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 Home page > Attualità > Società > Valorizzare gli avvocati per snellire il processo civile

Valorizzare gli avvocati per snellire il processo civile

Analizzando il numero degli avvocati in percentuale alla popolazione in Europa, l’Italia risulta essere il Paese con il più alto numero di avvocati per abitante: circa il doppio rispetto a Spagna, Germania, Gran Bretagna, e oltre cinque volte la Francia.
 
Questo elevato numero di avvocati, genera una massa enorme di procedimenti giudiziari che alimenta ogni giorno l’intasamento dei Tribunali.
Gli avvocati, professionisti della Giustizia, ai quali il cittadino si rivolge, (come imposto dalla Legge non può difendersi da solo), per essere assistito legalmente e per qualificare il rapporto tra il cittadino e la Giustizia, sono remunerati in percentuale rispetto al valore della causa, ad essi si riconosce una prestazione professionale intellettuale al pari di un professionista (ingegnere) che a sua volta viene remunerato in percentuale al valore del progetto e dell’opera realizzata.
 
L’Ingegnere che redige un progetto che non viene approvato, perché non conforme alle regole esecutive, non viene pagato dal cliente, perché ha realizzato un progetto inutile.

L’avvocato che impianta un procedimento su una causa infondata, non solo arreca un danno al cliente, il quale dovrà pagare a lui e alla controparte le spese legali e giudiziarie ma va ad intasare la giustizia a discapito dei procedimenti giusti.

 
Pertanto, l’avere promosso una causa ingiusta non può portare alla corresponsione di un giusto corrispettivo, come ogni imprenditore non percepisce remunerazione, se il suo progetto non è redditizio, così deve essere per l’avvocato che ha arrecato danni al cliente.
 
Al pari di ogni altro imprenditore e/o professionista l’avvocato ha la professionalità per valutare la validità delle ragioni del cliente.
 
A mio avviso, nella fase preventiva del processo l’avvocato, deve acquisire tutti i dati e gli elementi che gli consentano autonomamente di valutare le ragioni del cliente, scambiando privatamente con la controparte dati, pretese e scritti difensivi.
 
Solo dopo che le parti avranno esaudito le proprie ragioni, e non hanno trovato un accordo, i legali si rivolgeranno al Giudice per chiedere che questi decida la causa sulle istanze istruttorie da loro pre-costituite, formulate in relazione al materiale già istruito attraverso lo scambio degli scritti e delle prove fornite dal cliente, e con accertamenti tecnici e di riscontro, da parte di consulenze tecniche di parte o di consulenti tecnici del Tribunale, appositamente nominati su richiesta di una delle parti.

Commenti all'articolo

  • Di un avvocato (---.---.---.96) 4 giugno 2009 15:47

    Non sono d’accordo perché:

     l’obbligazione dell’avvocato è di mezzi (come quella del medico) e non di risultato (come quella di altri professionisti);

     il pagamento a percentuale sul risultato deve essere previamente concordato tra cliente e avvocato (e se il cliente perde la causa l’avvocato non prende niente) altrimenti si applicano le tariffe approvate con decreto del Ministero della Giustizia;

     il sottoscritto procede sempre - come molti altri colleghi - alla previa valutazione del fondamento della causa, e se è infondata lo mette per iscritto. Se il cliente vuole procedere lo stesso è comunque in sua facoltà;

     il sottoscritto - come molti altri colleghi - prima del contenzioso procede sempre a sondare la possibilità di una definizione bonaria, e non è affatto detto che la controparte sia disponibile in tal senso (spesso neppure risponde);

     è ora di farla finita con la solita solfa che se la giustizia è lenta è colpa degli avvocati. Già dalla riforma del 1993, l’attività processuale è gestita dal giudice secondo sequenze di attività da compiersi in termini perentori - e peraltro ristrettissimi - pena decadenze generatrici di responsabilità professionale;

     il problema a tutti noto è che i giudici sono pochi, idem per il personale di cancelleria. Mancano i soldi e alla classe politica (tutta, di destra e di sinistra) non interessa affatto che la giustizia funzioni;

     i termini per gli avvocati sono perentori, quelli dei giudici "ordinatori" (non vincolanti). Succede così che l’avvocato si scapicolla a depositare le tre memorie ex art. 183 c.p.c. (i cui termini decorrono dalla prima udienza e sono di giorni 30+30+20) ed il giudice può decidere sulle richieste istruttorie contenute nelle stesse anche un anno più tardi, per non parlare dei tempi per il deposito della sentenza;

