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Sull’arresto spettacolare di Scarantino

Il 30 gennaio a Servizio Pubblico hanno intervistato Scarantino con una maschera per evitare ogni tipo di riconoscimento. Un uomo da proteggere per essere stato coinvolto nel primo Processo Borsellino: si autoaccusò di essere stato lui a rubare e portare sul posto la 126 poi esplosa in via d’Amelio, e addirittura a riunirsi per decidere l’esecuzione della strage di via d’Amelio. Il primo processo Borsellino è stato il più grande errore (se “errore” si tratta) della storia giudiziaria dedicata all’antimafia: sette persone sotto processo, imputazione scaturita dalle dichiarazioni del pentito Vincenzo Scarantino che, portato all’isola di Pianosa, un vero e proprio lager dove i detenuti venivano torturati, non resistendo alle torture dichiarò tutto quello che volevano gli inquirenti. Fu condannato fino alla Cassazione pur non avendo mai avuto rapporti organici con Cosa Nostra (che, conoscendolo, non lo avrebbe di certo “reclutato” per una faccenda del genere) e ha subito pure una integrazione di condanna a 10 mesi e 20 giorni per associazione mafiosa.

I pentiti, il più delle volte, sono monopolio delle procure, che li usano come meglio credono, anche in modo non ortodosso. Poi ci volle la dichiarazione di Spatuzza che si è autoaccusato della strage e ha dato tutte le prove della sua colpevolezza: gli imputati sono stati scarcerati dopo 17 anni di 41 Bis.

Scarantino fu liberato dal carcere nel 2011, e fuggì con il terrore di essere braccato dalla mafia e dallo Stato che lo costrinse ad autoaccusarsi. Già ripudiato da anni dalla sua famiglia, Scarantino sapeva bene di non poter tornare in Sicilia e di non sentirsi sicuro in nessun posto e, da ex collaboratore condannato per calunnia, non ha certo diritto alla protezione. Sotto falso nome ha collaborato presso strutture comunitarie. Attualmente Scarantino è sotto processo per calunnia: Scarantino deve dimostrare ai giudici della Corte d’Assisi di essere stato costretto a mentire. L'altra sera però, dopo l’intervista a Servizio Pubblico, facendo trapelare che forse potrebbe sapere altri segreti inconfessabili, è stato prelevato dalla polizia e arrestato.



La motivazione è l’aver costretto ad un rapporto orale una donna affetta da problemi psichici, disturbi della personalità, borderline, art. 609 bis c.p., una donna alloggiata presso una comunità dove Scarantino svolgeva varie mansioni di aiuto sotto falso nome. L’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. di Torino il 22 gennaio, gli è stata notificata presso la Questura di via Genova, insieme ai verbali di perquisizione e sequestro dei telefoni che aveva con sé. L’interrogatorio si svolgerà oggi, 3 febbraio, a Torino, dove è probabile sia già stato trasferito. Il 4 febbraio, invece, dovrà essere a Caltanissetta, per la prosecuzione del Borsellino quater, che lo vede imputato per calunnia, stavolta ai danni di coloro che accusò, da innocenti, quali esecutori della strage di via d’Amelio.

È il secondo processo per calunnia a carico di Scarantino. Il primo aveva imputazioni speculari e opposte alle attuali: aveva ritrattato e negato ogni responsabilità dei soggetti dapprima accusati. Si saprà il 3 febbraio se Scarantino intende rispondere. Intanto sorprende la tempistica e la dinamica dell’arresto che l’autorità giudiziaria torinese ha eseguito dopo l’intervista a Servizio Pubblico, in un luogo diverso da quello dei fatti in contestazione nonché dall’ultima residenza dello Scarantino, con assoluto clamore.



Mio articolo pubblicato su "Gli Altri"

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