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VIII Rapporto Nazionale sulle Condizioni di Detenzione

L’Associazione Antigone presenta l’VIII Rapporto Nazionale sulle Condizioni di Detenzione: i numeri del dramma quotidiano vissuto da più di 67mila persone, i diritti umani violati, il sovraffollamento e i bambini.

 

"Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando la sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo…”: è un uomo chi è costretto a vivere in una cella per 20 ore al giorno, senza acqua calda, senza riscaldamento, senza luce?

E' un uomo chi, a due giorni dalla scarcerazione, decide di togliersi la vita perché nessuno gli parla di futuro? E' questo un uomo chi non ha spazi in cui camminare, chi può guardare il cielo solo attraverso delle sbarre, chi si vede negato il diritto a salutare il padre un’ultima volta?

E' questo un uomo chi viene pestato regolarmente, maltrattato, violentato, minacciato? E' questo un uomo chi non ha diritto ad andare in Chiesa perché omosessuale? E' questo un uomo chi non ha un nome, chi è un numero in attesa di tornare ad essere ancora una volta Uomo? Ed è questo un bambino chi è costretto a nascere e crescere in carcere perché figlio di una detenuta? Meditate che questo non è stato, ma è.

A fine ottobre 2011 è stato presentato l’Ottavo Rapporto Nazionale sulle Condizioni di Detenzione “Le prigioni malate” (Edizioni dell’Asino 2011), redatto dall’Associazione Antigone, associazione senza fine di lucro, che da anni fotografa la situazione delle carceri italiane.

“Tutti sanno che il sistema oggi è malato – spiega Patrizio Gonnella, Presidente dell’Associazione -. Non saremmo altrimenti in uno stato di emergenza certificato dal Governo. La consapevolezza c’è. La consapevolezza di un sistema che non può più reggere. Anche se l’anno scorso c’erano circa 1000 detenuti in più rispetto ad oggi.

Ma questo dato, che potrebbe apparire positivo, in realtà è sempre negativo, se si considerano i posti letto disponibili rispetto al numero di detenuti (Al 30 settembre 2011 i detenuti sono 67.428, su una disponibilità nelle carceri di 45.817 posti letto – ndr). Inoltre bisogna considerare che il trend di crescita si è fermato anche perché 3500 persone sono uscite con la legge approvata a dicembre 2010, impropriamente definita dalla stampa "svuota-carceri" (ex L. 199/2010), e poi perché si è fermato il flusso di immigrati, in seguito alla sentenza della Corte di Giustizia Europea in base alla quale non potevamo penalizzare con la detenzione in ottemperanza all’obbligo di espulsione. Ma questo non è sufficiente”.

Quali i problemi delle carceri italiane?

“Il lavoro degli operatori è impossibile, tra stress e condizioni oggettive non umane, suicidi, mancanza di opportunità, assenza di igiene, sovraffollamento. E poi il numero di Magistrati di sorveglianza è inferiore al numero delle carceri. Per questo abbiamo anche deciso di realizzare un parallelo con alcuni paesi europei, mettendo a confronto i numeri del sistema penitenziario italiano con quelli del sistema penitenziario francese, tedesco e del Regno Unito.

L’anomalia italiana si chiama legge sulle droghe, si chiamava e si chiama ancora legge sull’immigrazione e si chiama carcerazione preventiva. A tutto questo si aggiunge anche il gap che si sta tentando di colmare dell’edilizia penitenziaria. Perché il vero problema è la sottoutilizzazione del sistema penitenziario.

Quando si parla di istituti sovraffollati, lasciando perdere Lamezia che è un carcere piccolo, come Brescia, dove abbiamo un indice di sovraffollamento del 258%, come si può pensare di poter gestire quel carcere secondo dettato costituzionale? E' impossibile! Eppure, nonostante questo, non è giustificata nessuna rottura alla legalità. Non può mai essere giustificata”.

Il caso di Astri: rotto il muro dell'omertà.

“Ti faccio riflettere su una vicenda sulla quale tutti dobbiamo porre attenzione. Abbiamo chiesto la costituzione di parte civile di Antigone all’interno di un procedimento penale che si svolge ad Asti. Un procedimento che tutti devono seguire e che si riferisce a fatti risalenti al 2004/2005.

Oggi si è arrivati al cuore del processo, nel quale sono emerse delle brutalità terribili. Per la prima volta abbiamo assistito ad una indagine modello. Sono state usate intercettazioni telefoniche, controlli, interrogatori al personale, confronti dai quali è emerso l’uso di torture, violenza ripetuta, un’ora e mezzo di pestaggi quotidiani ai danni dei detenuti.

