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 Home page > Attualità > Politica > Un’altra Italia è possibile!

Un’altra Italia è possibile!

Certe volte sembra quasi impossibile, per i popoli, scrutare il proprio futuro! Certe volte l’orizzonte appare più buio di quanto sia tollerabile! Sembrano venir meno quell’emozione e quel supplemento d’anima necessari per sperare ancora e rifiutare la rassegnazione! Ebbene, per quanto riguarda questo nostro Paese, nonostante i 150 anni, sembra di vivere uno di quei momenti. In effetti, questa Italia, che amiamo, non ci piace! Ci sentiamo defraudati di sentimenti e di emozioni.

Ma perché? Perché prima di tutto siamo costretti a convivere con il “tradimento” di classi dirigenti non all’altezza dei tempi. Inquinate, altro che responsabili o consapevoli del loro ruolo! E non solo nella politica, ma nella pubblica amministrazione, nelle istituzioni culturali, religiose ed educative, nelle associazioni e negli organismi dell’economia, dell’informazione, della cultura, ecc. Chi pretende di avere un ruolo di direzione dovrebbe – tra l’altro - saper incarnare una funzione progettuale, di fiducia, di orientamento, di proposta di obiettivi, di battistrada anche. Altrimenti in cosa consisterebbe il loro ruolo di classi o ceti “dirigenti”? Che bisogno avremmo di loro? Se le classi dirigenti si riducono a “scorrazzare” e imperversare, per svendere, dopo essersene appropriati, “pezzi” di istituzioni, patrimonio culturale, regole, funzioni pubbliche e, insomma, “beni comuni”.

Se per loro non esistono “beni comuni” indisponibili, ma tutto è negoziabile e “trattabile”; se non esiste nessun “a priori” di etica pubblica che ispiri le loro scelte, ma solo gretti interessi privati e particolari. Se hanno perso il senso della loro funzione in una comunità civile, se la memoria storica e il significato stesso delle parole sono scivolati via dalla loro mente, al punto da considerare “naturale” identificare “ciò che conviene” con “ciò che è giusto”, allora chi ci vieta di buttarli via, tra la spazzatura e la zavorra della storia, come è accaduto tante volte e come sta avvenendo in terre non lontane da noi? Perché, inoltre, abbiamo sulle spalle vertici politici con i quali abbiano raggiunto, sembra, il punto più basso possibile di “virtù politica” e senso dello Stato, in 150 anni di esistenza del nostro paese.

Infatti, se, per esempio, volessimo confrontare questa gente che ha oggi in mano le sorti del nostro Paese, non con Cavour o Mazzini o Cattaneo o Garibaldi, o Giolitti,ma con quei personaggi della cosiddetta politica “balneare” degli anni settanta o ottanta, oggetto dele gustose vignette satiriche di Fortebraccio, come Tanassi, Longo, Preti, Leone, Bisaglia, Gava, ecc., dovremmo riconoscere che di fronte ai “figuranti” al governo oggi in Italia, quelli apparirebbero come “campioni” in fatto di coscienza civica e senso dello Stato! Dovremmo perciò riconoscere amaramente che abbiamo affidato la guida del paese a un ceto che, non solo, è furiosamente intento a perseguire lucidamente i propri interessi di clan, ma anche inetto e insipiente dal punto di vista politico. Perché solo una classe di governo insipiente impiegherebbe gran parte delle proprie energie per segare i rami dell’albero su cui è comodamente appollaiata, come fanno da anni i nostri attuali uomini di governo! Con continue aggressioni - suicide - alle istituzioni fondanti il vivere civile! E perché, infine, il degrado etico, politico e civile di questo Paese, non è attenuato ma anzi reso più drammatico, non solo davanti agli occhi di gran parte di credenti ma anche di laici e non credenti, dallo spettacolo di ambigue frequentazioni e trattative, da parte di personalità ecclesiastiche di rilievo, con vertici governativi screditati anche sul piano dell’etica personale oltre che su quello dell’etica pubblica. Rapporti che paiono, a molti, prescindere da valutazioni etiche o tantomeno evangeliche, e rispondere più a logiche “politiche” che a spinte ideali.

