Una scomoda verità
Molti italiani che giudicano superficialmente, a mio modo di vedere, la storia personale, professionale e politica di Di Pietro, anche la sua figura umana, dimenticano di considerare che se c’è stata Tangentopoli è perché qualcuno l’ha scoperta e l’ha fatta saltare. Come afferma lui stesso, è probabile che se molti in Italia ne hanno orrore è perchè la metà delle persone che ha arrestato quando non era un uomo politico, stanno ancora finendo di scontare la loro pena. E, aggiungo io, perché l’altra metà sta già fuori o magari già dentro. Al Parlamento però. A chi lo accusa di essere di sinistra o di parzialità e di opportunismo e non di avere semplicemente a cuore Giustizia, Stato e Costituzione, andrebbe ricordato che Di Pietro difese questi valori anche nel governo Prodi, tirandosi addosso l’epiteto di guardia rossa da un lato e l’ira dei comunisti per non aver voluto votare l’indulto. Perché la Giustizia, quella con la G maiuscola, è uguale per tutti e non conosce colore politico. Non perché Di Pietro è di sinistra o di destra, comunista o guardia a seconda delle fonti. In pochi sanno che il suo movimento politico è l’unico partito a pretendere certificato penale e casellario giudiziario per procedere alla candidatura di qualcuno; non devono risultare condanne definitive, secondo i migliori principi di garantismo.
Molti scambiano, più o meno in buona fede, la sua conoscenza della legge e delle leggi, la sua cultura giuridica in senso sia stretto che lato, la sua capacità di giustificare le affermazioni che fa citando l’articolo della legge corrispondente, la sua naturale tendenza ad una società regolamentata da leggi uguali per tutti intesa come l’unica possibile e vivibile, per giustizialismo. Molti altri si scagliano contro di lui perché spesso la sua politica va oltre “certi giochino” che invece piacciono tanto ai politici italiani. Io non so fino a che punto la gente faccia sul serio ma la cosa mi sembra abbastanza grave soprattutto perché potrebbe essere la punta di un iceberg. Solo un sintomo di una società dove ormai è normale che le leggi siano considerate impicci, da evitare come dardi infuocati, anziché possibilità di sopravvivenza. Una società indifferente persino a sé stessa e alla propria sopravvivenza come tale, che attenta a sé stessa. Una società pervasa da tempo dal nichilismo di cui parla il filosofo Galimberti nel suo ultimo libro, definendolo “l’ospite inquietante”. “E non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo,si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive e orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passioni rendendole esangui.”
Ma, come risponderebbe Martin Heidegger, “Il nichilismo. Non serve a niente metterlo alla porta, perché ovunque, già da tempo e in modo invisibile, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è accorgersi di quest’ospite e guardarlo bene in faccia.”.
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