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Un esercito d’occupazione

Un esercito d'occupazione

Un grosso macigno sovrasta il futuro dell’Italia: la crescita inarrestabile della spesa pubblica.
Nonostante i ripetuti avvertimenti del Fondo monetario internazionale, dell’Ocse, degli organismi europei e del Governatore Draghi, il debito pubblico complessivo ed il deficit annuale di bilancio continuano la corsa, anche in presenza di un sicuro aumento delle entrate fiscali.
Perché non si riduce il numero di ministri, parlamentari, consiglieri regionali, comunali, provinciali, circoscrizionali? Perché non si sopprimono gli enti inutili, le consulenze? Perché non si attua la sbandierata mobilità, per una migliore distribuzione e razionalizzazione del personale e delle risorse sul territorio, per coprire gli organici delle amministrazioni in difficoltà?
Tutti, per far le riforme (comprese quelle che costano poco), sbraitano che servono risorse che non ci sono, causa i debiti infiniti dello Stato centrale e degli Enti locali, illudendosi ed illudendoci che si possa evitare il disastro solo con le parole.
I nostri rappresentanti sanno solo far passerella nei dibattiti televisivi, sciorinando ovvietà e banalità tante volte ascoltate, dimostrando di non avere né un’idea in testa né un indirizzo in tasca.
Conseguenza di questa mancanza di idee è il declino evidente della competitività della economia del Paese.
Tutte le nostre imprese pubbliche o private sono in mezzo al guado. Da un lato subiscono la concorrenza di quelle economie emergenti che fanno i nostri stessi prodotti a prezzi e costi molto più bassi dei nostri. Dall’altro subiscono la concorrenza delle imprese dei paesi più sviluppati, che fanno prodotti hi-tech e ad alto valore aggiunto e li fanno meglio di noi, perché hanno investito per tempo molte risorse nella ricerca e producono brevetti.
Molte di loro sono oberate di debiti e non trovano più ascolto o credito da parte di nessuno, neppure delle banche che soffrono gli stessi problemi dovuti alla crisi. Si salvano pochissime aziende che fanno prodotti di nicchia, che hanno acquisito un knowhow eccellente, che hanno fantasia e girano il mondo in cerca di mercati e nondimeno riescono a sopravvivere con grande sacrificio.
Intanto aumenta l’economia sommersa, prolifera quella della malavita organizzata, che inquina ed impoverisce il tessuto sociale, allontana gl’investimenti, produce sottosviluppo, estende l’evasione, il precariato, il riciclaggio.
Al di là della lotta alle cosche criminali e degli indubbi successi, ottenuti con il contrasto delle forze dell’ordine e l’arresto di latitanti eccellenti, il paese ha bisogno di una profonda bonifica del ceto politico e delle amministrazioni pubbliche, di un saldo esempio morale e di una volontà politica fortemente determinata a far le riforme necessarie.
Credere di poter superare la crisi, di poter rilanciare l’economia , di ridurre la disoccupazione, con annunci senza conseguenze, con sterili ed interminabili discussioni polemiche ed ideologiche, con l’estensione del clientelismo e del malaffare è da esercito d’occupazione non da responsabile classe politica.

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