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Usa 2012: Herman Cain, il candidato Repubblicano nero che nessuno conosce

E’ tempo di bilanci negli Stati Uniti. Nel novembre del 2012, quindi tra poco più di 12 mesi, ci saranno le elezioni presidenziali che porteranno alla riconferma di Barack Obama o ad una sua prematura uscita dalla vita politica americana. In questo momento il Presidente nero è in testa in tutti i sondaggi nazionali, al di sotto però dello stratosferico 83% raggiunto nel 2008 alla sua candidatura – e poi elezione – alla presidenza americana.

In questi ultimi 10 anni negli States è cresciuto un movimento in seno al Partito Repubblicano che ha fatto proselitismo con la demagogia e il populismo di bassa lega: il Tea Party. Alle ultime elezioni John McCain aveva scelto Sarah Palin, governatrice dell’Alaska, come suo vice. La Palin era allora il portavoce del Tea Party, oggi è sostanzialmente la bandiera del movimento o poco più. Di più: oggi il fenomeno si è leggermente sgonfiato, ma è ancora molto attivo tra i repubblicani più stanchi e lo è ancora di più tra gli ultra-conservatori americani. Insomma, il Tea Party non è più l’ago della bilancia di Usa 2008 ma il suo peso conta e si fa sentire.

In America per i candidati a tutte le cariche si fanno le primarie da entrambi gli schieramenti politici – che sono sostanzialmente due: Repubblicani e Democratici -, mentre i cosiddetti autonomi hanno molte chances di auto-candidarsi perché le regole americane sono molto più tenui delle nostre in caso di candidatura al di fuori dagli schieramenti. Un caso limite è stato nel 1992, quando l’indipendente e dell’ultra-destra Ross Perot arrivò ad un soffio dal traguardo finale raggiungendo lo storico traguardo del 19% dei consensi, ed in due Stati Democratici come il Maine e lo Utah arrivò addirittura secondo alle spalle di Bill Clinton e davanti a Bush Senior. A quelle elezioni, come sappiamo, vinse Bill Clinton battendo George Bush padre.

Le primarie per Usa 2012 si fanno naturalmente solo per i Repubblicani dato che i Democratici candidano il presidente uscente. In questo momento le primarie repubblicane, che molto probabilmente inizieranno il prossimo 3 gennaio in Iowa, vedono tre uomini tra i favoriti alla nomination finale: Mitt Romney ex governatore del Massachusetts roccaforte kennedyana, Rick Perry popolarissimo governatore del Texas, e Ron Paul che è un monumento del conservatorismo libertario statunitense. Ci sono poi gli outsider con possibilità di nomination molto molto basse, Michele Bachmann deputata del Minnesota e amatissima dal Tea Party, Jon Huntsman governatore dello Utah ed ex ambasciatore in Cina con Obama, Newt Gingrich speaker della Camera ai tempi di Bill Clinton, ed Herman Cain.

L’ultimo sondaggio sull’Iowa, effettuato da InsiderAdvantage/Newsmax circa dieci giorni fa, vedeva il candidato da tutti favorito alla vittoria finale Mitt Romney al secondo posto col 18 per cento dei consensi. Rick Perry, il suo principale rivale, addirittura sesto col 6 per cento. Michele Bachmann e Ron Paul, candidati molto conservatori e molto apprezzati dai Tea Party, rispettivamente terza e quarto. In testa c’era Herman Cain.

Chi storce il naso e pensa che sia un sondaggio non molto affidabile si dovrà ricredere. Ancora oggi i sondaggi di tutte le società di statistica danno Cain in testa praticamente ovunque. In North Carolina e in South Carolina Cain è davanti a tutti. In New Hampshire, Nevada e Florida è secondo dietro Romney. A livello nazionale, secondo l’Economist, Cain è in testa davanti a Romney e tutti gli altri. Tocca prenderlo sul serio, Herman Cain.

Chi è Herman Cain e come è arrivato in testa nei sondaggi?

Herman Cain ha 65 anni ed è nato a Memphis, in Tennessee. Di famiglia povera, è cresciuto ad Atlanta, in Georgia, dove si è diplomato in matematica e laureato nel ’63 in Informatica all’Università pubblica di Archer nei Collier Heights, un sobborgo della città della Coca Cola. Sposato da 43 anni, ha due figli e tre nipoti, ma soprattutto è nero. Ho usato apposta l’avverbio soprattutto perché è il secondo caso nel giro di quattro anni che i Repubblicani tentano la carta dell’afro-americano per ribaltare i consensi di Obama: il primo è stato Michael Steele presidente dell’RNC - Republican National Committee - per due anni dal 2009 al 2011 (hanno chiesto la sua testa già due mesi dopo l’insediamento).