     i giudici sono umani, quindi possono essere superficiali, incompetenti, disordinati, svogliati. La prevalenza è di persone serie, che si organizzano per sopperire alle gravi carenze della struttura, ma ci sono anche molti giudici che, fino all’ultima udienza, ancora non hanno letto le carte, e che fanno le sentenze a tirar via;

     l’avvocato, in questo caos, fà una fatica immensa. Tutto è un problema, dalla notifica di un atto (v. Ufficio Notifiche di Roma, la fila comincia di notte), alla iscrizione a ruolo (3/4 ore di fila), al deposito di una memoria in cancelleria (al Tribunale di Roma, appena varchi la soglia di una cancelleria, ti mandano affanculo, poi ti chiedono che devi fare (tempo medio tra file, ricerca del fascicolo, ecc. ecc., 40 minuti). Ad ogni udienza devi ricordare chi sei, di cosa stiamo parlando, com’eravamo rimasti, controllare che nel fascicolo ci sia ancora tutto, ecc. ecc..
    Non mi piace tutto questo. A nessuno di noi piace. Non siamo noi a rallentare la giustizia. Questa situazione la subiamo in silenzio, affogati come siamo da scadenze e da una miriade di adempimenti di natura amministrativa per la gestione degli studi legali, mentre i nostri organi rappresentativi non fanno un accidente. Cercatele altrove le responsabilità. Se questo carrozzone ancora funziona è anche merito nostro.

    • Di (---.---.---.32) 5 giugno 2009 00:41

      Concordo con l’avvocato. L’autore dell’articolo non sa di che parla. Nessuna legge vieta di avviare cause infondate, l’importante è che il cliente lo sappia. E’ anche molto raro che una parte consapevole dell’infondatezza della sua pretesa agisca in giudizio, dati i costi ed i tempi del processo civile; piuttosto accade che resista, più o meno fondatamente, ad una altrui pretesa, nell’intento - per nulla disdicevole o illegittimo - di ottenere tempo o di far valere eccezioni in grado di ridurre l’altrui pretesa. Accade anche che una pretesa, che appare inizialmente fondata, si riveli infondata solo nel corso del processo, perchè magari salta fuori un documento di cui la parte non aveva memoria o conoscenza, o perché è nel frattempo mutato l’orientamento giurisprudenziale. Accade anche che hai ragione da vendere e il giudice ti dà torto perchè non ha capito niente (e non è che per questo la pretesa diventi infondata). Per queste ragioni l’obbligazione dell’avvocato è di mezzi e non di risultato, stante le troppe variabili che non dipendono dal suo operato.
      In altre parole, nell’attuale contesto, gli esiti di un processo non sono per niente scontati, per quante iniziali approfondite valutazioni possano farsi.
      Venendo al punto. Una domanda di giustizia va sempre e comunque valutata. Ed è lo Stato a doversi adeguare alla domanda di giustizia e non viceversa.

    • Di domenico stramera (---.---.---.217) 5 giugno 2009 17:47

      Rivendicare oggi la centralità dei diritti e, tra essi, i diritti sociali, troppo spesso negati, significa riaffermare il concetto forte di civiltà moderna, mentre il loro accantonamento evoca scenari propri di società pre - moderna, addirittura barbarica.

      “L’Italia, si legge nel rapporto, PricewaterhouseCoopers del 12 maggio 2009 possiede il più ampio patrimonio artistico a livello mondiale con oltre 3.400 musei, circa 2.100 aree e parchi archeologici e 43 siti Unesco. Nonostante questo dato di assoluto primato a livello mondiale, il RAC, un indice che analizza il ritorno economico degli asset culturali sui siti Unesco, mostra come gli Stati Uniti, con la metà dei siti rispetto all’Italia, hanno un ritorno commerciale pari a 16 volte quello italiano.

       
      Il ritorno degli asset culturali della Francia e del Regno Unito è tra 4 e 7 volte quello italiano. A fronte della ricchezza del patrimonio culturale italiano, rispetto alle realtà estere esaminate, emergono enormi potenzialità di crescita non ancora valorizzate”.
       
