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Turbocapitalismo: una breve valutazione economica e filosofica

Dare una valutazione sull’aspetto economico e su quello filosofico-politico del capitalismo attuale non può che risultare problematico, e aperto a rivisitazioni e a critiche, questo accade per il fatto che si tratta di un fenomeno tutt’ora in corso di cui è difficile delineare tutti gli aspetti principali. Iniziando con una valutazione economica, non possiamo non evidenziare che oggi viviamo una fase del capitalismo in cui la speculazione finanziaria ha raggiunto livelli quantitativi di gran lunga superiori alla produzione industriale. 

Parliamo di una vera e propria finanziarizzazione dell’economia, che presenta caratteristiche ulteriormente deleterie dal punto di vista sociale, politico e propriamente antropologico. Il sistema finanziario si è fondato sull’aumento esponenziale del debito pubblico e privato, e sull’emissione di titoli derivati non regolati, aventi una prevalente funzione speculativa.

Il sistema finanziario inoltre risulta essere estremamente complesso e questo comporta che esso sia difficilmente conoscibile e quindi controllabile dalle stesse autorità di controllo finanziario. Inoltre il sistema finanziario vede le proprie componenti strettamente connesse e di conseguenze le infezioni di crisi sono facilmente diffondibili. IL primo punto è ravvisabile con dati evidentissimi studiabili da ogni buon manuale di economia, quest’ultimi ci dicono che la grandezza settore finanziato ha superato di molto quella della cosiddetta economia reale. Per quanto riguarda le società finanziarie esse non sono identificabili con le semplici banche, ma sono agglomerati finanziarie costituite da differenti entità giuridiche. Queste bank holding companies (formate da banche, fondi comuni, fondi pensioni, compagnie assicurative, etc.), sono costituite da capitali in bilancio e fuori bilancio, che superano il bilancio pubblico di molti stati.

Queste abnormi compagnie finanziarie durante la crisi del 2007 e del 2008 sono stati salvati dagli stati, causando un grande danno per i bilancio pubblico, inoltre gli stati non possono porre continuamente mano alle proprie risorse per finanziare le crisi di tali istituti. Altro fattore negativo della finanziarizzazione dell’economia è il forte indebitamento pubblico e privato. Le famiglie sono state indotte ad indebitarsi per aumentare i consumi e avere una ripercussione economica; dall’altra parte si è autorizzato le banche a mettere in atto il processo di cartolarizzazione in modo da erogare altri prestiti senza dovere elevare il capitale di riserva. Infine la complessità del sistema finanziario è costituito innanzitutto dalla struttura giuridica, infatti tali istituti finanziari comprendono tra le centinaia e alcune migliaia di entità giuridiche differenti, distribuite in centinaia di paesi. Tali strutturazioni societarie comportano che è difficile conosce il patrimonio effettivo di tali società, ovvero quanti sono gli attivi.

Questo perché molte entità a partire dai SIV (veicoli d’investimento strutturato) sono state dalle stesse società create per portare fuori bilancio una gran parte dei propri capitali, inoltre è praticamente impossibile per gli analisti e gli stessi top manager distinguere tra le tante entità della bank holding companies a quanto ammonta la quantità di capitale da mettere in bilancio, Infine il sistema finanziario è molto vulnerabile a causa della stretta interconnessione esistente tra le differenti istituzioni, prodotti e tipi di attività finanziarie. Ad esempio tra i veicoli principali della crisi finanziaria del 2008 ci sono stati due forme di derivati i Cdo per memoria (obbligazioni aventi un debito per collaterale o garanzia) e i Cds (contratti che assicurano un creditore istituzionale dal rischio di insolvenza di un determinato debitore). In particolare furono i Cds furono +gli attori principali che favorirono la diffusione della crisi, perché essi spinsero numerose banche e fondi di copertura e speculativi a compiere spregiudicate operazioni in tutto il mondo, pensando che ogni rischio di insolvenza fossero garantito dai Cds.

Tutte queste distorsioni tecniche del sistema finanziario, sono state concezione politica neoliberista che ha posto che ha demandato il potere politico ad una classe finanziaria transazionale alleata con la classe capitalistica delle multinazionali e della grande industria, ed ha globalizzato il mercato e unitamente destituito progressivamente il welfare state e le prerogative statali. Il nuovo volto del capitalismo ha aumentato progressivamente le disuguaglianze sociali, e allo stesso tempo creato un’oligarchia più avida e cinica della precedente classe borghese, per non parlare poi dello stato culturale in cui sono state ridotte le masse, assolutizzate del non-senso di un consumismo fine a ste stesso. Infatti come fa presente Costanzo Preve in numerose suoi scritti, la dicotomia classista borghesia/proletariato è un retaggio del passato, perché essendo le due classi dialetticamente oppositive, venendo meno la posizione dominante del una e venuto meno anche il ruolo di lotta politica-sindacale del proletariato. A differenza delle classi dominanti odierni, la borghesia era in grado di sviluppare una sorta di incoscienza infelice nei confronti del sistema capitalistico vigente, infatti essa o almeno una piccola parte della componete borghese l’impossibilità di procedere ad una emancipazione universale umani a partire dalle proprie prerogative culturali, politici e economici.

Proprio così, la cattiva classe borghese possedeva una dimensione politica e culturale protesa verso il miglioramento delle condizioni dell’umanità intesa universalmente, che tali prospettive siano risultati insufficienti o addirittura ideologiche, e reso evidenti da la coscienza infelici di borghesi illustri come Karl Marx e Friedrich Engels (borghesi in tutto e per tutto, i centri sociali si mettano l’anima in pace). Come afferma Costanzo Preve la borghesia nel Settecento avvia una strada teorico-filosofica-politica di emancipazione umana, attraverso la critica illuministica della tarda società signorile-feudale. Nell’ottocento la borghesia assume invece una posizione filosofica-culturale di stampo positivistico, che esalta lo sviluppo della tecnica e della scienza come fonte di emancipazione umana, sviluppo tecnico-scientifico comunque indirizzato alla produzione di merci.

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