La fortuna di quel luogo è che lì si è rotto il muro dell’omertà. Alcuni poliziotti hanno parlato. Un poliziotto della squadretta dice “guardate quel rompi del Grande Puffo”, che sarebbe l’Ispettore che non li copre, ma che ha raccontato alla Procura e alla Polizia Giudiziaria ciò che stava accadendo. Questo processo ci hanno assicurato che a dicembre si chiuderà con una sentenza di primo grado. E speriamo che ciò avvenga, considerando che a maggio si rischia la prescrizione e potrebbe essere una cosa terribile”.

Omosessualità e religione.

Rimini: niente messa per i detenuti omosessuali, non possono nemmeno pregare insieme ai trans. E' la stessa direzione del carcere a spiegare che il “detenuto non può prendere parte alla messa perché le funzioni celebrate la domenica dal parroco sono articolate in tre momenti: uno per i detenuti con problemi di droga, uno per i detenuti con altri reati e il terzo per i transessuali.

Poiché per ragioni di sicurezza personale un detenuto che si dichiara omosessuale non può frequentare gli stessi spazi dei detenuti transessuali e neppure eterosessuali, ecco spiegata la ragione per cui non può partecipare alle funzioni. E chiedere un cappellano solo per lui sembra troppo in tempi in cui si continua a parlare di penuria di poliziotti e personale nelle carceri”.

Un detenuto ogni mille si toglie la vita

Dall’inizio dell’anno si registrano 154 morti in carcere di cui 54 per suicidio. In carcere si suicida un detenuto ogni mille. Fuori dal carcere una persona ogni 20 mila.

Buone notizie

Padova: superlavoro alla pasticceria del carcere, vanno a ruba i pluripremiati panettoni. Si tratta del panettone più buono d’Italia, annoverato nella top ten del Gambero Rosso e servito persino ai tavoli del Papa.

Milano: nasce laboratorio “networking” nel carcere di Bollate.

Roma: nasce una carpenteria dove c’è un capannone abbandonato.

Torino: un call center alle Vallette impiegherà 15 detenuti.

Carceri in numeri

Numero Istituti Penitenziari: 206

Detenuti presenti al 30 settembre 2011: 67.428

Capienza regolamentare al 30 settembre 2011: 45817

Detenuti in eccesso al 30 settembre 2011: 21.611

Donne presenti 30 settembre 2011: 2877

Stranieri presenti al 30 settembre 2011: 24.401

Detenuti in attesa di primo giudizio al 30 settembre 2011: 14.639

Totale detenuti imputati al 30 settembre 2011: 28.564

Detenuti con condanna definitiva al 30 settembre 2011: 37213

Internati al 30 settembre 2011: 1572

Al 30 giugno 2011 647 erano i detenuti in possesso di una laurea, 22117 quelli in possesso di una licenza di scuola media inferiore e 789 gli analfabeti. I Magistrati di sorveglianza sono 193 anziché 208 a sovraintendere all’esecuzione della pena di oltre 67.000 detenuti.

Le regioni più affollate

La Regione più affollata è la Puglia (11 Istituti) con un indice di affollamento del 183%. Segue l’Emilia Romagna (13 Istituti) con il 171%, la Lombardia (19 Istituti) con il 169%; la Calabria (12 Istituti) con il 165%, il Friuli Venezia Giulia (5 Istituti) con il 164%. Il Veneto (10 Istituti) ha un indice di affollamento del 162%, la Liguria (7 Istituti) del 161%, l’Umbria (4 Istituti) del 156%, le Marche (7 Istituti) del 155%, la Valle d’Aosta (1 Istituto) del 144%, il Piemonte (13 Istituti) del 143%, la Sicilia (27 Istituti) del 142%, la Toscana (18 Istituti) del 138%, la Campania (17 Istituti) del 137%, il Lazio (14 Istituti) del 136%, il Molise (3 Istituti) del 135%, l’Abruzzo (8 Istituti) del 127%, la Basilicata (3 Istituti) del 110%, la Sardegna (12 Istituti) del 102%, il Trentino Alto Adige (2 Istituti) del 65%.

Piano carceri

Il 29 giugno 2010 è stato approvato il piano carceri presentato dal Commissario straordinario all’edilizia penitenziaria nonché capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, che prevede la realizzazione di 9150 posti, per un importo totale di 661.000.000 euro. Il tutto da realizzarsi entro la fine del 2012.

