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Thyssen Krupp, Delbono e la reazione del pubblico

Era l'inverno di tre anni fa, gennaio 2008. Ero al Mercadante, teatro stabile di Napoli, per recensire “La menzogna”, spettacolo di Pippo Delbono sulle vittime della Tyssen-Krupp. Ho pensato di riproporre quell'articolo non per la sua efficacia ma come testimonianza di una reazione davvero unica del pubblico. Un orrore, vero obiettivo che il regista voleva suscitare tra le persone sedute, tranquille, in sala. Oggi che la sentenza su quell'ingiustizia sta per essere pronunciata, il lavoro dell'artista ligure è più che mai attuale.

Spettacolo shock "La menzogna" di Pippo Delbono, dedicato alle sette vittime del rogo avvenuto negli stabilimenti della Tyssen-Krupp di Torino. Durante la prima di mercoledì è successo di tutto. Parte del pubblico in rivolta, alcuni scappano inorriditi, altri minacciano querele. Ma i più applaudono, per minuti.

Il sipario si apre su un interno dell’officina maledetta, in una notte di turno. Abbaiano cani in lontananza, una voce metallica fa da sobria didascalia e per un po’ nessuno dei venti attori in scena apre bocca. Da uno schermo un intervento di Alex Zanotelli sugli squilibri economici del pianeta, poi lo spot dell’azienda tedesca all’insegna dell’ipocrita "Progettiamo il tuo futuro". Scorrono immagini di industrie, progresso e famigliole felici. E' Lei, la Menzogna che fa scatenare l’inferno: e quell'inferno è di colpo restituito sul palco. Che diventa un girone dantesco. Si spogliano donne-belva, preti sinistri urlano come maiali impazziti, operai con magrezza da lager stramazzano al suolo. Gianluca, un ragazzo down, va a spasso nudo per il palco. "Gianluca", lo riprende bonariamente Delbono alle prime ritorsioni del pubblico, "non puoi girare così in sala. Ci sono gli abbonati!". Il regista detta una pausa, ma chiede al pubblico di non alzarsi: "Noi ce ne andiamo definitivamente", grida un tale dalla prima fila. Per tutta risposta Delbono gli fa una foto. Qualcuno, tra il pubblico, si irrita, parla di violenza sugli handicappati. E' la svolta. Impossibile non capire il punto di vista dello spettatore offeso, impossibile non condividere l’intento dello spettacolo. Il vero problema, dunque, è la notizia. Cosa fa saltare dalla sedia? Un inventario di oscenità del genere o la morte di chi lavora? Verso la fine un’attrice recita i versi di "Giulietta e Romeo", passando dal tono impostato all’urlo invasato. Il teatro classico scoppia e la platea si infiamma. Pure Delbono finisce nudo. Solo Bobò, l'attore che viene dal manicomio di Aversa, ha la chiave giusta per prendere tutta la scena in mano ed avviarla alla fine. Pacificandola, mentre Delbono sussurra: "Invidio la sordità e l’analfabetismo di Bobò. Lui è pulito".

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