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Telecom: ancora bloccata la fusione con 3 Italia

Trattative ancora bloccate tra Telecom Italia e H3G, proprietaria di 3 Italia. La Hutchison Whampoa avrebbe secondo Telecom mostrato eccessive pretese attorno alla sua controllata, mettendo a rischio l'accordo, fondamentale perché l'impresa possa rifornirsi della necessaria liquidità.

Mentre uno scontro si apre sul controllo di altri asset fondamentali per il paese, editoria (RCS) e industria siderurgica (Finmeccanica) un ulteriore scacchiere si sta sviluppando nel settore altrettanto strategico delle telecomunicazioni. Le trattative iniziate tra Telecom Italia e il gigante cinese Hutchison Whampoa guidato da Li Ka-Shing si sono in questi giorni arrestate: a concludere la scia di indiscrezioni è stato lo stesso Tarak Ben Ammar – consigliere Telecom - dichiarando che la decisione era ormai presa, che l'accordo non ci sarebbe stato. Una dichiarazione seguita poi dalla breve nota dell'azienda: le condizioni iniziali non sarebbero sufficienti, invalidando qualsiasi possibilità di intesa. A mancare sarebbero state dunque garanzie preliminari, che casualmente è proprio ciò che ha dichiarato dall'altra parte la compagnia cinese.

La soluzione d'altronde non sembrerebbe fosse gradita né alla Telco, che controlla ad oggi il 22,4% di Telecom, né a Mediobanca (11,62% di Telco). Lo scenario potrebbe essere però più complesso. Da una parte la posizione rimarrebbe ancora aperta (anche a fronte dell'apprensione dei piccoli azionisti); dall'altra però l'opzione avversa potrebbe veder prevalere il più produttivo asse tra H3G e Wind, come possibile alternativa di integrazione commerciale. Fattore che Investire Oggi lega anche alla rottura del negoziato: i rapporti tra le due compagnie avrebbero di fatto irritato Telecom.

Il fattore che tuttavia rimane al centro di ogni ipotesi di fusione è soprattutto uno: se la H3G valuta 3 Italia addirittura due miliardi, ne gonfia il valore. Un comportamento inaccettabile per Telecom, a meno certo che non procuri all'azienda una grossa iniezione di liquidità, prendendosi il rischio di un esborso cash. Risorsa tanto più necessaria se si considera il desiderio espresso da Mediobanca e Generali di smobilitare dall'azionariato per rivolgere i propri investimenti altrove.

Un equilibrio delicato, che rischia di spezzarsi di fronte alla recente attività nel mercato delle telecomunicazioni: H3G potrebbe ora guardare a Wind, spiega una fonte di Reuters. In risposta a tale situazione, la strategia di Telecom sembra quindi restare saggiamente mobile, oscillando da ipotesi di joint venture ad altre di fusione o scorporo tra il settore infrastrutturale e quello dei servizi. Questo però potrebbe non essere sufficiente.

Il titolo alterna fasi di lieve calo a periodi di stabilità (come accaduto ieri). La compagnia, che è un asset fondamentale per il paese rischia quindi di essere stritolata tra dinamiche azionarie e necessità di ricapitalizzazione. Di più, un rischio maggiore lo paventa il contemporaneo interessamento della Deutsche Bank e forse di Murdoch per RCS: l'ipotesi che dall'altra parte del mondo sia la Cina a muoversi in un settore altrettanto delicato come quello in cui opera Telecom. Suggestione che andrebbe a delineare uno scenario che ai rischi d'impresa e a quelli finanziari ne aggiunge ulteriori più prettamente geopolitici. D'altronde sia MilanoFinanza che InvestireOggi riportano rumors riguardanti un possibile interessamento del fondo qatariota Quataris, il che da idea di cosa potrebbe muoversi. Ma qui già si entra in un campo talmente vasto da sfociare facilmente nella pura teoria.

Un sostegno sicuro a Telecom arriva per ora dalla BCE, che non solo mantiene con Draghi bassi i tassi d'interesse, ma ha visto l'impresa aggiudicarsi forniture per una cifra che dovrebbe aggirarsi attorno ai 14 milioni di euro. Si tratta però naturalmente di una situazione di pura congiuntura. Una garanzia facilmente aggirabile se altre banche centrali dotate di un certo rilievo volessero destabilizzare l'economia europea.

La facilità con la quale la massa di liquidità del sistema bancario cinese ed americano sono entrati in Italia ne sono certamente un'immagine esplicativa. È quindi insomma che se non ci si accorgesse della posta in gioco – ora che con il caso Snowden la potenza politica delle telecomunicazioni è svelata – allora sì che si darebbe ragione a Il Sussidiario.net: saremmo tutti asini.

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