Considerato che il sovraffollamento ammonta a circa 21.600 posti, è evidente che il problema rimane. Nella legge finanziaria 2010 sono stati previsti stanziamenti per la realizzazione del piano carceri per 500.000.000 euro, mentre la parte restante dovrebbe venire “scippata” alla cassa delle Ammende, un fondo del Ministero della Giustizia tradizionalmente destinato al reinserimento dei detenuti.

Ma perché non utilizzare quelle strutture fantasma, costruite e allestite, spesso anche custodite, ma mai aperte?

Strutture pronte e inutilizzate

Accadia (Foggia), penitenziario consegnato nel 1993, di proprietà del Comune e mai utilizzato.

Agrigento: 6 detenute per i 100 posti della sezione femminile

Altamura (Bari): si aspetta ancora l’inaugurazione di una delle tre sezioni dell’Istituto.

Arena (Vibo Valentia): soppresso

Arghillà (Reggio Calabria): inutilizzato, è mancante della sola strada d’accesso. Delle fogne e dell’allacciamento idrico, ma è per il resto ultimato e dotato di accorgimenti tecnici d’avanguardia.

Bovino (Foggia): presente una struttura di 120 posti, già pronta, chiusa da sempre.

Casamassima (Bari): carcere mandamentale condannato all’oblio da un decreto del Dipartimento.

Castelnuovo della Daunia (Foggia): arredato da 15 anni e mai aperto.

Codigoro (Ferrara): nel 2001, dopo lunghi lavori, sembrava pronto all’uso, è ad oggi ancora chiuso.

Cropalati (Cosenza): soppresso.

Cropani (Catanzaro): occupato solo da un custode comunale.

Frigento (Avellino): inaugurato e chiuso a causa di una semplice frana.

Gaatina (Lecce) totalmente inutilizzato.

Gela (Caltanissetta): esiste un penitenziario enorme, nuovissimo e mai aperto.

Gorizia: risulta inagibile un intero piano dell’istituto carcerario e non sono stati programmati i necessari lavori.

Gragnano (napoli): inaugurato e chiuso a causa di una semplice frana.

Irsina (matera): costato 3,5 miliardi di lire negli anni Ottanta. Ha funzionato per un anno ed oggi è deposito del Comune.

Licata (Agrigento): completato ma non essendo stato collaudato, ad oggi è inutilizzato.

Maglie (Lecce): solo parzialmente utilizzato per ospitare detenuti semi-liberi, con enormi sprechi di personale.

Mileto (Vibo Valentia): ristrutturato e chiuso.

Minervino Murge (Bari): struttura mai entrata in funzione.

Monopoli (bari): nell’ex carcere mai inaugurato, non ci sono detenuti ma sfrattati che l’hanno occupato abusivamente le celle abbandonate 30 anni fa.

Morcone (Benevento): costruito, abbandonato, ristrutturato, arredato e nuovamente abbandonato dopo un periodo di costante vigilanza armata ad opera di personale preposto.

Orsara (Foggia): presente una struttura mai aperta.

Pescia (pistoia), il Ministero ha soppresso la casa mandamentale.

Petilia Policatsro (Crotone): soppresso.

Pinerolo (Torino): chiuso da oltre 10 anni senza che sia stata individuata l’area ove costruirne uno nuovo.

Revere (mantova): dopo 20 anni dall’inizio dei lavori di costruzione, il carcere con una capienza pari a 90 detenuti (costo stimato 5 miliardi di lire) è ancora incompleto, i lavori sono fermi dal 2000 e i locali, costati più di 2,5 milioni di euro, sono già stati saccheggiati.

Pieti: struttura penitenziaria completamente nuova in grado di contenere 250 detenuti utilizzata solo per 1/3 della sua capacità ricettiva a causa della carenza di personale.

San Valentino (pescara): costruito da quasi 20 anni, non ha mai ospitato alcun detenuto, ora è in totale stato di abbandono.

Soriano Calabro (Vibo Valentia): soppresso.

Spinazzola (Barletta-Andra-Trani): soppresso.

Squillace (Catanzaro): ristrutturato e poi chiuso.

Udine: chiusura della sezione femminile.

Venezia: la capacità ricettiva è ridotta a 50 unità.

Viceneza: la capacità ricettiva è ridotta a 50 unità.

Villalba (Caltanissetta): 20 anni fa è stato inaugurato un istituto per 140 detenuti, costato all’epoca 8miliardi di lire e che, dal 1990 è stato chiuso e recentemente tramutato in centro polifunzionale.

Volturara Appula (Foggia): struttura da 45 posti ancora incompiuta e mai aperta.