Se la logica che “appare” muovere le scelte pubbliche e gli interventi di autorità ecclesiastiche diventa quella “politica”, fondata su negoziazioni a partire da rapporti di forza, allora è naturale aspettarsi danni per la convivenza civile e anche per la stessa comunità dei credenti, perché diventa più difficile garantire credibilità a tante comunità cristiane di base, gruppi, singoli e anche ecclesiastici, che, invece, quotidianamente, sono impegnati a testimoniare con le loro iniziative la possibilità di una esistenza e di una umanità diversa! Forse è proprio partendo da questi timori che un vescovo di grande e genuina autorità morale come Mons. Nogaro, in un articolo su “Micromega", si chiede: “Come è possibile che uomini di Chiesa «importanti» facciano la barzelletta del peccato? Si può «contestualizzare la bestemmia», «la trasgressione pubblica della pratica sacramentale» perché al “capo” si devono concedere tutte le licenze? Noi rimaniamo nello sgomento più doloroso vedendo i gesti farisaici delle autorità civili e religiose, che riescono ad approdare a tutti i giochi del male, dichiarando di usare una pratica delle virtù più moderna e liberatoria. È del tutto sconveniente, poi, che per comperare i favori di un gruppo politico, di professione pagano, si dica che esso è portatore genuino di valori cristiani, come è avvenuto per la Lega”.

Secondo Mons. Nogaro “la Chiesa non dovrebbe tenere rapporti di amicizia con l’attuale governo!”. Ci deve essere qualcosa che non va, e che andrebbe corretto, nella selezione e nella prassi dei gruppi dirigenti ecclesiastici, se anche un vescovo – ed è noto che non è il solo - ritiene di dover dire cose che molti pensano! Vengono in mente, qui, la prassi e le parole di quel Gesù che usò l’espressione, per niente “politica” e diplomatica, “dite a quella volpe…”, per rispondere a chi gli riferiva che Erode aveva voglia di incontrarlo e parlare con lui! Del resto, se si analizzasse attentamente la storia si constaterebbe che il “capitolo” dei rapporti della Chiesa (e delle Chiese in genere) con i poteri politici è quello tra i meno felici! Il che dovrebbe pure insegnare qualcosa! E allora? Nei momenti drammatici della vita di una comunità non resta che cominciare con il guardare in due direzioni per recuperare energia, orgoglio e coraggio necessari per resistere e mantenere la rotta. Da un lato prendere atto dell’esistenza di quella moltitudine di “invisibili” – gente comune - che ogni giorno, o per motivi ideali, o per rispetto delle regole comuni, o per una urgenza interiore, anche inconsapevole, “tirano la carretta” del Paese, consentendogli di non sprofondare. Sono loro che fanno la storia di un popolo! Dall'altro lato tentare di riappropriarsi della memoria storica e del senso originario della tradizione condivisa. Quella memoria è presente, prima di tutto fisicamente, intorno a noi. Basta guardarsi intorno e alle spalle in ogni città o piccolo borgo di questo Paese per constatare e inorgoglirsi dello scenario grandioso e straordinario che altri prima di noi hanno saputo realizzare e trasmetterci, anche attraverso le pietre e la materia delle nostre città. Ma quella memoria e quella tradizione possono diventare ancora più attive, eloquenti e corroboranti se impariamo – daccapo - a gustare la storia e il suono della nostra lingua o a raccontarci la grandezza, l’immaginazione e la creatività di un Francesco d’Assisi, di un Tommaso d’Aquino, di un Dante o di un Leonardo; di un Michelangelo, un Giordano Bruno, di un Galilei o di un Rosmini. Fino a Verdi, Puccini e Papa Giovanni XXIII. O a tanti altri. E allora? Vi sembra il caso di interrompere questa storia e questo cammino, nonostante i saccheggi, le offese, le deturpazioni e le ferite che questo nostro Paese deve sopportare?

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.59) 30 marzo 2011 19:57

    Di qua e di là >

    Niente da perdere ha Gheddafi finchè detiene il potere delle armi.
    Sa molto bene che il cessate il fuoco significherebbe l’inizio della sua fine.
    Se Gheddafi non viene disarmato di certo c’è solo la “spaccatura” della Libia.
    Il Rais resterà l’unico vero “satrapo” di tutto il nord-africa?

    Niente da perdere ha Berlusconi finchè può contare sulla sua maggioranza di “nominati”.
    Che si chiami conflitto di attribuzione (Ruby-gate) o si tratti di prescrizione “breve” tutto va bene se serve a fermare il corso dei suoi processi.
    "L’uomo più imputato dell’universo e della storia" sarà anche l’unico riuscito a sottrarsi ai giudici?

    La storia insegna che la Febbre del Tribuno non rinuncia mai fino agli esiti più imprevedibili …

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