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Tutto come previsto: la Casta salva le province

Niente, non cambierà niente. Salta – a meno di clamorosi miracoli – l’accorpamento delle province. Non s’ha da fare, dicono al Senato. Ormai la legislatura è finita, e il termine ultimo per convertire in legge il decreto scade il 6 gennaio. E con il Natale di mezzo, le possibilità che ai poltronari di Palazzo Madama venga un sussulto di dignità sono davvero poche. “Il governo ha fatto il possibile”, ha detto il ministro per la Pubblica Amministrazione, Filippo Patroni Griffi. Il problema è che ieri sera i senatori della Commissione Affari Costituzionali hanno deciso di mandare all’aria il provvedimento. All’unanimità. Sì, perché quando c’è da difendere poltrone, prebende, stipendi, rimborsi e cariche, vanno tutti d’accordo.

Sarà contento De Mita che (sì, è ancora vivo e vegeto) si era impegnato tantissimo – dicono i bene informati – per far naufragare il decreto. Il motivo? L’accorpamento indesiderato della sua Avellino con Benevento. E poi c’è Matteoli che deve difendere Prato e Pistoia, i leghisti che non vogliono perdere il potere locale che hanno governando molti di questi enti intermedi che si occupano del riscaldamento nelle scuole.

È l’Italia, è un problema culturale. In questo paese non si può fare nulla, lo scriviamo da anni e siamo sempre qui a ricordarlo. Di immobilismo, però, si può anche morire. Speriamo in un sussulto di dignità, prima che sia troppo tardi.

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