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Tar: insegnanti di religione fuori dai consigli di classe

I vescovi e i politici fondamentalisti criticano la sentenza del Tar che dichiara incostituzonale determinare i crediti scolatici in relazione allo studio della religione cattolica nelle scuole.

Nelle scuole italiane esiste un delitto di leso Vaticano. Peggiore della corruzione e più pericoloso dello stupro. A febbraio un professore di Terni è stato sospeso per un mese, colpevole di aver staccato il crocifisso dal muro dell’aula durante le lezioni. È andata peggio a un suo collega di Cesena che aveva osato distribuire ai suoi alunni un sondaggio in cui chiedeva se preferivano all’insegnamento della religione cattolica quello della storia delle religioni o dei diritti umani. I risultati sono stati sorprendenti: solo l’11 per cento degli studenti aveva scelto lo studio della religione. Al professore sono stati comminati due mesi di sospensione per avere << offeso, con quel questionario, il collega di religione>>. Nulla in confronto agli insegnanti e ai bidelli condannati per violenza sessuale nei confronti degli alunni (che, generalmente, non vengono sospesi più di dieci giorni) o a una preside condannata per falso, abuso d’ufficio, peculato e truffa (che se l’è cavata con appena 31 giorni di sospensione).

Eppure non basta al vescovo Michele Pennisi che, dalle pagine dell’Osservatore Romano, denuncia che la scuola <<discrimina di fatto sei milioni di studenti che hanno scelto l’insegnamento della religione come materia scolastica e tutti quei docenti che, dopo aver superato un concorso, si trovano ora a essere considerati professori di serie b>> e che vengono risarciti di questo affronto morale con un esclusivo aumento biennale del 2,5% dello stipendio.


Ragione di tanta indignazione
, una recente sentenza del Tar che, in accoglimento di un ricorso presentato da alcune associazioni studentesche e confessioni religiose, ha sancito che gli insegnanti di religione non possono partecipare con il loro voto nei consigli di classe. <<L’attribuzione di un credito formativo ad una scelta di carattere religioso degli studenti e dei loro genitori, quale quella di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche – scrivono i giudici – dà luogo ad una precisa forma di discriminazione, dato che lo Stato italiano non assicura la possibilità per tutti i cittadini di conseguire un credito formativo nelle proprie confessioni o per chi dichiara di non professare alcuna religione>> e lo Stato <<non può conferire ad una determinata confessione una posizione dominante>>. Se, com’è scritto nella Costituzione, <<tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di religione>> e <<tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge>>, allora <<sul piano giuridico, un insegnamento di carattere etico e religioso, strettamente attinente alla fede individuale, non può assolutamente – si legge nella sentenza – essere oggetto di una valutazione sul piano del profitto scolastico>>.

Ai vescovi della Cei il principio costituzionale per cui gli studenti che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica non devono ricevere un trattamento diverso da tutti gli altri risulta un’eresia inconcepibile. Secondo Monsignor Coletti << non si tratta di un insegnamento che va a sostenere scelte religiose individuali (!), ma di una componente importante di conoscenza della cultura di questo Paese, con buona pace degli irriducibili laicisti e purtroppo dobbiamo dire con buona pace anche dei nostri fratelli nella fede di altre confessioni cristiane>>. I commenti dei politici non si fanno attendere. Gasparri ha denunciato una <<deriva anticattolica che non ha precedenti nella storia e nella tradizione del nostro Paese>>. L’ex Ministro dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni, ha suggerito al Ministro Gelmini di impugnare la sentenza davanti al Consiglio di Stato. Lei non se l’è fatto ripetere e ha annunciato: <<Farò ricorso contro la sentenza>> perché <<è ingiusto discriminare la religione cattolica>>. Il deputato UdC, Luca Volonté, ne approfitta per chiarire, con il senso civico di una mantide in calore, che <<la magistratura è fuorilegge>>.

Secondo la Binetti non ammettere i docenti di religione agli scrutini è <<un criterio discriminatorio nei confronti dei docenti, che crea dei docenti di serie A e di serie B>>. Si tranquillizzi pure, la Binetti. Sappia che i vescovi hanno nominato, e continueranno a nominare, decine di migliaia di insegnanti  di ruolo – non solo di religione – indipendentemente dal numero di studenti che decidono di avvalersi dell’insegnamento del credo cattolico. Senza selezione o graduatoria. Raccomandati dallo Spirito Santo.

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