La salute in carcere: cosa è cambiato dal 2008

Il 1° aprile del 2008 è entrato in vigore il DPCM che ha dato attuazione al trasferimento al Servizio Sanitario Nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria. La tutela della salute delle persone detenute è diventata una competenza propria del Servizio Sanitario, subentrato così all’amministrazione penitenziaria.

Detenuti perché figli di una detenuta

Qualcuno è appena venuto al mondo. Qualcuno deve ancora nascere. Altri hanno poco meno di tre anni. Ma la loro vita ha il colore grigio di un alto muro di cinta e il cielo non è mai così azzurro e aperto come per gli altri. Sono italiani, rom e bimbi di colore: condannati senza processo.

Detenuti perché figli di una detenuta. In Italia vivono in carcere 54 bambini, a causa di una legge di riforma dell’Ordinamento Penitenziario, pensata per salvaguardare il rapporto madre-figlio, che consente alle detenute di tenere con sé i figli fino all’età di tre anni.

In base ad un ddl, il n. 2568, approvato a marzo in Senato e che entrerà in vigore come legge nel 2014 l’età è stata estesa ai 6 anni. C’è chi gioisce per questo risultato. C’è chi ne denuncia i limiti e chi, come Leda Colombini dell’Associazione “A Roma Insieme”, continua a lottare e continuerà a farlo “perché nessun bambino dovrà più varcare la soglia di un carcere”.

“Dal 1991 ci occupiamo di promuovere campagne di informazione, corsi di formazione, iniziative di solidarietà sociale ed elaborare proposte e modelli organizzativi volti ad estendere la quantità e la qualità dei servizi socio-sanitari nell’area metropolitana di Roma. Dal 1994 l’attività dell’associazione si è concentrata sul lavoro con le donne e i bambini in carcere.

L’impegno dell’associazione è quello di stimolare il dibattito sui temi del carcere e l’adozione di una legislazione che preveda misure alternative volte a raggiungere l’obiettivo che nessun bambino varchi più la soglia di un carcere. Il nostro obiettivo prioritario è quello di ridurre i danni della carcerazione proponendo ai bambini quella varietà di stimoli, conoscenze e giochi indispensabili per accompagnarli nel momento più delicato e decisivo della crescita.

Il nostro parere rispetto alla nuova legge, che entrerà in vigore nel 2014, non può che essere negativo, avendo noi l’obiettivo - che speravamo di ottenere proprio con questa nuova legge - di non far entrare più i bambini in carcere. Dopo la legge Finocchiaro e la Saraceno, avevamo nutrito forti speranze, viste le dichiarazioni di intenti di tutte le parti. E invece...”.

Cosa c’è che non va nella nuova legge?

“L’affermazione di principio è giusta: non può essere né disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere per le detenute con i bambini fino ai 6 anni. Quindi le donne devo andare fuori e non i bambini dentro. Ma sulle misure eccezionali “casca l’asino” perché nella legge c’è scritto che vale l’affermazione di principio, salvo che non ci siano eccezionali casi gravissimi.

Ora qui si tratta di capire quali siano queste gravissime condizioni di "eccezionalità". Ed è il Giudice, a sua discrezione, a stabilire cosa significhi eccezionale. Il fatto che la nuova legge stabilisca che le madri debbano stare fuori dal carcere fino ai sei anni dei loro figli va benissimo, ma poi dovranno stare fuori per davvero e non in carcere, come si prospetta con questa legge”.

In particolare rimane nel nuovo testo il problema della recidiva “che impedisce di uscire per esempio a nomadi e tossicodipendenti”. Se anche la nuova legge ribadisce che le recidive debbano restare in carcere, lo stesso sarà per i loro bambini. E per i casi eccezionali, sarebbero sufficienti le ICAM (Istituto Custodia Attenuata per Madri): “Ce n’è una a Milano che accoglie una decina di persone ed un'altra sta per aprire a Roma.

In Italia non esistono più di una quindicina di recidive madri. Quindi le madri detenute potrebbero essere divise tra arresti domiciliari, case famiglia e ICAM”.

Da alcune settimane il nido del carcere di Rebibbia ospita 24 bambini, pur avendo una capienza di 19 unità: alcuni sono costretti a dormire in infermeria.

Detenute madri e asili nido al 30 giugno 2011 in Italia

(Fonte: Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Ufficio per lo Sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato – sezione statistica)

17 Asili Nido funzionanti, 1 Asilo Nido non funzionante, 53 detenute madri con figli in Istituto, 54 Bambini minori di 3 anni in Istituto, 18 Detenute in gravidanza.

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