europeo delle banche centrali per finanziare un programma di lotta alla povertà in tutta Europa – tra cui la Germania.

Io chiamo questo programma generale “europeizzazione decentrata”, perché europeizza i nostri problemi comuni, ma non propone casse federali, nessuna perdita di sovranità, nessun trasferimento fiscale, garanzie tedesche o francesi per il debito irlandese o greco, non ha bisogno di modifiche del trattato, né di nuove istituzioni. Si dà più libertà ai governi eletti. Esso limita la loro impotenza. Si ripristina il funzionamento democratico dei nostri Parlamenti.

Alcuni anni fa Michel Rocard aveva sostenuto questa proposta, e aveva anche scritto la prefazione ad essa. Può essere il punto di partenza dei lavori della nostra rete paneuropea che riunisce la sinistra francese, con quella radicale greca, con una società tedesca più sicura, perché anche i conservatori sono d’accordo sul fatto che le attuali disposizioni avvelenano la democrazia e fanno deragliare le nostre economie.

Noi non siamo d’accordo su tutto. Iniziamo con un accordo sul fatto che l’Eurozona ha bisogno di essere democratizzata.

Quando a Gandhi fu chiesto cosa ne pensasse della civiltà occidentale, la sua famosa risposta fu che: “… potrebbe essere una buona idea”.

Se ci chiedessero che cosa pensiamo della nostra Unione europea di oggi, dovremmo dire: “Che splendida idea se solo potessimo tirarci fuori dalle difficiltà!”

Siamo in grado di tirarci fuori. Tutto quello che dobbiamo fare è aiutare lo spettro della democrazia a infestare chi la detesta.

Vorrei concludere aggiungendo agli ideali francesi di libertà, fraternità e uguaglianza alcuni altri concetti che la nostra Primavera di Atene ha portato alla ribalta e che la nuova Europa deve abbracciare di nuovo: la speranza, la razionalità, la diversità, la tolleranza e, naturalmente, la democrazia.

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