       
      Nel rapporto Doing Business 2009 www.doingbusiness.org/ExploreEconomies/?economyid=96 della Banca Mondiale, che redige una graduatoria dei paesi dove è più facile investire, i fattori considerati per la valutazione sono: le modalità di creazione d’impresa, i tempi e le procedure per un permesso di costruzione, le regole per l’assunzione dei lavoratori, i passaggi di proprietà, l’accesso al credito, la protezione degli investitori, l’efficienza del sistema fiscale, la facilità nel commercio internazionale, il funzionamento della giustizia per l’esecuzione giudiziaria dei contratti, le procedure di chiusura di un’impresa.
       
       
      I tempi della Giustizia sono un elemento di fortissimo trascinamento verso il basso per l’Italia, anche in tutti gli altri indicatori internazionali, nel rapporto Doing Business 2009.
       
      Le ricadute negative sulla crescita del Paese, sul benessere dei cittadini, sono evidenti.
       
      Dal suddetto rapporto, uno dei principali freni allo sviluppo produttivo dell’Italia è dato proprio dalla lentezza dei processi, che genera incertezza negli scambi e scoraggia gli investitori.
       
      Il confronto che colpisce maggiormente in negativo è quello sul funzionamento della giustizia nelle controversie commerciali: siamo in 156esima posizione (su 181 paesi), addirittura dopo Etiopia, Zambia, Nigeria, Algeria, Congo paesi da noi ritenuti “terzo mondo”.
       
      Per quanto riguarda il carico fiscale e previdenziale sui profitti, e per la complessità del sistema tributario nazionale che impone alle aziende altri costi, in termini di competitività. «complessità degli adempimenti fiscali e contributivi» e «tempo necessario a gestirli», l’Italia si colloca all’ultimo posto nella graduatoria della Unione Europea e al 128° nel mondo, con una pressione fiscale complessiva tra tasse sul reddito societario, imposte sul lavoro e altre forme di prelievo che raggiungono il 73% degli utili.
       
       
      Siamo al 27° posto solo, nel chiudere un attività, unica posizione nei primi 30 della classifica.
       
      I COSTI DELLA GIUSTIZIA E I LORO EFFETTI SUL SISTEMA-PAESE
       
      Le condanne sistematicamente inflitte dalla Corte di Strasburgo dicono che l’Italia è fuori dall’Europa per il suo sistema di giustizia civile.
       
      Ormai siamo alla denegata giustizia e la situazione non accenna a migliorare, come documentano ogni anno le statistiche riferite dal Procuratore generale presso la Cassazione.
       
      Le conseguenze, oltre a quella dell’immagine internazionale del nostro Paese, sono pesanti per le relazioni personali, familiari, commerciali e imprenditoriali. Lo sviluppo economico ne risente, perché l’incertezza del diritto è una delle cause della scarsa attrazione di risorse estere.
       
      L’affermazione del principio della ragionevole durata del processo nella Carta costituzionale [1], sulla spinta delle condanne inflitte dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo allo Stato italiano, significa che il potere legislativo e giudiziario non ha saputo rispondere alla domanda di giustizia dei cittadini e delle imprese.


      [1]Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea
      Articolo 47 - Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale
      Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge.
  • Di Cristiano Fantinati (---.---.---.141) 5 giugno 2009 11:44

    Penso che il caro Domenico abbia fatto bene a sollevare la discussione sul processo civile.

    Sulle eventuali architetture possibili della giustizia italiana non mi pronuncio, perchè non sono competente, ma una cosa la posso e voglio dire con certezza visti i rusultati oggettivi.

    Il nostro processo civile è semplicemnte penoso.
     
    la stragrande maggioranza delle cause, semplicemente non ha termine, e guardacaso, nutre abbondantemente i numerosi avvocati, curatori fallimentari, specialisti del pignoramento e compagnia bella, lasciando sempre e sistematicamente a secco chi ha ragione.

    Il delinquente poi, quasi sempre non viene punito, o viene punito pochissimo, in modo che possa continuare a delinquere tranquillamente, chissà perchè.

    La cosa più preoccupante è che in parlamento abbiamo un numero record di avvocati.

    Perdonatemi ma questa lamentela non la faccio io: la faccio io, i miei parenti, i miei amici, e gli amici dei miei amici, e persino i sassi a lato della strada, quindi cari avvocati e persone del comparto, io non voglio dare la colpa a nessuno ma secondo me la cosa deve essere risolta, e non può essere certo la gente comune a farlo.

    L’italia è il paese dei balocchi dei delinquenti..
    Correggetemi pure se sbaglio.
     

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