Cain non ha mai fatto politica in vita sua, tranne dal ’92 al ’96 in cui fu prima consigliere di amministrazione e dopo presidente della Federal Reserve del Kansas. E’ famoso però a livello imprenditoriale nel settore fast food (per meglio dire junk food, le cosiddette buone schifezze) per aver portato ad alti livelli commerciali i 400 locali di Burger King nella zona di Philadelphia. Dal 1986 è amministratore delegato di Godfather’s Pizza, nota catena di pizzerie americane, che dopo averla risanata dal disastro finanziario, se la comprò due anni dopo.

Da 25 anni Cain si divide tra lotte sindacali, lotte nei CdA delle sue aziende e consociate, e lotte politiche sui temi cari ai conservatori americani. Ha fatto campagna elettorale per Bob Dole quando si era candidato contro Bill Clinton, e nel 2000 si è ritirato pochi mesi dopo aver annunciato la sua candidatura alle presidenziali. Nel 2004 si è candidato al Senato ma fu sconfitto alle primarie repubblicane in Georgia. Dal 2010 segue il Tea Party, e a quanto pare stavolta sembra andargli meglio delle altre volte. Fondamentalmente Cain non è nessuno, non ha mai fatto nulla politicamente parlando e non è nemmeno famoso per chicchessia. Ma è in testa a tutti i sondaggi. Come mai?

Perché sa fare bene due cose:

1) ha un’abilità oratoria non indifferente, in cui spesso e volentieri la butta sul populismo basso e caciaroso ma senza andare mai oltre le righe, ed è simpatico specialmente quando fa battute sceme sul suo lavoro;

2) è conservatore vecchio stampo – simile a Rick Perry o Michele Bachmann, per semplificare – appare come l’uomo del fare senza fronzoli ma anche senza esperienza. Probabilmente per questo motivo è ritenuto simpatico dai repubblicani che lo voteranno, ma è in alto nei sondaggi perché in realtà è davvero scarso il valore dei suoi avversari.

Da quando Herman Cain ha iniziato la sua campagna, gli apprezzamenti al suo livore politico sono costantemente aumentati. Basti pensare che all’inizio era un perfetto sconosciuto, nell’ultima settimana è riuscito a portare a casa qualcosa come 2.8 milioni di dollari di contributi alla sua campagna elettorale che non sono tantissimi a livello di numeri, ma lo sono pensando chi è e da dove arriva. Va da sé che probabilmente la bolla-Cain scoppierà alla vigilia delle consultazioni, per il momento però il pizzaiolo di Atlanta è preso molto sul serio dai suoi avversari politici.

I confronti in Tv, negli Stati Uniti, avvengono con uno strano criterio: da un lato del grande tavolo tutti i candidati, dall’altro il moderatore; l’ordine dei posti è espresso secondo i criteri di apprezzamento del pubblico e in base agli ultimi sondaggi. Nell’ultimo dibattito al centro di fronte all’anchorman ci stava Romney, vicinissimo c’era Herman Cain, più spostati – a destra e sinistra – tutti gli altri. Per capire un po’ meglio il personaggio, basta leggere – e vedere nel filmato – cosa ha risposto ad un giornalista che gli ha chiesto “Come si chiama il presidente dell’Uzbekistan”:

«Quando mi chiederanno chi è il presidente dell’Ubeki-beki-beki-beki-stan-stan, io dirò: “Sai che c’è, io non lo so, tu lo sai?”. E poi aggiungerò: “E dimmi, saperlo mi aiuterà a creare più posti di lavoro?”. Voglio concentrarmi sulle priorità di questo paese. Non su qualche piccolo e insignificante paese del mondo»

Stavolta però non è bastata la sua semplicistica risposta dall’essere bersagliato da domande di ogni tipo. Sull’economia, ad esempio, il progetto di rilancio di Cain si chiama “9-9-9 in cui nessun analista ed economista finora ha capito se è una presa in giro o è davvero un piano talmente inconsistente da renderlo di facile comprensione per l’elettorato medio americano (anche se Cain ha dovuto ammettere che le tasse con la sua proposta aumenteranno).

Sulla politica estera Cain è in palese difficoltà, dando risposte elusive sull’Afghanistan e sull’Iraq, ma facendo anche capire che non è interessato all’argomento. Peccato che ci siano migliaia di soldati americani in giro per il mondo a combattere delle guerre che probabilmente non vogliono nemmeno le loro famiglie. Però la politica è tenuta a rispondere su questi temi, e i politici, volenti o nolenti, lo sono ancora di più.

Un’altra volta, sul tema dell’immigrazione, ha detto che per per arginare il problema "si potrebbe costruire al confine una grande barriera elettrificata". Insomma, avrete capito il personaggio.

I numeri nei sondaggi forse torneranno giù nel giro di qualche settimana, anche se presumibilmente la spinta di questi giorni gli garantirà fondi e visibilità per arrivare in Iowa e giocarsi il tutto per tutto. Tutte e due alternative sono estremamente possibili.

Cain sarà pure una meteora, ma se riuscirà a rimanere alto nei sondaggi fino a gennaio dovremmo necessariamente parlare bene della candidatura di un ex proprietario di pizzerie.

Qui di seguito l’ultimo sciroccato spot di Herman Cain.

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